L’Ape musicale

rivista di musica, arti, cultura

 

Francia e Spagna

di Luigi Raso

Meritati applausi per il concerto diretto da Karel Mark Chichon dedicato a Francia e Spagna. José María Gallardo del Rey è un eccellente solista nel Concierto de Aranjuez per chitarra e orchestra di Joaquín Rodrigo.

NAPOLI, 10 giugno 2023 - Dalla fine ‘800 fino alle prime quattro decadi del ‘900 Parigi è crocevia musicale di suggestioni sonore iberiche, punto di approdo e richiamo per musicisti russi e francesi. Il programma del concerto sinfonico di stasera propone l’accostamento di quattro brani per vari aspetti legati alla capitale transalpina: il Pasodoble, passo di danza spagnolo, si diffonderà in Europa partendo dai raffinati e salotti parigini degli anni Venti; lo ‘spagnolissimo’ Concierto de Aranjuez di Joaquín Rodrigo viene composto nella capitale francese nel 1939; alla Société Nationale de Musique, nel 1894, si ascoltano per la prima volta le raffinatezze armoniche e strumentali del ‘francesissimo’ Claude Debussy del Prélude à lʼaprès-midi dʼun faune; infine, a Parigi il compositore russo Igor Stravinskij vede consacrare la propria fama con L'oiseau de feu nel 1910.

Da questa koinè culturale, che vede in Parigi centro di primissimo ordine di elaborazione culturale e artistica, il direttore britannico Karel Mark Chichon sceglie un programma di grande fascino, suggestione e, soprattutto, godibilissimo e molto coinvolgente.

Per questa serata le tensioni e le opacità percepite in occasione della recentissima Anna Bolena (qui la recensione) appaiono lontane: l’orchestra ritrova il suo consueto smalto, la sua precisione, il proprio suono limpido e caldo e, in particolare, la capacità di coinvolgere il pubblico, guadagnandosi, con tutti gli artefici di questo concerto, calorosissimi e meritatissimi applausi da parte del suo pubblico e dai tanti turisti presenti in una sala.

Si parte da quattro Pasodobles - in ordine di esecuzione, Gallito di Santiago Lope, Suspiros de España di Antonio Álvarez, Gerona di Santiago Lopee El gato montés di Manuel Penella- rielaborati e ben orchestrati dallo stesso Chichon. L’Orchestra del San Carlo e il direttore si dimostrano molto efficaci nel rendere i quattro passi di danza bozzetti di sonorità sensuali. Si apprezza l’ottima la tenuta dell’orchestra, il suono caldo e coinvolgente, le dinamiche curatissime ed estremamente varie all’interno di ciascuno dei quattro brani, il lavorio di cesello del direttore, tutte caratteristiche che rimandano all’immagine di una Spagna voluttuosa e raffinata nell’elaborazione delle proprie radici musicali.

A sostenere questo flusso ininterrotto e coinvolgente nel corso dei quattro brani proposti, l’incessante e calibratissimo lavoro ritimico affidato ai bravissimi percussionisti dell’orchestra - da ricordare per la precisione e incisività dimostrate in questa esecuzione: Franco Cardaropoli (grancassa), Pasquale Bardaro (tamburo), Giuseppe Saggiomo (piatti), Roberto Di Marzo (xilofono), Guillem Ruiz Brichs (timpani) - ai quali in questi brani è affidato il compito di dar palpito ritmico e sorregger le quattro brevi composizioni.

Molto ben calibrato il sincrono tra le famiglie orchestrale, grazie al gesto chiaro ed elegante di Karel Mark Chichon, che sa ottenere un’ampia varietà di colori e dinamiche dall’orchestra. Chiude i quattro Pasodobles la danza elaborata dal trascinante El gato montés di Manuel Penella.

Ci si addentra ancor più nell’universo musicale novecentesco spagnolo con il celeberrimo Concierto de Aranjuez per chitarra e orchestra di Joaquín Rodrigo (1901 – 1999), che trova nella magistrale interpretazione del solista José María Gallardo del Rey un interprete di riferimento. Suono ben definito, rotondo, Gallardo del Rey trae dalla sua chitarra tinte, suggestioni, ritmi e malinconie (come nell’intenso Adagio centrale del Concierto) di profonda bellezza. Perfetti gli incastri nel dialogo serrato e coinvolgente tra orchestra e solo: e anche in questo brano si apprezza la capacità di Karel Mark Chichon di governare il gioco delle tarsie strumentali, l’equa distribuzione dei pesi sonori e di trovare le dinamiche più appropriate per far risaltare lo strumento solistico, dal suono rotondo nitido e morbido di suo, e che si avvale e giova dell’accompagnamento sempre ben calibrato dell’orchestra.

Il Concierto de Aranjuez si chiude con un meritatissimo trionfo per José María Gallardo del Rey: in castigliano ringrazia il pubblico, loda l’acustica del San Carlo che gli consente di percepire anche le sonorità più delicate della chitarra, e regala due apprezzatissimi bis: la Danza del Molinero da El Sombrero de tres picos di Manuel de Falla e un omaggio, In memoriam, composto dallo stesso José María Gallardo del Rey al grande chitarrista jazz francese Django Reinhardt.

Si lasciano le voluttuose, travolgenti e crepuscolari atmosfere iberiche che hanno dominato la prima parte del concerto, per trasferirsi in quelle musicalmente raffinate e distillate del Prélude à lʼaprès-midi dʼun faune (1894) di Claude Debussy: si comincia con lo splendido assolo - molto ben eseguito dal primo flauto Bernand Labiausse - per immergersi in una sensualissima e sinuosa atmosfera musicale plasmata a mani nude (l’unico brano per il quale Karel Mark Chichon abbandona la bacchetta) che si fa sempre più coinvolgente. Affascinante, anche in questo brano, il suono, avvolgente e terso che emana l’orchestra del San Carlo.

E si resta a Parigi anche per l’ultimo brano in programma: nel 1910, quando va in scena il balletto L'oiseau de feu, la capitale francese consacra Igor Stravinskij quale genio musicale del ‘900; solo tre anni più tardi, la stessa Parigi ne mette in discussione l’attribuzione con il clamoroso fiasco de Sacre du printemps.

StaseraKarel Mark Chichon propone la seconda suite (del 1919) da L'oiseau de feu. Attraverso i sei brani che la compongono, vengono esaltate tutte le doti apprezzate nel corso del concerto: la chiarezza espositiva del concertatore, l’eccellente tenuta dell’orchestra, la varietà di colori e il discorso musicale fluido e soffuso che sa però rendersi all’occorrenza deciso e corrusco.

Karel Mark Chichon opta per una lettura smussata, ricca di nuances, più lirica che drammatica della complessa composizione di Stravinskij: l’orchestra del San Carlo, in forma eccellente, risponde con sonorità tornite, limpide ma che non mancano di rarefarsi in delicate tinte pastello, come in Ronde des Princesses, dove si segnala l’ottimo intervento del primo oboe di Domenico Sarcina, così come di tutto il reparto dei legni, e nella Berceuse, che prelude all’esplosione finale, preparata attraverso il buon controllo delle dinamiche e del crescendo, sonoro e di intensità.

Al termine, il pubblico del San Carlo, decreta una calorosa ovazione per l’orchestra, la sue prime parti e il direttore Karel Mark Chichon, che ringraziano con visibile soddisfazione.


 

 

 
 
 

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