L’Ape musicale

rivista di musica, arti, cultura

 

Il dittico delle peccatrici

 di Andrea R. G. Pedrotti

Emozionante accostamento, per Lirica in Piazza a Massa Marittima, fra i drammi, musicati da due compositori toscani, di due donne sole additate come peccatrici dalla società e dalla religione: la pucciniana Suor Angelica e Cavalleria rusticana di Mascagni.

Massa Marittima, 5 agosto 2018 - Il festival lirico 2018 di Massa Marittima si è concluso domenica 5 agosto, con il dittico composto da Suor Angelica di Giacomo Puccini e Cavalleria rusticana di Pietro Mascagni.

La scelta di proporre questo abbinamento ha un senso drammaturgico, poiché si tratta di due vicende narranti entrambe la storia di due donne che hanno ceduto al peccato ritrovandosi entrambe a fare i conti con equilibri sociali e, soprattutto, religiosi, che porteranno la prima alla morte, la seconda alla rovina sociale.

Suor Angelica (opera scritta da un compositore della Versilia) si ritrova rappresentata in piena Maremma, nei pressi dell'antico porto senese (e nei dintorni di Siena si immagina la vicenda), posta in scena da un'impresa teatrale romana, come romano fu il teatro che ospitò la prima assoluta.

Quello musicato da Giacomo Puccini è un dramma tutto al femminile, quasi una cantata della protagonista, con l'inserimento di un intermezzo (drammatico, con musicale) della gelida Zia Principessa, la quale, con la ferale notizia della morte del figlio della nipote, accende la scintilla sul detonatore della tragedia, conducendo Angelica al suicidio.

La scena è fissa (e sarà strutturalmente la medesima anche per Cavalleria rusticana), in tinta con gli edifici della piazza massese. Visivamente sicuramente l'effetto è coinvolgente, anche grazie alla presenza della cattedrale che completa naturalmente l'intera scenografia.

Nel finale, da una scala sul fondo, al momento del trapasso di Suor Angelica, si accende una luce biancastra, quasi accecante e, dai gradini, si vede scendere il figlio della donna morente, pronto a ricongiungersi alla madre nell'istante estremo.

Bene la protagonista Maria Tomassi che trasmette con bel fraseggio la drammaticità del personaggio, specialmente nell'aria conclusiva. 

Accanto a lei ritroviamo l'unico personaggio in abiti non monacali, ma con un lungo vestito di velluto amaranto, ossia la Zia Principessa, interpretata da Vessela Yaneva, la quale ben trasmette la fredda, insensibile intransigenza della crudele donna.

Bene anche tutti i ruoli minori (scelti all'interno del coro dell'impresa Europa Musica): Daniela My (La Badessa), Nicoletta Turliu (La suora Zelatrice), Arianna Castelli (La maestra delle Novizie), Oksana Maltseva (Suor Genovieffa), Aurora Tarantola (Suor Osmina) Guendalina Casa (Suor Dolcina), Emanuela Giudice (La suora infermiera), Eleonora Leonori (I cercatrice), Alessandra Olivero (II cercatrice), Dayana D'alusio (I conversa), Giulia Lazzari (II conversa) e Oxana Nagornova (Una novizia).

Anche il titolo successivo, Cavalleria rusticana, ruota attorno alla figura femminile e al tradimento. Ripensando alla Carmen vista la sera prima, potremmo individuare dei parallelismi caratteriali fra la protagonista dell'opera di Bizet e Lola e fra Micaela e Santuzza, entrambe pure nell'animo.

Il momento più commovente è stato certamente il pianissimo del duetto “Tu qui Santuzza”, proprio nel momento in qui la donna pronuncia le parole “No, no, Turiddu, rimani ancora. Abbandonarmi dunque tu vuoi?” e “La tua Santuzza piange e t'implora; come cacciarla così tu puoi?”

Questo, a parer nostro, è il momento più struggente dell'opera di Mascagni e, se la si ascolta con attenzione, è la melodia di questi pochi versi, con orchestrazione variabile, a echeggiare fin dal preludio. Il filo conduttore è, quindi, la sofferenza di una donna tradita e condotta al peccato da un uomo che si era approfittato della sua debolezza portandola alla rovina. Non riusciamo assolutamente a immaginare che Turiddu non provi affetto nei confronti di Santuzza, che, seppur impura per la cultura del borgo, con quel pianissimo, quella voce spezzata è dirompente nella sua umanità. Con Lola è sesso, solo sesso, ma Santuzza ha qualcosa di più e affronta con coraggio una supplica che dovrebbe esser ancor più umiliante per Turiddu che aveva lasciato andare colpevolmente la dolce passione della donna, per cedere all'effimera pulsione erotica di Lola.

Diamo merito alla protagonista, Anna Sanachina, proprio per la bella esecuzione di questo struggente momento focale dell'opera. Ben si comportano anche l'Alfio di Carmine Monaco d'Ambrosia, la Lola di Monica Cucca e la Lucia di Daniela My. Più interlocutoria la prova di Gianluca Zampieri, nei panni di Turiddu.

Regia sostanzialmente tradizionale, al pari dei costumi, fra cui si distingue lo sgargiante e variopinto abito di Lola. 

La concertazione di Claudio Maria Micheli è capace di cogliere drammaticità e sfumature differenti in entrambi i titoli. Le sezioni sono ben coese (specialmente in Suor Angelica), garantendo un risultato musicale positivo. Bene anche il coro.

La regia di entrambi gli spettacoli era affidata a Marcello Lippi


 

 

 
 
 

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