L'essenza dei Dialogues
di Suzanne Daumann
Intensa, acuta, commuovente e affascinante. Così si presenta l'opera di Poulenc nell'essenzialità di una versione da camera: una sintesi con solo pianoforte e scene semplicissime che conquista il pubblico della città francese prima di una tournée in Bretagna.
Eric Chevalier firma una messa in scena austera, depurata: un quadrato nero per sola scenografia, un letto, delle sedie, qualche accessorio semplice sono ampiamente sufficienti. I suoi costumi sono del pari semplici, le fanciulle indossano abiti differenti, stile anni Quaranta, solo i loro veli le uniscono e le caratterizzano come religiose. Proiezioni luminose leggere, in linee chiare e sobrie, giungono talora a rischiarare le scene.
La vicenda è stata sintetizzata alla vita al Carmelo, alla morte della Priora, incarnata con asciutta convinzione da Martine Surais, e al martirio delle Carmelitane. Concentrandosi così sull'essenziale, si comprende meglio il fascino di quest'opera, così austera e d'approccio non immediato: seguendo il cammino di Blanche de la Force, lo possiamo confrontare ai nostri quesiti e alle nostre paure. In questo momento, in cui vediamo i totalitarismi guadagnare ovunque terreno, è forse più attuale che mai...
Gildas Pungier dirige il coro dell'Opéra de Rennes, Colette Diard al piano, e gli eccellenti solisti con la sua abituale, sensibile energia. Senza orchestra, i dialoghi acquistano un'intimità terribile, che la pianista accompagna con particolare attenzione e partecipazione.
Le voci giovani e pure di Blandine Arnould, nel ruolo di Blanche de la Force, e di Violaine le Chenadec, in quello di Sœur Constance, possono dispiegarsi in pianissimo quando necessario; toccano in profondità, e il pubblico ne trattiene il soffio.
Le reazioni della sala spess sono un buon indicatore per una rappresentazione schiatta, vuota, routinière. A Rennes, questa sera, il public è immobile, concentrato, e segue attentamente la terribile vicenda fino all'epilogo. é, et suit attentivement la terrible histoire jusqu’au bout. Nel finale, un sinistro energumeno, un incrocio fra un macellaio e delinquente, entra in scena e si para innanzi alle Carmelitane. Queste lo superano una a una, in piccoli gruppi, per uscire di scena. Si sente allora, ogni volta, un gran colpo secco, la lama.
Senza orchestra, il Salve Regina delle religiose, che si affievolisce poco a poco, è particolarmente pregnante. Sono necessari alcuni secondi di profondo silenzio, perché possano esplodere gli applausi ampiamente meritati.
foto Laurent Bizard