L’Ape musicale

rivista di musica, arti, cultura

 

Un ritorno trionfale

 di Stefano Ceccarelli

Il concerto di ritorno di Antonio Pappano, nella ‘sua’ sala Santa Cecilia e con la ‘sua’ orchestra, segna un autentico trionfo: l’ouverture dall’Anacréon di Luigi Cherubini apre il primo tempo, che vede il pezzo forte nell’esecuzione del Concerto n. 3 in do minore per pianoforte e orchestra op. 37 di Ludwig van Beethoven; si prosegue, nel secondo, con En Saga, poema sinfonico op. 9 di Jean Sibelius e Till Eulenspiegels lustige Streiche, poema sinfonico da un’antica melodia in forma di Rondò op. 28 di Richard Strauss. Ad eseguire il concerto è Igor Levit, che riscuote un indiscusso successo personale.

ROMA, 3 novembre 2023 – È un po’ come rivedere, dopo tanto tempo, un vecchio amico. È proprio questo l’effetto che il maestro Antonio Pappano fa sul suo “caro pubblico” dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia, su tutti gli habitué, gli abbonati che ogni anno assistono alla maggior parte dei concerti e hanno trovato in Pappano, per più di un decennio, non solo un eccellente, raffinato esecutore, ma anche un interlocutore, in un certo senso, con cui interfacciarsi. Pappano, infatti, ha il raro dono di arrivare al pubblico anche umanamente, oltre che con la sua arte, anzi assieme ad essa: appena prende un microfono in mano, ognuno si aspetta il famigliare “caro pubblico” con cui inizia, a braccio, con naturalezza, a spaginare le opere che andrà a dirigere. Ecco, l’effetto del ritorno sul palco di Pappano è un po’ quello di un famigliare che non si vede da tanto tempo e che si ha voglia di salutare, con sincero affetto. Gli applausi sono calorosi fin dal principio ed anticipano, del resto, il trionfo che sarà questo concerto, peraltro una quintessenza di ‘pappanesimo’ (gli autori e le epoche affrontate sono quelle d’elezione del direttore).

Il primo tempo è tutto all’insegna del tardo classicismo, già fortemente impregnato di stile Sturm und Drang e di quelle venature emotive che saranno così tipiche dell’epoca romantica. Le opere scelte sono accomunate dal fatto di appartenere ai primissimi anni dell’800. La prima, l’ouverture dall’opera Anacréon di Luigi Cherubini, è particolarmente riuscita nella sua statura neoclassica, espressa nei saldi accordi, ma venata di cromatismi, soprattutto di giochi con gli archi e con i legni, che creano impasti di sicuro effetto. La seconda, il Terzo concerto per pianoforte di Beethoven, il quale fu grande estimatore di Cherubini, è una pietra miliare dell’arte pianistica; a eseguirlo è Igor Levit, pianista che eccelle nella musicalità, nel fraseggio e nella lettura naturale dello spartito. Doti che si evincono in alcuni momenti chiave: la cadenza del I movimento, le cui due sezioni sono lette con netto contrasto, rallentando, in maniera onirica e sospesa, nella prima e aumentando molto volume e velocità nella seconda; l’inizio del II movimento, ieratico, posato, che prelude alle canore frasi successive; la vivacità del III, con stacchi e tempi più dilatati (rubati e, immediatamente dopo, accelerati). L’orchestra accompagna con suono stupendo, turgido, assecondando una direzione di polso da parte di Pappano, che lascia all’interprete libertà di movimento, ma senza sfibrare l’agogica, anzi valorizzandone l’impulso energico, così vivo e netto nella scrittura di Beethoven. L’effetto è magnifico e genera un profluvio di applausi: come bis, Levit regala una variazione della celebre ninna nanna – il Wiegenlied op. 49 n. 4 (Guten Abend, gute Nacht) – di Brahms.

Nel secondo tempo, Pappano entra sul palco e prende il microfono. Dopo aver ricordato che il concerto odierno è dedicato ad Andrea Alpestre, storico violista dell’Accademia scomparso prematuramente, per introdurre En Saga chiama il pubblico ad interagire, a cantare assieme agli strumenti i temi cardine del brano; poi, attacca con le brume sonore d’apertura dell’ispirata pagina di Sibelius, mantenendo sempre netta la tensione orchestrale e presentando i temi con magniloquenza, scatenando il volume, con effetti epici indimenticabili. En Saga funziona solo se il direttore sa trovarne l’intimo colore, il quale risiede non solo nei robusti e ritmici motivi, ma nelle tinte glaciali, scure, che sono peraltro una firma di questo compositore. La serata si chiude con una brillante esecuzione del più vivace, ma pure ambiguo, dei poemi straussiani, Till Eulegenspiegels lustige Streiche: Pappano legge i caleidoscopici motivi legati alla figura di Till, un trickster di antropologica memoria, con precisione millimetrica, valorizzando i guizzi dei legni, che costituiscono la parte più originale a livello cromatico, in una tavolozza orchestrale magistrale per raffinatezza. Splendido il passaggio finale, quello dell’esecuzione di Till, carico di tensione e stemperato da un ciuffo del flauto, a chiudere con sardonica ironia un pezzo formidabile. Gli applausi invadono la sala.


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