L’Ape musicale

rivista di musica, arti, cultura

 

La voce fra arte e scienza

  di Giada Maria Zanzi

La percezione uditiva

La classificazione della voce

Medicina e canto

La foniatria artistica

Minichini: l’attenzione estetica di un medico alla sfera canora nel XIX secolo

bibliografia

La percezione uditiva

La voce, parlata o cantante, è un suono udibile altamente riconoscibile: ogni sonorità ha, per così dire, vita propria e alberga nell’orecchio di chi la ode; in altre parole, l’elaborazione soggettiva gioca un ruolo considerevole in ambito percettivo. L’atto ricettivo universale conta tanto quanto quello emanativo nel tentativo di con­durre una ri­cerca metodica e oggettiva. Secondo lo scienziato Alfred Tomatis l’uomo parla per­ché riesce a udire, atto quest’ultimo che assume quasi un’accezione di autoverifica, permettendo di controllarsi e autopercepirsi, quindi conoscersi.

Per condurre un’indagine che trascenda l’estetica pura e che abbia come oggetto un’analisi scientifica della voce nell’arte è necessario affrancarsi da parametri soggettivi, ricercandone di universalmente condivisibili. Non opinabili sono il timbro e l’intonazione.

In generale, tutte le propagazioni sonore, compresi i rumori, possono essere raffigurate su un grafico, dando loro un vero e proprio volto: ne risultano onde di differenti forme, i cui profili coincidono coi timbri dei suoni: il timbro è quell’elemento che ci consente di distinguere, ad esempio, un suono emesso da uno strumento musicale dalla voce umana, dato che dipende dalla materia e dalla costituzione della fonte sonora.

La frequenza è il numero di cicli della suddetta forma d’onda ripetitiva per secondo. Direttamente proporzionale alla frequenza è l’altezza dei suoni: in musica, ogni nota è caratterizzata da una particolare frequenza e intonarla significa riprodurne l’altezza, grave o acuta. Maggiore è la frequenza, più alto sarà il suono e viceversa.

Nel caso di un’emissione vocale, l’altezza dei suoni è determinata da muscoli che accostano e tendono le corde vocali: il suono risulterà acuto quanto più esse sa­ranno tese e vicine, diminuendo la loro escursione e chiu­dendo sempre più la glottide. La regolazione della tensione e del loro avvicinamento sono azioni total­mente istintive, così come il dosaggio dell’aria e il conseguente utilizzo di un flusso minimo.

L’essere umano è uno strumento a fiato e la produzione di una voce educata è subordinata a un’elastica compartecipazione di tensioni e rilassamenti muscolari, al saper porgere e gestire correttamente il fiato e, come si è detto, alla natura del corpo sonoro stesso (estremamente influente nell’identificazione e personalizzazione della voce; oltre alla “struttura” dello strumento-uomo è fondamentale il suo stato psico-fisico, vale a dire le condizioni di salute e, non meno importanti, quelle emotive).

A questo punto, quali risultati oggettivi avremo, basandoci su tali parametri? Un’indagine scientifica è votata alla codifica di categorie in qualità di esempi cui potersi riferire: quali possiamo individuare in ambito vocale? Quale risultato vocale otterremo a seconda delle differenze fisiche, timbriche e di frequenza?

La classificazione della voce

A prescindere dalla curiosità scientifica, sul piano canoro è capitale evidenziare l’identità di una voce per consentirle di esprimere al meglio le proprie potenzialità; l’individuazione di determinate caratteristiche fornisce all’aspirante cantante lo strumento per ritrovare se stesso nella musica, valutarsi, essere valutato e, in base al proprio livello di preparazione tecnica, tracciare un percorso di crescita e designare gradualmente un repertorio che lo rispecchi degnamente.

Uno degli aspetti che lo studente di canto ha premura di imparare a conoscere e ampliare è il proprio range vocale: come prima cosa, è d’uopo chiarire il concetto di estensione. In base alla nota più alta e a quella con minor frequenza che riesce a toccare, si deter­mina l’estrema espansione dello strumento del cantore, da non confondere con la tessitura, che è la sezione di estensione di cui usufruisce il cantante in base al repertorio.

La voce adulta è un carattere sessuale secondario e come tale dà luogo a due grandi classi; partendo dalla più grave verso la più acuta, abbiamo il basso, il baritono e il tenore, e queste sono le voci maschili, contralto, mezzosoprano e soprano quelle femminili. Come già ricordato, ogni voce è a sé stante in quanto ogni individuo è differente, dunque le estensioni non variano solo a seconda della classe, ma anche in base alla persona. Il medesimo discorso vale, naturalmente, per i timbri: le sei macro-tipologie poc’anzi identificate sono insufficienti alle necessità dei repertori classici; la classificazione non si limita a separare le vo­calità maschili da quelle muliebri, vi sono suddivisioni anche all’interno di un medesimo tipo. L’estensione non è l’unico criterio che entra in gioco quando si vuol catalogare una vocalità a tuttotondo.

Osservando le peculiarità timbriche, il colore, il peso vocale e la predisposizione del soggetto a un canto virtuosistico o meno, si aggiungono aggettivi identificativi, quali leggero, lirico-leggero, lirico, lirico spinto, ma non solo: si pensi ad esempio al basso profondo, nobile o cantante; basso-baritono, baritono drammatico, baritono verdiano; quest’ultima sottotipologia ci permette di evidenziare come anche la capacità di affrontare con destrezza la scrittura tipica di grandi compositori, come appunto Giuseppe Verdi, raggruppi bassi, baritoni, tenori, contralti, mezzosoprani e soprani con aggiuntiva precisione. Poi ancora, abbiamo tenori drammatici, lirici o leggeri, contralto assoluto, mezzo-contralto, mezzosoprano grave, centrale oppure acuto.

Come possiamo constatare, in una piramide ideale, al vertice della quale ubichiamo tessiture acute, c’è il soprano, che pure si frammenta in dif­ferenti sotto-tipologie. Oltre ad affidarsi alla guida e al giudizio di un maestro e all’autoascolto, cosa può fare il cantante per garantire una tutela alla propria voce e conservarla il più possibile dall’usura e da patologie? Vi sono altri strumenti a sua disposizione? La scienza come gli viene in aiuto?

Medicina e canto

In quanto grandezza misurabile, un’emissione vocale di ogni tipo può essere oggetto di analisi scientifiche e, come prodotto di un apparato anatomico, non può non essere di interesse medico. Un ulteriore passo avanti è stato fatto con l’interdisciplinarità data dalla volontaria contaminazione della medicina col sapere musicale e la moderna formalizzazione della branca foniatrica artistica, anche se in realtà, scienza e arte, medicina e musica, non sono mai state completamente scisse.

L’antico filosofo greco Pitagora riconosce nella musica le stesse proporzioni matematiche che guidano l’armonioso moto degli astri; questi emetterebbero una melodia non udibile dall’imperfetto orecchio umano, la cosiddetta musica delle sfere, che tocca i cuori influenzando tanto gli eventi esterni quanto i moti psicologici. Lo stesso farebbe la musica. Visto in quest’ottica, il canto, così come la musica, è quasi personifi­cato. Sarà la filosofia rinascimentale a paragonarlo definitivamente a un vero e proprio medico dell’anima: la medicina può curare il corpo, mentre la musica sana lo spirito dai conflitti e turba­menti che lo scindono, e Marsilio Ficino riferisce che una delle sue più efficaci terapie sia proprio il canto, che imita

intenzioni e affetti dell’animo, imita le parole, riproduce gesti e movimenti del corpo, azioni e costumi degli uomini, e tutte queste cose imita e riproduce con tale forza trascinatrice, che stimola immediatamente ad imitarle e riprodurle sia lo stesso cantante sia i suoi ascoltatori.

La noia, la sofferenza, il male di vivere, dividono l’anima passionale e istintiva dell’uomo dal suo lato più razionale e quest’ultimo sarà il perno su cui ruoterà l’individuo seicentesco, che trova la sua sal­vezza unicamente nella ragione. Il sentimento, incontenibile e incontrollabile, non può far al­tro che debordare, facendosi strada nel corso del Settecento, sino a ritrovare la dignità perduta. Gli intellet­tuali dell’Età dei Lumi, però, non offrono semplicemente un’alternativa, cioè non invitano, per rea­zione alla tendenza antecedente, ad affidarsi esclusivamente all’emotività: auspicano piuttosto una conci­liazione tra mente e cuore poiché è loro convinzione che sia l’essere dialetticamente disgiunti a ren­derci incompleti, dunque infelici. In questo scenario, l’arte è decisiva: soprattutto la musica accorda le due anime che coabitano nel singolo. Nel Settecento, la visione in prospettiva medico-scientifica del canto non muta rispetto ai secoli precedenti, ma sicuramente si apre a inedite sfumature guaritrici sempre più potenti, perpetuando un’unione con la medicina che nei secoli a ve­nire si è ulteriormente rafforzata.

Notevole è da sempre stato l’impatto dello studio del canto sulla quotidianità, che in quanto atto pe­dagogico arricchisce assai l’allievo; sono primariamente notorie le sue proprietà in materia di reinserimento sociale. Attualmente, possiamo avvalerci non solo di congetture, ma di decifrazioni scientifiche. Le zone cerebrali deputate alla produzione del parlato sono posizionate nell’emisfero sinistro del cervello, al contrario, la generazione delle parole durante il canto è asso­ciata all’emisfero destro. La maggiore attivazione del secondo spiega la fluidità durante il canto in di­sturbi come l’afasia; si pensi ad un soggetto balbuziente il cui disordine scompare se can­te­rella: cantare interviene sulla disritmia fonica, ordina il parlato col suo allungare le vo­cali, articolare le consonanti non ostacolando il flusso emissivo, distribuire saggiamente gli ac­centi, stimolare consapevolmente e con perizia la muscolatura respiratoria.

Mantenendo l’espirazione monitorata, le corde vocali rimangono aperte e rilassate e la sintomatologia (causata da una contrazione forzata delle corde per ansia o stress eccessivo) non si presenta;la precisione dei sistemi musicali e la scrupo­losità dei precetti sono, infine, positive nella forma­zione del singolo per guadagnare gli strumenti che potenzino la propria unicità. La voce cantante, specchio della nostra interiorità, si è da sempre insinuata nella scienza grazie all’influsso che, evidentemente e innega­bilmente, esercita.

La medicina moderna propone un approccio inno­vativo, fornendo i basamenti scientifici per una disciplina impalpabile quale è a tratti la musica, a com­plemento delle nozioni anatomiche di base indispensabili per affrontare l’apprendimento dell’arte di cantare. Fino al secolo scorso la fisiologia è stata un argomento assai spinoso per gli studiosi di canto, tant’è che sul finire dell’Ottocento ci si instradò verso esperti della salute. Oggi, le principali discipline che si interessano del tema in esame sono la foniatria e la logo­pedia.

La foniatria artistica

In seguito a esperienze pionieristiche come quella di Manuel Garcia, inventore del laringoscopio nel 1854, il Dott. Jorge Perello individua nel 1905 l’anno di nascita della dottrina foniatrica, quando Hermann Gutzmann (figlio del Prof. Albert Gu­tzmann, che insegnava a non udenti) fondò e assunse la cattedra di una nuova specialità incentrata sulla diagnosi e il trattamento dei disturbi della voce, della parola e del linguaggio, presso la Facoltà di Medicina di Berlino; fu il laringologo Jean Tar­naud a coniare il termine “foniatria” nel 1932. Inoltre, lo stesso Tarnaud fondò la Società Fran­cese di Foniatria.

È bene menzionare anche la larin­gologia, che rientra nel campo della riabilita­zione vocale in quanto incentra il suo campo d’azione sulla laringe umana. Nel 1921, sempre in Germa­nia, l’Unione di Laringologia si unì alla la Società di Otologia (precisiamo che l’otologia è la scienza medica che tratta dei disturbi della sfera uditiva), dando vita all’otorino-laringologia e riu­nendo due campi che fino a quel momento erano scissi.

La logopedia compare nello stesso pe­riodo: è una branca della medicina che si occupa dell’educazione, rieducazione e prevenzione delle patologie vocali e del linguaggio sia scritto che orale. La Società Internazionale di Logopedia e Foniatria nacque nel 1926. La foniatria ha recente­mente spaziato anche in campo prettamente arti­stico a supporto dei cantanti, per tutelarne la salute e, conseguentemente, le capacità espressive. Cerca di spiegare la connessione tra l’emissione di un suono qualificato da specifiche proprietà e la forma dell’apparato che lo ori­gina, indivi­duandone le potenzialità (in effetti, le caratteristiche di una voce dipendono anche da pa­rametri quali la lunghezza, spessore e forma delle corde vocali; in base alla conforma­zione di fa­ringe, la­ringe, cavità nasale e bocca, che fungono da casse armoniche o di riso­nanza, otteniamo un tim­bro, unico e diseguale in ogni individuo); inoltre, come l’otorino-larin­goiatra, il foniatra osserva le corde vocali, valutandone l’assenza di patologie.

La scienza della voce offre un valido soste­gno per gli stu­denti e i professionisti: il foniatra può indagare la fisiologia in un’ottica artistica, gui­dando alla sua comprensione e giustificazione scientifica, eventualmente affiancando i didatti, ma non deve né può sostituirsi a essi. Comun­que, la cognizione degli organi che partecipano alla pro­du­zione di fo­nemi è indiscutibilmente capi­tale per il cantante per conoscere ergo gestire lo strumento con cui lavora e preser­varlo da traumi. Dall’Ottocento in poi abbiamo trattati di canto in cui è consuetudine dedicare una sezione all’anatomia dell’apparato fonatorio, ma, come in passato, abbiamo ancora anche testi di natura medico-scientifica intrisi di musica, in cui pare che sia essa stessa a risolvere questioni scientifiche inspiegabili.

Il rapporto fra medicina e canto è biunivoco e circolare: se, come precedentemente asserito, l’anatomia completa lo studio della tecnica canora, il prodotto di tali sforzi, cioè una voce educata, diviene un’essenza ricca di potenziale. Il medico dell’anima di cui parla Ficino in epoca rinascimentale.

Minichini: l’attenzione estetica di un medico alla sfera canora nel XIX secolo

Nel terzo volume degli Elementi di fisiologia (Napoli, 1828), Domenico Minichini, docente di medicina nonché medico ordinario all’Ospedale degli Incurabili, si rifà alla tradizione aristotelico-galenica e propone un compendio di fisiologia umana che comprende anche riflessioni legate all’ambito musicale vocale:

Si dà il nome di canto alla voce modulata, ovvero composta di suono misurati con la dovuta regolarità su’ diversi gradi della scala diatonica. Primieramente il canto suppone la voce, ma quello però è formato da suoni apprezzabili di cui l’orecchio distingue facilmente gl’intervalli, e perciò la voce del canto differisce da quella del grido e della parola, i di cui suoni sono inapprezzabili.

Il canto è un modo di porgere la voce con garbo, producendo sonorità esteticamente gradevoli; l’emissione educata, però, presuppone non poco impegno da parte del cantore:

 

Or l’azione del canto esige un maggior numero di sforzi e di movimenti negli organi della respirazione, perché i due atti della stessa (cioè le inspirazioni e l’espirazioni), giusta le regole dell’arte, si debbono accelerare, prolungare o rallentare.

Minichini afferma che il canto sia più impegnativo del parlato: la particolare azione della laringe aiuta a produrre un suono impostato, mentre gli organi del “tubo vocale” entrano in gioco per quanto riguarda l’articolazione (in quanto anche il canto, come un normale discorso, è improntato su un messaggio da comunicare e un testo da declamare). È inoltre capitale ascoltarsi per essere sicuri di offrire agli ascoltatori una performance di qualità: «il canto è proprio dell’uomo socievole ed al par della parola suppone anche l’esistenza dell’udito ed un certo sviluppo dell’intelletto». Minichini identifica nel canto la medesima razionalità che distingue l’uomo dagli animali: la centralità della volontà e la necessità di una innegabile rigorosa impostazione ci differenziano, ad esempio, dall’uccello il cui verso è sì un dolce canto, ma non è accostabile al frutto dello studio e del duro lavoro di un cantante.

Ogni individuo, poi, è un universo di emozioni a sé stante e, come riconosciuto da parte della foniatria odierna nonché dalla tradizione aristotelica del suono, la corporeità è un elemento centrale, che determina voci differenti; secondo l’autore, l’estensione, il volume e la classe vocale sono alcuni degli elementi strettamente connessi alla conformazione e «disposizione organica più o meno favorevole» della laringe.

Avuto riguardo dell’estensione, nel canto una voce ordinaria abbraccia nove tuoni tra il più grave ed il più acuto, ma la voce umana più estesa non può formare che due ottave. Considerata la voce del canto pel lato della intensità, si hanno le voci forti e le deboli. Relativamente al tuono, le voci del canto si distinguono in gravi ed in acute e la differenza delle une alle altre è di circa un’ottava. […] In generale le voci gravi appartengono agli uomini fatti e questi, per formare i suoni acuti, prendono il cosiddetto falsetto. Le voci acute spettano propriamente alle donne, ai ragazzi ed agli eunuchi.

In generale, le parole di Minichini sono intrise di estetica, preminentemente vicina alla sensibilità vocale della tecnica canora ottocentesca, dissimile da quella che ha caratterizzato quelle dei secoli precedenti e i relativi repertori nonché risultati sonori attesi. Tuttavia, sulla scia degli studi aristotelici e galenici, che costituiscono la base della medicina rinascimentale, nel XIX secolo ci troviamo dinnanzi ad un medico che invita a cantare seguendo la propria natura, non solo per dilettare, ma anche in quanto «il canto è il mezzo più adatto per esprimere vivamente le diverse passioni dell’animo»; in altre parole, il canto è il miglior mezzo che possediamo per trasmettere emozioni e raccontare il nostro mondo interiore. Il canto è immagine dell’uomo.

BIBLIOGRAFIA

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