L’Ape musicale

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La tragedia del terzo atto

Possiamo dunque ben sostenere che il terzo atto non rappresenta la geniale conclusione posta dopo due atti piuttosto convenzionali, bensì ακμη̃, apice e risoluzione ideale dei precedenti, che contengono in nuce tutti gli elementi che troveranno qui naturale e completa espressione drammatica. Bisogna pure considerare un totale fraintendimento la diffusa opinione che sancisce l'assoluta, isolata superiorità del terzo atto inteso come il più vicino a Shakespeare: nel suo pur fondamentale Il teatro di Rossini anche D'Amico incorre in questa convinzione, smentita, se non altro, dall’identificazione delle fonti dirette del libretto. I parallelismi con il testo inglese non sono in questo punto affatto rilevanti, mentre del tutto identico a quello di Berio è lo schema adottato da Ducis, che apre il quinto atto con un dialogo fra Hédelmone (Desdemona) ed Hermance (Emilia), seguito dalla Canzone del salice e da una preghiera, quindi abbiamo il monologo di Othello, il suo scontro con Hédelmone (molto più arrendevole che nell'opera) e l'uxoricidio, infine sopraggiungono Hermance, Lorédan (Rodrigo), Odalbert (Elmiro) e Moncénigo (Doge) che annunciano il perdono e svelano le trame di Jago. L'intervento del Gondoliero è invece plausibilmente ispirato al dramma di Giovanni Carlo Cosenza, nel quale Desdemona ode delle voci esterne:

Figlia salviamoci...il cielo ne minaccia la morte.16

Così sempre in Cosenza troviamo l'unica versione che preveda la risoluzione positiva (Otello scopre che Rodrigo è in realtà fratello di Desdemona) non solo come finale alternativo. Il testo drammatico di Otello sottintende numerose fonti, tuttavia, o forse proprio per questo, si tratta di un lavoro autonomo ed originale. Stendhal riconosce al moro lo status di mito, sostenendo che

Ciò che salva l'Otello di Rossini è ancor sempre il ricordo di quello di Shakespeare. Questo grande poeta ha fatto di Otello un personaggio storico e reale quanto Cesare e Temistocle. Il nome di Otello è sinonimo di gelosia passionale, come quello di Alessandro di coraggio indomito17

dunque, rispetto al libretto giudicato indegno del marchese Berio,

rifacciamo noi stessi il libretto.18

Com'era nella tragedia greca, cioè, il pubblico conosce già lo sviluppo e l'esito della vicenda, che è una di quelle «trame tradizionali» che secondo Aristotele «non si possono disfare»: Otello non può non uccidere Desdemona così come Clitennestra deve morire per mano di Oreste. Posto questo dato indiscusso si deve però considerare l'ambiguità dialettica dell'essenza del mito. Mύθος(Mythos) è letteralmente il racconto, il linguaggio, e, come il linguaggio, la sua eternità risiede proprio nella sua infinita varietà. Così non si può accusare l'Otello di Rossini di infedeltà a Shakespeare, né riconoscerne la forza nel ricordo della tragedia inglese. Viene rispettato il μύθος originale, ma in un'ottica diversa; in particolare la costruzione musicale del dramma ne sublima il carattere mitico con un'analisi critica e spietata delle passioni, che non emergono nella loro forza dirompente, ma sono osservate dall'esterno nel loro sviluppo dialettico. Ciò non vuol dire che in Otello Rossini neghi l'emozione, semplicemente l'illusione imperfetta della scena non si fa portatrice della passione reale, non si fa carico di rappresentarla così come si presenta nella vita attraverso l'arte, che è sì specchio del reale, ma uno specchio critico, deformante, che scarnifica le passioni per mostrarne l'essenza più nascosta. Il melodramma è la forma teatrale meno vicina al vero, ed è dunque quella che più d'ogni altra permette quello scarto dalla norma che caratterizza l'universale ed il sublime, cioè il mito. Rossini realizzò costruzioni drammaturgiche di cristallina perfezione dove la componente psicologica emerge in partitura con un nitore e una profondità impressionanti, ma sempre filtrati attraverso lo sguardo clinico e disincantato dell'autore.

Così come Desdemona definisce il suo status eroico, la tragedia rossiniana giunge alla completa realizzazione attraverso gli aspetti coesistenti e paralleli dell'autentica, innegabile, intensità drammatica e della sua disincantata negazione critica che anticipa la riflessione brechtiana (che però fu assolutamente politica): lo stesso termine tedesco Verfremdung utilizzato da Brecht e tradotto normalmente come straniamento indica anche l'alienazione, richiamando dunque alla dialettica hegeliana, sia al distacco tragico rossiniano, che per affermare il dramma come mito deve necessariamente crearlo e saperlo osservare criticamente dall’esterno.

In questo senso andrebbe interpretata la definizione di «Opera Clasica» che Rossini stesso diede dell’Otello in due lettere alla madre19. Definizione tanto più importante in quanto rilasciata da un artista assai parco di dichiarazioni di poetica in un’epoca che, invece, ne era avida e prodiga in egual misura. Non stupisce, dunque, che il compositore che dominò l’Europa ottenendo un successo, anche economico, che ha ben pochi termini di paragone nella storia della musica, amato o criticato, raramente sia stato compreso ed interpretato in maniera univoca, rivelando invece un’ambiguità che egli stesso, in qualche modo, con le se dichiarazioni frammentarie e aforistiche, talvolta sfuggenti o apparentemente contraddittorie.20 Ma proprio nel confine sottilissimo fra distacco ironico ed intensità tragica, fra l’avversione per le innovazioni del restauratore del belcanto21 e la composizione della Bibbia del melodramma romantico e l'anticipazione di poetiche novecentesche consiste il fascino, l'inestinguibile ricchezza del teatro rossiniano. Di un teatro che appagava le aspettative del pubblico, anzi, ne creava i gusti, pure guardando lontano, gettando ponti verso un futuro rifiutato e divinato con geniale inconsapevolezza.

Wagner non fu certo persona conciliante, facile all'apprezzamento verso rivali così ingombranti, nonché lontanissimo come stile e mentalità; perciò il breve dialogo con Rossini riportato dal Michotte assume un particolare valore:

Rossini: Cosicché anch'io avrei fatto della musica dell'avvenire senza saperlo?

Wagner: Voi avete fatto, maestro, della musica di tutti i tempi, ed è la migliore... 22

La definizione di Wagner è perfetta (anche se in Oper und Drama sosterrà più o meno il contrario): musica di tutti i tempi. Altrettanto significativo il «senza saperlo» di Rossini: il suo non è un genio inconsapevole, è un genio lucido e cosciente di sé, e forse anche da questo dipendono le sue nevrosi, il suo carattere ambiguo, istrionico e brillante, ma anche umbratile ed introverso. Si può ragionevolmente supporre che non avesse la benché minima volontà di comporre musica dell'avvenire, ma pure ne comprese il valore e, in un certo qual modo, la portata storica. Che poi questa sarebbe stata ritrovata e riscoperta nella consapevolezza di centocinquant'anni di evoluzione delle poetiche teatrali è prova miracolosa dell'altezza di un genio che Wagner, cercando di non darlo troppo a vedere, riconobbe. Lo stesso artista tedesco, d'altra parte, come narra anche Svevo, aveva visto la sua musica rifiutata dall'idolatrato Schopenhauer, il quale «riteneva che la musica del Rossini fosse quella che si acconciasse meglio alla sua filosofia. Egli intanto per suo conto non voleva che quella.»23 Ciò non stupisce se si confronta una delle rarissime dichiarazioni rossiniane di poetica (riportata da Zanolini nel 1836), che torniamo a citare:

La musica è una sublime arte proprio perché, non avendo i mezzi per imitare il vero, si innalza al di là della natura comune in un mondo ideale, e con la celeste armonia commuove le passioni terrene. La musica, vi ripeto, è tutta ideale, non è arte imitativa.24

con la teoria del tedesco:

La musica (...) è staccata da tutte le altre [arti]. In lei non conosciamo l'immagine, la riproduzione d'una qualsiasi idea degli esseri che sono al mondo; epperché ell'è una sì grande e sublime arte, sì potentemente agisce sull'intimo dell'uomo, sì e appieno e a fondo vien da questo compresa, quasi lingua universale più limpida dello stesso testo intuitivo.25

Schopenhauer aiuta ad evitare il fraintendimento di un Rossini esclusivamente olimpico classicista, sottolineando come invece questo ribaltamento della critica platonica all'arte liberi la musica da pretese mimetiche o dalla poetica degli affetti (che scardinerà nel gioco sublime dei «Mi lagnerò tacendo»), facendone invece strumento drammaturgico perfetto di straniamento ed espressione drammatica, tant'è vero che se avevamo riconosciuto nella tempesta ed in alcuni elementi esterni l'oggettivazione del dramma psicologico, dobbiamo ammettere che in questo terzo atto di Otello si concretizza una comunione assoluta, ai limiti della dissoluzione, fra il personaggio e la natura. Una comunione che supera la poetica romantica della natura sublime come emblema dello stato d'animo: non è una rappresentazione del dramma nella natura, ma si tratta di una natura che è dramma, partecipa ad esso e non potrebbe esistere senza.

La miglior conclusione, citando ancora Zanolini, potrà allora essere quella che è forse la più celebre dichiarazione di poetica attribuita a Rossini:

[…]mentre le parole e gli atti descrivono le più minute particolarità degli affetti, la musica si propone un fine più elevato, più ampio, più astratto. La musica allora è, direi quasi, l’atmosfera morale che riempie il luogo, in cui i personaggi del dramma rappresentano l’azione. esprime il destino che li persegue, la speranza che li anima, l’allegrezza che li circonda, la felicità che li attende, l’abisso in cui sono per cadere; e tutto ciò in un modo indefinito, ma così attraente e penetrante, che non possono rendere gli atti, né le parole.26

A prima vista si potrebbe intendere questa concezione dell’arte in senso neoclassico - illuminista, ma a uno sguardo più attento appare evidente che il mondo dischiuso negli ideali di destino, speranza, allegrezza, felicità ed abisso esprima nel modo più profondo e complesso il divino e indefinito (in senso leopardiano) potere della musica, che mai come in questo caso si trova a rispondere perfettamente all’anelito romantico, e non solo, di una musica pura ed assoluta.


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