Sangue viennese
di Roberta Pedrotti
L'Orchestra Haydn apre il 2024 con un elettrizzante programma dedicato a Johann II e Josef Strauss e offre, sotto la direzione di Alessandro Bonato, un saggio esemplare di spirito viennese, leggerezza ed energia turbinosa, ironia, delicatezza e ambiguità.
BOLZANO, 2 gennaio 2024 - Dopo un turbinare di travestimenti, vendette e tradimenti presunti, agognati, consumati, tutto si svela e un marito implora il perdono della moglie. Non siamo, però, con Mozart a elevarci per un'istante in una dimensione sublime di pentimento e clemenza: a Vienna son passati quasi novant'anni dalla prima delle Nozze di Figaro e rapida Rosalinde risponde ad Eisenstein inneggiando al regno dello Champagne. L'ebrezza fugace e sensuale del perlage alcolico spazza via ogni pensiero in un giro di walzer, ma questa leggerezza è profondissima e sa coglierla. È lo spirito viennese, quello che, come il coraggio di Don Abbondio, «se uno non ce l'ha, mica se lo può dare»; ci potranno essere anche bellissimi concerti, serate godibili, ma senza quel dettaglio che fa la differenza.
A Bolzano, per fortuna, il sangue viennese sembra pulsare nelle vene, pronto a far sprigionare tutti gli aromi dello Champagne.
In primo luogo, nel capoluogo altoatesino – ma altre sedi in cui questo concerto è stato presentato pare non siano da meno – abbiamo uno splendido auditorium: elegante, confortevole e con un'acustica generosa ma non ridondante, anzi, ricca quanto nitida, una vera gioia per l'udito. L'ideale per godere del bel suono dell'Orchestra Haydn, così ben definita per idiomaticità, dettagli solistici, rapporto fra le sezioni, compattezza dell'assieme, identità e plasticità timbrica. La pienezza e la viva presenza del bouquet d'armonici conferma come la leggerezza non esiga emissioni filiformi, ma, anzi, meglio si esprima in una più ampia e rigogliosa gamma dinamica, se plasmata ad arte. Proprio per questo l'incontro con la bacchetta di Alessandro Bonato, al suo debutto con la ICO del Trentino Alto Adige, pare dei più felici per unità d'intenti nel dar concreta forma sonora allo spirito viennese, all'ossimoro apparente di una musica tanto fisica quanto inafferrabile. Come lo Champagne, del resto, che identifichiamo con la corsa lungo il calice di sottilissime bollicine, ma è anche aroma complesso di burri e lieviti.
Il programma è scandito in due parti simmetriche, ciascuna delle quali vede far capolino al centro, fra i lavori del fratello Johann II, la firma di Josef Strauss (Jockey-Polka e la Pizzicato Polka scritta a quattro mani con fratello). Nell'alternarsi sapiente di Polka schnell, Polka française, Walzer, Csárdás, la Maskenball-Quadrille di Johann II è la pietra del paragone per comprendere cosa significhi possedere lo spirito, o il sangue, viennese. Direttori anche blasonatissimi di scuola e repertorio italiano tendono enfatizzare l'origine verdiana dei temi, quasi fosse una fantasia d'opera destinata a destar reminiscenze e farsi canticchiare. Il viennese autentico la penserà danzando. Bonato, che pure l'opera italiana la concerta benissimo, qui dimostra di meritare il soprannome di “Boskowsky del Lombardo-Veneto” e dà nuova, diversa vita ala materiale musicale del Ballo in maschera perché l'orchestra dia forma al ballo, il canto senza voce del corpo.
Su questa base, tutto il programma si dipana con un gioco rapinoso e continuo di rubati reso sempre fresco dalla rapinosa leggiadria e dalla sofisticata ambiguità del fraseggio. Non c'è mai un sospetto di pesantezza o meccanicità nel fluire fra energia impetuosa e delicata sospensione, come dimostra il contrasto fra soli e pieno orchestrale in Wiener Blut. Il senso giocoso di Auf der Jagd, della Tritsch-Tratsch-Polka o di Unter Donner und Blitz si esprime, peraltro, proprio nel finissimo rimbalzare di accenti e sfumature dinamiche, che si declina in sapida e sottile ironia non solo in Im Krapfenwald'l o nei colori sorprendenti in cui sa destreggiarsi il pizzicato della celeberrima Polka. Brano dopo brano, lo spirito viennese prende forma fra diversi affetti e diverse suggestioni, sia la fantasia di un esotismo fiabesco nel walzer Tausend und eine Nacht o, ancora, la tinta ungherese della csárdás Ritter Pázmán o della polka schnellÉljen a Magyar.
Incorniciano il programma i due brani più estesi, celeberrimi: l'ouverture dalla Fledermaus in apertura è un seducente, liberatorio turbinio di walzer senza un attimo di riposo nella sapiente mobilità del tempo, in senso di perenne levare che inebria e mozza il respiro. Nondimeno, il fluire delle onde del Schönen blauen Donau ammalia con l'arte di un moto perpetuo e sottile in perfetta complicità fra bacchetta e orchestra. Il gioco poi si fa ovviamente ancor più palese nel bis d'obbligo, uno scintillante Radetsky Marsch, e in Unter Donner und Blitz, richiesto a furor di popolo. Si può ben capire: questa è la musica della felicità in cui si annegano ma non si negano i turbamenti, è musica che ha bisogno dello spirito viennese e qui sembra averlo trovato.