L’Ape musicale

rivista di musica, arti, cultura

 

Fantasia e impeto

 di Stefano Ceccarelli

Il maestro Manfred Honeck torna all’Accademia di Santa Cecilia con un programma bipartito: la prima parte è dedicata ad un’antologia di Lieder da Des Knabes Wunderhorn di Gustav Mahler con il baritono Christoph Pohl, mentre nella seconda si esegue la Sinfonia n. 3 in mi bemolle maggiore op. 55 “Eroica”.

ROMA, 26 ottobre 2023 – Il maestro Manfred Honeck è un habitué dei cartelloni dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia. Nell’odierno concerto presenta al pubblico un programma che si può definire, lato sensu, romantico: alcuni lieder da Des Knaben Wunderhorn di Gustav Mahler, seguiti dalla Terza di Ludwig van Beethoven. Lo spettatore, dunque, viene prima immerso nelle brume crepuscolari della musica mahleriana, che miscela l’innocenza dell’età infantile allo spettro della morte; poi, viene catapultato in un’architettura imponente, trascinante come solo l’estetica primo-romantica (con netti effetti Sturm und Drang) sa fare.

Il concerto si apre con un’antologia di lieder mahleriani dalle raccolte ispirate a Des Knaben Wunderhorn. La direzione di Honeck valorizza al meglio la tavolozza orchestrale di Mahler: tutti i colori sono nitidi, ben sgranati. L’orchestra genera sovente momenti di notevole effetto, vaporose brune sonore che amalgamano le varie compagini strumentali in maniera eccellente; o, più in generale, passaggi screziati, così tipicamente fin de siècle. Particolare attenzione è posta alle dinamiche e alla variazione agogica, essenziale in lieder come Des Antonius von Padua Fischpredig, ma soprattutto Revelge e Der Tambourgs’sell, pezzi che hanno un carattere sonoro inconfondibile. In particolare, gli ultimi due coniugano sonorità della vita militare (il rullo dei tamburi) con un’atmosfera funerea, che attraversa tutta la raccolta di Brentano e von Arnim. Il baritono Christoph Pohl sostituisce, in extremis, l’atteso Matthias Goerne. Dotato di una voce calda, scura, cavernosa, Pohl, che certamente fraseggia con pieno senso del testo, mostra scarso spessore vocale: se si apprezzano i momenti più soffusi, certo soffrono quelli in cui la voce dovrebbe svettare (come nei già citati Revelge e Der Tambourgs’sell) e l’orchestra ‘fagocita’ il cantante. Quando a predominare è la pura linea vocale e l’orchestra è a un volume contenuto, il fraseggio ed i colori di Pohl si lasciano apprezzare: un esempio è l’etereo, puro Urlicht, ma anche taluni passaggi di Rheinlegendchen, dal carattere di ballata.

Nel secondo tempo Honeck dirige la Terza di Beethoven. L’approccio è quello energico, spigliato, vivido di chi sa sprigionare la pura energia della scrittura beethoveniana. La direzione di Honeck è precisa, ma non meccanica, tale da valorizzare ogni passaggio della Terza, una sinfonia dall’architettura imponente, una pietra miliare per tutto il sinfonismo a venire. Del primo movimento, pura energia che parte da un tema semplice, epico e squillante, Honeck restituisce ogni colore; del II, la funerea “Marcia funebre”, si apprezza, appunto, l’assenza di meccanicità, un errore in cui si potrebbe cadere dirigendo un movimento così ritmicamente imperioso. Dello Scherzo (III) si ricordano piacevolmente le dinamiche sonore, il gioco di pieni/vuoti, come pure i passaggi in tremulo degli archi, quasi un sibilo sonoro, che preludono alle esplosioni sonore. Splendida la conduzione, poi, del tema ‘prometeico’, con variazioni, nel Finale (IV), dove Honeck spagina la floridezza ritmica ed inventiva di uno dei compositori più amati di tutti i tempi. L’applauso non può che esplodere fragoroso.


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