L’Ape musicale

rivista di musica, arti, cultura

 

Un solo sorso

di Roberta Pedrotti

La prima dell'Elisir d'amore al Comunale Nouveau di Bologna va in scena con il solo accompagnamento del pianoforte e il coro a ranghi ridotti per un'agitazione sindacale. Il pubblico premia l'impegno del cast e dimostra di divertirsi con uno spettacolo vivace e colorato ma poco curato nella definizione dei caratteri e della commedia.

BOLOGNA, 24 novembre 2023 - Quello del rinnovo dei contratti dei lavoratori dello spettacolo è un nodo che attende da vent'anni di essere sciolto. Troppo, decisamente, soprattutto dopo il momento critico vissuto durante la pandemia, che ha messo ancor più in evidenza la necessità di ripensare in maniera radicale un settore che vive di strutture sindacali e indennità che spesso non corrispondono più alla situazione attuale. La questione è complessa, tutti dichiarano – e non abbiamo ragione di dubitarne – di voler lavorare per la risoluzione migliore e più rapida, ma l'agitazione resta. Ha colpito, per esempio, la prima dell'Elisir d'amore del Comunale di Bologna, produzione che, come ormai d'abitudine nella sede provvisoria del Comunale Nouveau, serra le recite in poche date contigue, rendendo difficile a chi abbia altri impegni recuperare lo spettacolo al completo. Per fortuna, qualcosa c'è stato di cui parlare, una recita al pianoforte e con il coro a ranghi ridotti, con la possibilità per il pubblico di chiedere il rimborso o avere un biglietto gratuito per un'altra recita.

Con tutto l'impegno di Nicoletta Mezzini al pianoforte verticale posizionato in buca, in effetti, non è semplice anche per il cast e il direttore, Diego Ceretta, dare il meglio di sé in piena libertà. Possiamo constatare che i tempi sono fluidi e adeguati alle situazioni e all'articolazione del testo. Il Nemorino di Juan Francisco Gatell è, poi, già ben noto e apprezzato, Karen Gardeazabal è una buona Adina, di piacevole rotondità lirica, Marco Filippo Romano un Dulcamara di qualità, arguto, divertito e sicurissimo. Ad Andrea Vincenzo Bonsignore spetta il compito di incarnare uno spavaldo Belcore e a Elena Borin di vestire i panni di Giannetta.

Un po' di più si può dire della regia di Victor Garcia Sierra, basata sui dipinti d'ambiente circense di Fernando Botero. Il guaio è che, oltre alla riproduzione dell'opera del maestro colombiano nelle scene e nei costumi, non vediamo molto altro, se non una serie di gag fatte per divertire ma non per costruire personaggi, rapporti, per tessere le trame di una commedia nella quale troppi punti restano nel vago, irrisolti. Se tutti hanno l'aria di lavorare nel circo (tranne forse Nemorino, che all'inizio sembra un abitante del villaggio ma poi si abbiglia da clown bianco), come collochiamo l'arrivo e la partenza di Belcore e di Dulcamara? Come si costruiscono i loro personaggi e i loro caratteri al di là di colori e stelle filanti? A maggior ragione in una situazione come quella della prima, in cui si è rischiato di tornare a casa senza sentire una nota, il pubblico dimostra di aver voglia di divertirsi, festeggia e dimostra grande affetto per tutti gli interpreti.


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