L’Ape musicale

rivista di musica, arti, cultura

 

Il Birraio ritrovato

di Roberta Pedrotti

Grazie al Belcanto Ritrovato, festival a cui si augura lunga vita e crescente fortuna come complementare pesarese all'attività del Rof, torna sulle scene l'opera di Luigi Ricci che ha ispirato il romanzo di Andrea Camilleri.

PESARO, 25 agosto 2023 - «Amici, alla fabbrica | allegri corriamo!» canta subito il coro sulla scena; «ma pirchì sunnu accussì allegri?» «Perché vanno a travagliare» «Ma non dire minchiate!» commentano gli spettatori nella Vigata ottocentesca dei romanzi di Camilleri. Si tratta del Birraio di Preston, opera di Luigi Ricci del 1847 che cadde nel dimenticatoio dopo aver goduto di un certo successo. La rappresentazione di Caltanissetta del 1875 fu seguita da un incendio e parte dei malumori nei confronti del prefetto, fatti che ispirarono all'inventore del Commissario Montalbano un romanzo storico che ha dato nuova fama all'opera di Ricci, benché molti l'avessero creduta un'invenzione letteraria. Il birraio di Preston esiste eccome, eppure, incredibilmente, non c'era traccia di esecuzioni moderne, nemmeno parziali, nemmeno sulla scia della fama di Camilleri o della piccante vita del compositore, morto in manicomio dopo aver intrattenuto un duraturo ménage à trois con moglie e cognata, le gemelle Stolz, cantanti e sorelle di quella Teresa che si dice aver fatto girar la testa a Verdi. Pigrizia delle direzioni artistiche perfino in presenza di un boccone tanto ghiotto sul piano mediatico e pubblicitario? Ci voleva un festival per toglierci la curiosità, confermarci che, sì, Il birraio esiste davvero e non solo nei cataloghi degli archivi, nelle cronologie ottocentesche o nei gialli storici del tardo Novecento. E quando un festival ha fatto il suo dovere di riscoprire, si spera sempre che nelle direzioni di Fondazioni e Teatri di tradizione qualcuno ponga occhio e orecchio per cogliere le giuste occasioni di variare un po' il repertorio: non si vive solo di Traviate e Bohème, Elisir e Barbieri.

Al teatro Sperimentale di Pesaro Il Belcanto Ritrovato ci permette di incontrare, finalmente, Il birraio di Preston nella revisione e trascrizione dei manoscritti a cura di Damiano Cerutti e l'incontro si rivela quantomai interessante. Non stiamo parlando, chiariamolo subito, di chissà quale capolavoro riscoperto, benché si tratti di un'opera capace di intrattenere come promette per le sue due agili ore di durata. Val la pena, però, di conoscerla anche per avere un quadro più completo dell'ottocento musicale italiano al di là dei vertici di Rossini, Donizetti, Bellini e Verdi. Il birraio ci offre uno spaccato del percorso storico dell'opera buffa anche dopo Don Pasquale, ricordandoci che c'è vita per la commedia in musica anche prima e intorno a Falstaff e Gianni Schicchi. Autori come Ricci e Pedrotti continuano a frequentare il genere e rappresentano il contesto in cui si muovono ed emergono nomi e titoli rimasti a dominare il repertorio, ne condividono codici e linguaggi, come appare evidente se si pensa a quanto nel Birraio ci possa ricordare I lombardi alla prima crociata (l'aria del tenore nel secondo atto è davvero vicina a «La mia letizia infondere») o addirittura certe atmosfere della Forza del destino nei quadri militari, mentre naturalmente sussistono echi rossiniani e donizettiani. Conoscere il mondo intorno ai grandi aiuta a comprendere perché furono tali, ci offre strumenti per decifrarne meglio l'opera e, cosa non meno utile, amplia e varia le nostre esperienze.

Anche il libretto, se da un lato presenta alcune goffaggini, dall'altro non manca di divertire anche con arguzie e sottintesi. Abbiamo il baldo baritono birraio che festeggia le imminenti nozze immaginando la futura prole con toni da Don Pasquale, mentre la sposina cinguetta «Ho dovuto contentarmi | della mano di Daniele»; il nostro protagonista ha anche un gemello identico che svolge «quel brutto mestiero | di stare tra le palle e la mitraglia» e difatti sopraggiunge, preoccupato, il commilitone Tobia ad annunciare che il giovane, di nome Giorgio, è scomparso e se non si ripresenterà al fronte verrà condannato a morte per diserzione. Daniele è costretto, con la moglie Effy, a recarsi al campo militare, viene scambiato per il gemello e sta al gioco per salvarlo ma solo la fortuna compensa la sua goffaggine, mentre Effy si dimostra bravissima nell'imparare pratiche belliche e usanze soldatesche. A complicare le cose ci sono anche Anna, una giovane perdutamente innamorata di Giorgio (e che quindi duetta gelosa con Effy come Susanna e Marcellina, Matilde di Shabran e la Contessa d'Arco o, nell'Aio nell'imbarazzo di Donizetti, Gilda e Leonarda) e il di lei fratello bellicoso che impone nozze riparatrici. E sì che l'interesse di Giorgio per Anna è tutto da dimostrare, mentre ci dà qualche sospetto la sortita dell'amico Tobia che così si esprime con accorato canto baritonale «Torna, o Giorgio, e a questo core | deh risparmia immenso affanno: | ti rammenta quell'amore, | che il mio labbro a te giurò. | Ah! se mai destin tiranno | t'ha rapito ad ogni speme, | il penar dell'ore estreme | teco ognor dividerò!». In birreria, poi, si sta poco, giusto nel primo atto, ma di «biade e luppoli» si parla spesso, si beve volentieri e si cita anche il «whiský» in un panorama alcolico che doveva apparire piuttosto esotico ai tempi.

Le occasioni per divertirsi, per il melomane incallito a caccia di curiosità, sono molte e difatti in sala critici, musicologi, appassionati irriducibili sono parecchi e si sprecano commenti e battute fra il serio e il faceto. Il bello è, però, che sono molti anche gli spettatori con tutta l'aria dei neofiti, magari attirati proprio da Camilleri, magari curiosi locali messi un po' in soggezione dal Rof e stasera più rilassati. Comunque sia, lo spettacolo è ben realizzato e merita il vivo successo che gli viene tributato. Daniele Agiman, direttore musicale della Sinfonica Rossini e artistico del festival, dirige con mano sicura, buon equilibrio, tempi fluidi e teatrali. La regia di Daniele Piscopo è chiara e didascalica, cosa che non guasta per una riscoperta come questa; la collaborazione con gli studenti del Liceo artistico Mengaroni per le scenografie digitali è un valore aggiunto che va al di là degli effetti proiettati.

Nel cast si apprezza in primo luogo Gianni Giuga, convincente e spigliato nei panni del birraio Daniele, con voce ben timbrata, dizione chiara, disinvoltura d'attore. Francesco Samuele Venuti non è da meno nei panni di Tobia, baritono lirico o brillante alla bisogna, e il basso Alessandro Abis conferisce la debita autorevolezza al generale Lord Murgrave. Antonio Garés si inerpica con ardimento e partecipazione nella parte tenorile breve ma ostica di Sir Oliviero Jenkins, il fiero fratello di Anna, una Aloisa Aisemberg che sfodera con abilità tutto il suo collaudato armamentario di caratterista capace di evitare la macchietta. La primadonna Effy è Inés Lorens, voce assai leggera, sempre spiritosa e puntuale in un impegno fra i maggiori dell'opera.

Nicola Di Filippo e Simone Nicoletto completano il cast nei panni del soldato Lovel e dell'operaio del birrificio Bob. Assai partecipe anche scenicamente il coro del Teatro della Fortuna di Fano è preparato da Mirca Rosciani. Qui, però, ci permettiamo una piccola divagazione: se già nel Seicento musiciste e compositrici potevano fregiarsi del titolo di Magistra Musicae, perché vedere ancora le quattro donne in locandina (Claudia Foresi, pianista ai recitativi, Mirca Rosciani direttrice del coro, So Hyun Lee e Beatrice Mauro collaboratrici) indicate al maschile? Ci piacerebbe che la presenza femminile fosse considerata normale e come tale concordata anche nero su bianco nelle locandine secondo grammatica. Al di là di questa notazione, che non si indirizza a questa manifestazione specifica, ma si rivolge a più ampio raggio a tante, ancora troppe, realtà musicali, la festa è piena e completa. Da lodare, per esempio, sia i sovratitoli curati da Reto Müller, sia la possibilità di scaricare il libretto dal sito del festival, insieme con le note di sala di Claudio Toscani. Non poteva mancare il brindisi finale a base di «biade e luppolo»: davvero un'idea eccellente quella di offrire al pubblico un bicchiere della birra artigianale 61cento, ottima.

foto Dino Russo


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