Butterfly en blanc
di Luca Fialdini
La nuova produzione di Madama Butterfly del Festival Puccini riscuote un caloroso successo, debitore in particolare verso l’ottimo cast e l’affascinante allestimento firmato da Pier Luigi Pizzi
TORRE DEL LAGO (LU) 18 agosto 2023 – Nel 2020 il Festival Puccini aveva riscosso un inatteso, pieno successo con un eccellente allestimento di Madama Butterfly realizzato da Manu Lalli e quest’anno l’arena sul lago di Massaciuccioli realizza un nuovo e insperato centro con l’ideazione scenica di Pier Luigi Pizzi (autore di regia, costumi e scene) per il medesimo titolo.
L’impianto scenografico propone un approccio non allontanandosi da quella che può essere un’impostazione tradizionale e proponendo una visione dove non si rinuncia all’elemento esotico ma questo viene elaborato e interiorizzato, un procedimento che conduce a una scena tanto evocativa quando essenziale immersa nel caratteristico bianco Pizzi. Il regista tratteggia un’azione scenica quasi stilizzata dove, sullo sfondo neutro della tipica casa nipponica dai tetti spioventi (tetto, pareti, pavimento e pertinenze saturi di un bianco crudo, a eccezion fatta per qualche episodico gioco di luci), gli interpreti ricorrono a pochi gesti e significativi, caratterizzando in modo molto efficace i personaggi pur impiegando a pochi tratti. La decisione di disporre di un numero finito di elementi e molto ben connotati – cosa vuol dire essere consapevoli delle proprie possibilità – ha conferito al tutto una notevole solidità e coerenza: allestimento sì visivamente raffinato ma in perfetta sintonia con la drammaturgia e gestito con la giusta intelligenza da rendere la macchina teatrale abbastanza compatta da reggere qualsiasi cosa, da alcune naïveté del libretto fino a qualche rara invenzione registica non strettamente necessaria (ce n’è almeno una, il balletto dopo il “Coro a bocca chiusa”).
Da sottolineare anche l’attenzione ai dettagli, che in un contesto di questo tipo rivestono un ruolo tutt’altro che marginale; per fare un solo esempio, molto apprezzabile il fatto che Cio Cio San nel secondo atto si presenti con una sopravveste di taglio occidentale. Nel suo essere estremamente oculato, Pizzi è stato in grado di selezionare tutti quegli elementi che chiariscono la drammaturgia e che forniscono il giusto supporto per il pubblico anche a livello di semplice suggerimento. Le luci di Massimo Gasparon Pizzi si armonizzano molto bene con questa Butterfly onirica, mantenuta egregiamente in equilibrio sull’orlo della realtà.
Molto buona la direzione di Francesco Cilluffo, che garantisce sia una corretta comunicazione tra palco e buca sia un valido sostegno ai solisti. Cilluffo rende in modo splendido le molte preziosità coloristiche della partitura, peraltro marcando bene gli elementi musicali occidentali e il materiale desunto da canti tradizionali giapponesi (Echigo-Jishi, Miyasan, Kappore honen e l’inno nazionale Kimi ga yo, ad esempio); l’unico invito che gli si può rivolgere è di lasciarsi trascinare di più dai momenti di concitazione, in realtà quasi esclusivi del primo atto.
L’Orchestra del Festival Puccini non è al massimo della forma: in alcuni momenti si vorrebbe un po’ più di convinzione, come nella fuga iniziale, e sporadicamente l’intonazione – specie degli archi – è perfettibile. Ciò detto è evidente che ci sia una comunione d’intenti con il direttore e l’unione ha dato ottimi risultati e la performance è andata migliorando in crescendo a partire dalla seconda metà del primo atto. Lodevole il Coro del Festival Puccini preparato da Roberto Ardigò, in particolare le sezioni femminili, che si rende protagonista di momenti meravigliosi.
Di ottimo livello il cast che cast dimostra nel complesso un bell’affiatamento e procede compatto tra le pagine di un titolo tutt’altro che facile. Ben centrati e convincenti i personaggi di contorno, che contribuiscono in maniera sostanziale al sostegno dell’illusione pucciniana, interpretati da Romina Cicoli (La cugina), Marco Montagna (Lo zio Yakusidé), Yo Othara (La zia), Taisiia Gureva (La madre), Alessandro Ceccarini (L’ufficiale del registro) e Francesco Auriemma (Il commissario imperiale); brava Loriana Castellano nel ridotto ma significativo ruolo di Kate Pinkerton.
Poco efficace Seung Pil Choi nelle vesti dello Zio Bonzo, in ogni caso non aiutato da un ingresso piuttosto anonimo per un personaggio di questo tipo. Italo Proferisce è un ottimo Yamadori, ieratico e dalla caratterizzazione riuscita abbastanza da catturare l’attenzione all’ingresso in scena; notevole il Goro di Enrico Casari, scrupoloso negli interventi vocali e accuratamente misurato nella recitazione.
In questa produzione Bruno Taddia impersona uno Sharpless di lusso, portando in scena un personaggio davvero ben interiorizzato: è un console giovane che non finge di essere più anziano della sua età, consapevole della sua posizione, colto, e Taddia è in grado di trasmettere tutto questo senza appesantire in alcun modo la parte. Un’interpretazione di livello che si accompagna a una tecnica vocale solida dal buon controllo.
Pregevolissimo il Pinkerton di Luciano Ganci, dotato di un timbro limpido e squillante, molto pulito anche nel registro acuto. Da segnalare un approccio intelligente al ruolo, asciugato di ogni eccesso (i tratti quasi caricaturali della prima versione sono molto lontani), mentre l’accento viene posto sui moti affettuosi e di conseguenza sui tratti ipocriti del personaggio, presentati così in modo sottile e persino quella pezza dell’Addio fiorito asil acquistauna sua piacevolezza.
Alessandra Volpe, al suo debutto nel ruolo, regala al pubblico di Torre del Lago una Suzuki intensa ma senza facili patetismi, serva ma anche amica di Butterfly e in questa lettura di Pier Luigi Pizzi le viene riservato anche un momento insolitamente “attivo”, aiutando la padrona a morire.
Il plauso va Carolina Lopez Moreno, anche lei al suo debutto e nel ruolo del titolo. La sua è una Cio Cio San di carattere, che cade nella menzogna di Pinkerton non per ingenuità ma per amore e il suo personaggio si regge su questa fondamentale distinzione. Nel suo caso ripete l’impostazione generale quindi nessun eccesso, gesti scenici significativi e misurati al servizio di un’interpretazione vibrante, ma Lopez Moreno porta tutto questo a soglie davvero elevate e lo unisce a una vocalità eccezionale. Più che il timbro – oggettivamente bello – colpisce l’intonazione impeccabile e il controllo superbo, in particolare l’uso del pianissimo sempre ben appoggiato e distinguibile. Non si può fare altro che augurarsi di vederla in scena più spesso.