L’Ape musicale

rivista di musica, arti, cultura

 

Indice articoli

palazzo d'Accursio nel XVIII secolo

Bernacchi e i castrati

I castrati furono figure di primo piano nel teatro in musica fino al 1800. L’origine dei castrati non è mai stata ben chiarita. Si sa che essi esistevano già nell’antichità, utilizzati come guardie negli harem o addetti al culto divino, molti di loro probabilmente furono dei cantanti. Tuttavia non si sa con esattezza quando si iniziò a castrare i bambini per mantenere la loro voce edutilizzarli come cantori.

Secondo gli storici, la pratica della castrazione, alla fine del Cinquecento, fu una conseguenza della proibizione di Papa Sisto V alle donne di esibirsi durante le funzioni liturgiche, ritenendo che S. Paolo avesse espressamente proibito alle donne di cantare in chiesa con le parole “mulieres in ecclesiis taceant” nella prima lettera ai Corinzi. Per questo motivo, quando era necessario l’utilizzo di voci acute, dovevano essere impiegati bambini, falsettisti o evirati. Questi ultimi meglio corrispondevano all’idea di canto “divino”, apparendo nella casa di Dio come angeli cantori. Si calcola che tra il 1770 e il 1780 vi fossero nelle chiese di Roma più di duecento evirati.

La castrazione avveniva in diverse città d’Italia, seppure rimaneva una pratica clandestina e sempre giustificata dai chirurghi e dalle famiglie come neutralizzazione di un trauma (caduta da cavallo, morsi, malattie), per non rischiare di andare incontro alle severe pene dell’epoca per chi la praticava. Operavano i barbieri di Napoli e della Puglia, i dottori di Bologna, all’epoca considerati i migliori della Penisola, non solo per questa pratica ma per qualsiasi intervento chirurgico, e i norcini. I bambini erano operati in condizioni igieniche oggi impensabili, con una mortalità elevatissima, tutti tra gli otto e i dieci anni. L’età limite era dodici anni. Molti di loro non riuscivano nel canto, o per mancanza di disciplina nello studio o perché la voce era comunque rimasta sgraziata. Solo un'esigua percentuale arrivava al successo.

Fra questi si distinse il bolognese Antonio Maria Bernacchi (Bologna 1685 - ivi 1756), allievo del Pistocchi (palermitano trasferitosi nella città petroniana come Accademico Filarmonico), virtuoso soprannominato il re dei cantanti. Intrattenne un fitto epistolario con il Metastasio e, dopo un'illustre carriera internazionale, fu docente di canto fra i più rinomati d'Europa, maestro del tenore Anton Raaf (primo Idomeneo mozartiano) e del castrato Giovan Battista Mancini, a sua volta illustre e influente teorico della vocalità.

Le opinioni dell’epoca a proposito dei castrati erano spesso discordanti. Goethe ne era così entusiasta da giungere a sostenere la loro superiorità sulle cantanti in qualsiasi tipo di rappresentazione. Johann Wilhelm von Archenholz, invece, parla di “orribili mutilazioni, ritenute così necessarie al nostro teatro d’opera. È, in generale, gente del più misero stato che offre i propri figli per una simile operazione”. I cantanti evirati col tempo iniziarono a perdere popolarità, proprio come una moda ormai superata. L'estetica che li aveva visti trionfare andava tramontando, mentre si affermava una tendenza a evitare il più possibile l'abiguità di genere, senza contare il crescente sdegno che la mutilazione suscitava in una società che aveva sancito la prima Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo. Con Napoleone la pratica della castrazione fu ufficialmente vietata e, dopo circa due secoli di successo, gli evirati cantori uscirono definitivamente di scena.


 

 

 
 
 

Utilizziamo i cookie sul nostro sito Web. Alcuni di essi sono essenziali per il funzionamento del sito, mentre altri ci aiutano a migliorare questo sito e l'esperienza dell'utente (cookie di tracciamento). Puoi decidere tu stesso se consentire o meno i cookie. Ti preghiamo di notare che se li rifiuti, potresti non essere in grado di utilizzare tutte le funzionalità del sito.