Triste demone, spirito dell'esilio
di Irina Sorokina
A un'esecuzione musicale più che dignitosa corrisponde una visione scenica inadeguata del capolavoro di Rubinstein a San Pietroburgo.
SAN PIETROBURGO, 24 marzo 2025 - Se qualcuno pensa che Il Demone, l’opera più gettonata del compositore russo Anton Grigor’evic Rubinstein, dopo aver goduto di una grande popolarità nell’Ottocento e il primo Novecento, sia decisamente uscita dal repertorio, si sbaglia. Il compito di tenerla in vita è assunto dal Teatro Mariinsky di San Pietroburgo, e il fatto non suscita nessuno stupore: da sempre la più importante compagnia dell’opera della capitale del Nord offre un cartellone ricco, anzi, ricchissimo. Al Demone attuale era preceduta la messa in scena del 2003, firmata dal noto regista Lev Dodin e originalmente creata per il Teatro Chatelet di Parigi. Non abbiamo avuto occasione di vederla, e possiamo affidarci esclusivamente ai giudizi dei colleghi, ma abbiamo visto e ascoltato un Demone che ha soltanto un anno e mezzo di vita (la première il 23 settembre 2023). Purtroppo, il personaggio tenebroso del grande e sfortunato poeta Mikhai Yur’evič Lermontov, morto tragicamente in un duello come Aleksandr Sergeevič Puškin, non ha voluto piegarsi alla nuova squadra capitanata dalla regista Elizaveta Korneeva.
Il capolavoro di Rubinstein va in scena non al Mariinsky storico, ma al Mariinsky-2, il teatro moderno, diviso dalla vecchia sede da un canale. Deludente la scenografia firmata da Ekaterina Ageny, che non evita un'idea non certo originale di “presentare“ al pubblico Tamara e il Demone da piccoli che giocano in una sabbiera al centro del palco. Lo spazio scenico viene ridotto grazie ad una specie di cornice reattangolare, il destino spesso è stare sopra, formando una linea retta. E se si spera che il nuovo Demone eviti le proiezioni video, la speranza svanisce velocemente; sullo schermo passano immagini generiche che si riferiscono all'ambientazione caucasica dell'opera.
Sembra che la messa in scena in cui Korneeva, oltre che da Ekaterina Ageniy, è affiancata dalla costumista Žanna Usačeva, dal light designer Valentin Bakozan, dal video designer Anastasia Andreeva e dal coreografo Konstantin Khlebnikov sia finalizzata non solo sconvolgere il senso dell’opera, ma addirittura imbruttirla e renderla volgare. La vera vittima di questa intenzione è il principe Sinodal, dall’animo nobile e fedele, che compie un viaggio difficile all’unico scopo di raggiungere l’amatissima Tamara. Viene trasformato in un libertino che all’incontro con la promessa sposa preferisce la compagnia di ragazze di facili costumi, e nemmeno da morto trova pace, sempre per “l’originalità” del pensiero della regista; portato a casa di Gudal viene messo sul tavolo già coperto dalle ghirlande dei fiori preparate per il matrimonio. Senza parlare della strana idea e del cattivo gusto di farlo somigliare all’autore del poema, Mikhail Jur’evič Lermontov.
Si tratta di una messa in scena degna d’interesse, il che non la salva dalle parecchie critiche; è decisamente troppo complicata e sovraffollata, mentre le scenografie di Ekaterina Arseny sono prive di idee chiare e composte da elementi visti tante volte in giro per il mondo, ma che non c’entrano nulla col capolavoro di Rubinstein. A partire dalla sabbiera posta al centro del palcoscenico dove giocano il Demone bambino e Tamara bambina (rispettivamente i piccoli Mark Baltaži e Maya Zubareva): quindi il ribelle sovrannaturale ebbe un’infanzia “umana” e Tamara la conobbe fin dalla tenera età???
Note dolenti per il costume del protagonista, che non solo non gli giova, ma addirittura l’imbruttisce: per forza viene in mente l’immagine del Demone dipinta dal pittore geniale russo Mikhail Vrubel’. È parecchio strano osservare il personaggio sovrannaturale che indossa una giacca nera a doppio petto, una camicia lunga bianca stropicciata asimmetrica e scarpe da ginnastica evidentemente “ vissute” se non peggio. E non basta, i baritoni che interpretano il Demone devono gestire in qualche modo anche un lungo e scomodo soprabito che finge da ali: chissà che scomodità portarlo per tutto lo spettacolo!
Il giovane (classe 1994) Gleb Peryazev è il dominatore sicuro della recita. La sua voce bella e importante di baritono si adatta perfettamente al personaggio, e la personalità del cantante è felicemente compatibile con il Demone tenebroso e tormentato. I melomani che, ovviamente, aspettano la romanza “Na vozdušnom okeane“ (“Sull'oceano arioso“), una delle arie sacre del repertorio russo, non rimangono delusi, il legato è buono, il fraseggio raffinato e i chiaroscuri incantevoli.
Inara Kozlovskaya dà voce al personaggio di Tamara: il suo strumento è di valore anche se il timbro non è eccezionale. La scrittura vocale di Rubinstein non rappresenta un problema per il soprano, mentre ci vorrebbe una personalità più incisiva per disegnare il personaggio della fanciulla coraggiosa che preferisce al matrimonio tradizionale con il bel principe Sinodal una storia d’amore impossibile. Tuttavia la sua Tamara è credibile e sufficientemente amabile. La romanza “Noč tikha, noč svetla“ (“La notte è silenziosa e chiara“) incanta per l'espressività che unisce speranza e amarezza e per la linea di canto ben pensata e variegata.
Oleg Syčev, nel ruolo del principe Gudal, padre di Tamara, dimostra grandi doti vocali affiancate da una spiccata personalità d’attore.
Igor Morozov, nei panni del promesso sposo di Tamara principe Sinodal, si ricava uno spazio tutto suo nell’opera. La parte è decisamente importante e lunga e richiede sia una bella voce di tenore – e Morozov ce l’ha – sia una vera grinta d’attore, e anche questa ce l’ha. Povero Sinodal, così giovane, bello, onesto e fiducioso, che pensa di andare verso la felicità, il matrimonio con la fanciulla amata, e trova sulla sua strada un essere sovrannaturale che gli toglie non soltanto l’amore, ma la vita stessa, e povero il bravo cantante Morozov, che si fa ammirare per la bellezza del timbro, l’instancabilità e l’espressività, ma è costretto a rappresentare il principe come un dissoluto che, mentre viaggia per raggiungere Tamara, si circonda dalle ragazze di facili costumi. E, ovviamente, poveri noi.
Quattro protagonisti dalle voci grandi e belle sono affiancati da quattro bravi comprimari quali Anton Perminov (un vecchio servo), Irina Vaneeva (la bambinaia di Tamara), Ivan Borodulin (l’Angelo, messaggero del cielo), Mikhail Makarov (il messo del principe Sinodal).
Sul podio il giovane Gurgen Petrosyan ha come maestro Valery Gergiev, il padrone assoluto del Teatro Mariinsky, che recentemente ha preso in mano anche il Teatro Bol’šoj di Mosca. Per adesso il suo modo di guidare l'orchestra ricorda il celebre direttore, e gli auguriamo di trovare il proprio stile. In ogni caso, la sua è l'esecuzione dignitosa e scorrevole. Importante e di ottimo livello musicale la prestazione del coro preparato da Nikita Gribanov.
Si esce dal teatro un po’ tristi, un po’ sconvolti dalla messa in scena. L’opera, la Signora Opera, come la chiama Franz Werfel, da decenni è oggetto e vittima dei registi che non la capiscono e non le portano il minimo rispetto. Nella splendida capitale russa del Nord, San Pietroburgo, al Teatro Mariinsky, un’opera significativa del repertorio russo viene cantata e diretta dignitosamente, ma la messa in scena non porta il rispetto al capolavoro di Rubinstein. Poveri Demone e Tamara, Gudal e Sinodal, e poveri noi che amiamo l’opera, spesso il vero senso della nostra vita.