L’Ape musicale

rivista di musica, arti, cultura

 

L'umanità della stella

di Roberta Pedrotti

Per le ultime recite Asmik Grigorian subentra nella Madama Butterfly all'Arena e fa il suo debutto veronese, accolto da calorosissimi applausi.

Leggi anche la recensione della prima con altro cast: Verona, Madama Butterfly, 12/08/2023

VERONA, 2 settembre 2023 - Attesissima, la Madama Butterfly del 2 settembre corona l’indirizzo divistico dell’estate areniana con il debutto veronese di Asmik Grigorian. La stella – amata ma non indiscussa – del Festival di Salisburgo, che non manca di cucirle addosso intere produzioni, splende per un paio di sere anche sotto il cielo veneto, in una delle parti più idiomatiche del repertorio italiano.

Per Cio Cio San, che dal suo ingresso in scena è impegnata pressoché ininterrottamente fino alle ultime battute, di voce e tecnica ne servono d’acciaio, e non bastano. Grigorian ha una vocalità piena, sana, salda, dal timbro squisitamente femminile, giovane ma non acerbo. In più, ed è quel che più conta, ha una propensione per il canto di conversazione che appare innata ed è, pure, di certo ben coltivata. Esperta del repertorio slavo e tedesco fra tardo Ottocento e primo Novecento, nel linguaggio pucciniano inteso nella sua dimensione europea può trovarsi perfettamente a proprio agio. Difatti non sembra intenzionata a perdere un dettaglio nel definire la ferma, incrollabile, ingenua fiducia in un ideale irreale. Ha una trepida, fresca naturalezza che non scade mai nell’ infantilismo, nel bamboleggiamento, bensì fa intendere la statura della donna di quindici anni. È profondamente vera, non verista. Dispiace solo notare che la sua prova avrebbe potuto essere ben altrimenti valorizzata se invece di una recita mordi e fuggi avesse potuto provare, rifinire, approfondire, consolidare, scambiare stimoli con colleghi, direttore e regista. Invece abbiamo visto semplicemente Daniel Oren accompagnare da par suo, con abbandono, slancio e ruggiti. Abbiamo rivisto l’apparato di scene e costumi zeffirelliani (senz’ altro piacevoli all’occhio, sebbene l’horror vacui areniano non si addica particolarmente alla tragedia giapponese) in cui ormai di regia propriamente detta, di indicazioni di recitazione e definizione dei personaggi è rimasto ben poco, giusto un dirigere il traffico lasciando spazio alle libere iniziative di ciascuno. Benché Piero Pretti sia un ottimo Pinkerton, uno dei migliori tenori ascoltati in Arena quest’estate, va da sé che ben poca chimica e tensione erotica riesca a sprigionarsi nel tremendo duetto di seduzione. Meritano, ad ogni modo, solo parole di elogio, con Pretti, lo Sharpless di Gevorg Hakobyan, la Suzuki di Sofia Koberidze, la Kate di Marta Pluda, il Goro di Matteo Mezzaro, il Bonzo di Gabriele Sagona, lo Yamadori di Italo Proferisce, il commissario imperiale di Gianfranco Montresor e l'ufficiale del registro di Stefano Rinaldi Miliani, oltre alla schiera dei parenti e al figlioletto di Butterfly.

Alla fine, consueto gran successo per Puccini e punte di entusiasmo per la stella di Grigorian all'Arena sotto le stelle.


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