Il mio Leporello a Salisburgo
di Luigi Raso
Abbiamo raggiunto telefonicamente, il 20 luglio, il baritono Vito Priante durante le prove musicali di Don Giovanni, l’opera che a Salisburgo inaugurerà il Festival del centenario, celebrato in grande stile, pur con un anno di ritardo, dopo l’edizione in forma “ridotta” del 2020 a causa della pandemia.
La nuova produzione di Don Giovanni, diretta da Teodor Currentzis alla testa dell’orchestra MusicAeterna e con regia, scene, costumi e luci firmate da Romeo Castellucci, debutterà il prossimo 26 aprile al Großes Festspielhaus; è una delle produzioni più attese del ricco e prestigioso cartellone del Festival estivo 2021.
Vito Priante, baritono italiano con carriera ventennale alle spalle, sarà Leporello.
Durante questa conversazione, aliena da seriosità e sviluppatasi a ruota libera, gli abbiamo chiesto qualche anticipazione sullo spettacolo, su Leporello, su Mozart e sul mondo dell’opera di oggi e di domani.
Partiamo dal presente. Ti trovi a Salisburgo per una nuova e attesa produzione di Don Giovanni al Großes Festspielhaus, diretta da Teodor Currentzis. Lo spettacolo è firmato da Romeo Castellucci.
Ci puoi anticipare qualcosa su questo spettacolo che debutterà tra pochi giorni, il 26 luglio?
Buona sera! Vi anticipo qualcosa volentieri. È uno spettacolo che definirei “unico e sorprendente”; sicuramente farà discutere, così come altri spettacoli di cui si fa esperienza nei teatri di area germanica piuttosto che in Italia.Diciamo che si contraddistingue per alcune scelte coraggiose, come, ad esempio, mettere in scena 150 (sic! Proprio 150!) comparse femminili: in tempi di pandemia un bell’azzardo sicuramente! 150 donne che rappresentano l’universo femminile nella sua interezza. Si vedranno serie di quadri e immagini, dei tableaux vivants, che sebbene si discostino da una rappresentazione “rassicurante” di Don Giovanni creano senza dubbio effetti scenografici e registici molto suggestivi.
Tu hai già lavorato con Teodor Currentzis, incidendo a Perm' proprio Don Giovanni (Ed. Sony): come ci si approccia all’opera con Currentzis, l’enfant terrible della direzione d’orchestra contemporanea? Ci puoi svelare qualcosa sul suo modo certosino di concertare, dell’ambiente di Perm' e di come state preparando lo spettacolo qui a Salisburgo?
Currentizs è davvero un enfant terrible, un direttore quasi indomabile. La sua direzione è una esplosione di passioni indomite, di istinti e pulsazioni irrefrenabili e di colori iperbolici e parossistici. A volte si ha l’impressione di fare un giro sulle “montagne russe”, in questo caso specifico l’espressione non è proprio figurata! Perm' è un posto fuori dal tempo e dallo spazio, almeno al di fuori dello spazio occidentale. Lì si fanno lunghissime sedute di prova e registrazione, in cui si analizza chirurgicamente la partitura e si cerca di raggiungere la forma perfetta. Da una parte, posso dire che è un lavoro estenuante, quasi ossessivo; ma, dall’altra parte, si tratta di un’esperienza indubbiamente innovativa, anche dal punto di vista teatrale.
A Salisburgo vestirai i panni di Leporello, una parte che hai affrontato in teatro innumerevoli volte. Per te chi è Leporello?
Per me Leporello è niente di più e niente di meno che un personaggio della Commedia dell’arte; in particolare, lo vedo come un personaggio tratto dalla Commedia dell’arte napoletana. D’altronde, la trama stessa del Don Giovanni di Tirso di Molina muove le prime mosse da Napoli, con Don Giovanni che scappa dalla città dopo aver sedotto Isabella e si rifugia in Spagna. Lo stesso mito teatrale di Don Giovanni è diventato famoso grazie alla Commedia dell’arte italiana.
Intendo il personaggio di Leporello come una sorta di Pulcinella: trovo anche una certa assonanza tra Leporello e Pulcinella. Hanno dei caratteri molti simili, come, ad esempio, quello del servo irriverente, dissacrante e pigro. Leporello, come Pulcinella, è un giullare. Secondo me, è l’unico personaggio che Don Giovanni apprezza: lo diverte e lo apprezza. In fondo tutti abbiamo bisogno di un po’ di divertimento. Penso che questa visione di Leporello nasca anche dal fatto che io sono napoletano: nella musica affidatagli c’è molta napoletanità, che percepisco anche nella musica di Don Giovanni: mi vengono in mente le tarantelle, la serenata, presenti in partitura.
E per il regista Romeo Castellucci, in questa produzione, chi è Leporello? Ci puoi dare qualche anticipazione su questo Leporello salisburghese?
Nello spettacolo di Castellucci, Leporello è un personaggio che completa Don Giovanni, insieme formano una coppia inscindibile. Leporello è affascinato da Don Giovanni e ne è dominato. Leporello, in fondo, vorrebbe essere come Don Giovanni.
Tu hai cantato anche nelle vesti di Don Giovanni (a Tokyo, alla NHK, nel 2017 diretto da Paavo Järvi, successivamente, nel 2019, a Sofia con la regia d Hugo de Ana): quali sono le differenze, nella vocalità e nell’interpretazione, che secondo te devono necessariamente emergere tra i due personaggi?
Quanto a scrittura vocale sono parti diversissime: quella di Don Giovanni è molto basata sul legato; quella di Leporello è più brillante, incisiva, oserei dire, “saltellante”. Don Giovanni ha una tessitura molto più acuta e tesa rispetto a quella di Leporello.
L’elemento che non deve mancare per entrambi è la versatilità: Leporello passa dal cantare dal carattere comico a quello ribelle; Don Giovanni passa con disinvoltura dal serio al faceto.
Facciamo una regressione cronologica. Tu hai già cantato a Salisburgo nel 2007 e 2009 nell’Armida di Haydn diretta da Ivor Bolton e nel 2010 nella Betulia Liberata di Mozart diretta da Muti. Hai frequentato per molti anni il repertorio settecentesco. Ci racconti brevemente qual è stato il tuo percorso artistico?
La mia carriera di cantante è iniziata come corista aggiunto nei cori dell’Accademia di Santa Cecilia e del Teatro San Carlo di Napoli; poi, nel 2001, ho vinto il concorso per artista del coro al teatro del Maggio Musicale Fiorentino, all’epoca diretto dal Maestro José Luis Basso.
L’incontro con la musica del ‘700 è avvenuto grazie al Maestro Antonio Florio e la sua Cappella della Pietà de' Turchini; in seguito è stato determinante l’incontro con il maestro Alan Curtis, il quale purtroppo ci ha lasciati nel 2015: mi ha aperto le porte del repertorio barocco e dei teatri più prestigiosi, portandomi a consolidare un’esperienza musicale e teatrale che ha costituito una solida base artistica e musicale per i miei impegni futuri. Sicuramente la figura di Alan Curtis mi ha protetto da incursioni in repertori più rischiosi, i quali, per la salute vocale di un giovane cantante qual ero all’epoca, sarebbero potute rivelarsi dannose.
Affrontando il repertorio settecentesco, mi sono concentrato sull’attenzione al testo, anche del recitativo, conservando i miei mezzi vocali, rinviando al futuro, quando mi sono sentito pronto, lo studio e il debutto in parti più impegnative vocalmente.
Alan Curtis, per me, è stato un mentore; gli sono e sarò infinitamente riconoscente per avermi la dato la possibilità di debuttare - e incidere per etichette prestigiose - in molte opere di Händel, nonché Montezuma di Vivaldi, opera riscoperta di Alan Curtis e che mi è valso, insieme a Il prigioniero di Luigi Dallapiccola proposto al Teatro alla Scala nel 2008, diretto da Daniel Harding e con la regia di Peter Stein, il Premio Abbiati come miglior cantante, insieme alla compianta Daniela Dessì.
Mi hanno spesso offerto - e ho accettato, avendo studiato lingue e letteratura tedesca all’Univeristà “L’Orientale” di Napoli - di cantare parti in tedesco: penso al basso in Die Matthäus-Passion al Musikverein, a Papageno in Die Zauberflöte alla Royal Opera House di Londra e prossimamente Capriccio di Richard Strauss, per una nuova produzione alla Bayerische Staatsoper di Monaco.
In quanto italiano, mi sento particolarmente onorato nel poter cantare Richard Strauss nel teatro della “sua” città... considerata anche la diffidenza che in Germania spesso si nutre nei confronti dei cantanti italiani che intendono affrontare repertori tedesco.
Sulla Bayerische Staatsoper di Monaco vorrei raccontare un aneddoto. Nel 2015 mi trovavo in quel teatro per le prove della Cenerentola di Rossini. Un giorno, arrivando in teatro con congruo anticipo, decisi di andare a salutare le maestranze in palcoscenico mentre erano impegnate nelle prove d’orchestra della nuova produzione de Die Walküre, diretta dal Maestro Kirill Petrenko. La prova era nel bel mezzo del III atto; mi accorsi che sul palcoscenico regnava un’aria di desolazione: il baritono titolare (colui che avrebbe interpretato Wotan) si era ammalato. Ed ecco che, conoscendo la parte di Wotan, proposi a mo’ di scherzo al direttore di palcoscenico di sostituire il baritono titolare ammalatosi per quella sola prova. La proposta fu incredibilmente accolta dal direttore di palcoscenico e così mi ritrovai catapultato in palcoscenico a cantare il Wotans Abschied und Feuerzauber (Addio di Wotan e Incantesimo del Fuoco)! Ricordo bene l’espressione attonita del Maestro Petrenko nel veder cantare in palcoscenico un baritono che non aveva mai visto in precedenza! Tuttavia, il Maestro Petrenko non si scompose e continuò a dirigere, proprio come se niente fosse accaduto! È questo un episodio che ricordo come una delle più intense emozioni provate in teatro!
Ed ora guardiamo al futuro. Dove ti porterà l’evoluzione naturale della tua vocalità? Verso quali nuove parti?
Nella mia carriera ho sempre proceduto per gradi, accompagnando l’evoluzione della naturale della mia voce. Negli ultimi anni ho avuto la possibilità di approfondire il repertorio belcantistico, affrontando molto Rossini - anche al Rossini Opera Festival - e Donizetti (la riscoperta e l’incisione de L'ange de Nisida alla Royal Opera House di Londra, La favorite a Venezia, Monaco e Firenze). Non sarei sincero se non affermassi che il sogno di ogni baritono sia quello di affrontare le grandi parti verdiane. Ho già avuto un primo approccio con Verdi, interpretando Il corsaro al Palau de les Arts Reina Sofía di Valencia; ad ottobre debutterò come Ford alla Bayerische Staatsoper.
La parte che un giorno sogni di poter affrontare? Qual è il tuo sogno nel cassetto o il sogno proibito?
Il sogno nel cassetto? Mi piacerebbe riuscire a dare una interpretazione “alternativa” di alcuni tra i personaggi più fraintesi del repertorio, come, ad esempio, Germont padre, Jago e Don Giovanni stesso: vorrei restituire a questi personaggi quei connotati positivi, offuscati da una prassi interpretativa che non rende loro piena giustizia. Nell’opera, il baritono non è sempre il cattivo, ma è colui che si espone maggiormente, il più tormentato e colui che non ha paura di esternare i propri sentimenti. I miei sogni proibiti? Se devono essere sogni proibiti allora dico Der Fliegende Holländer e Amfortas. Mai limitarsi nei sogni!
Una riflessione. Veniamo tutti dal terribile periodo pandemico, che ha avuto effetti nefasti anche per il mondo dello spettacolo dal vivo: secondo te, il modo di fare opera, di goderne, al di là delle attuali (e speriamo temporanee) norme sul distanziamento, è cambiato?
No, allo stato attuale non credo che la pandemia abbia intaccato, al netto delle restrizioni, il modo di fare opere, così come quello di goderne. Non saranno guerre, pandemie o eventi naturali a modificare radicalmente il mondo dell’opera. L’opera ha spalle grosse!
La pandemia è stata una κρίσις (crisis), quindi implicherà scelte, decisioni, distinzioni: secondo te, può derivare qualcosa di positivo, limitatamente all’opera lirica e ai concerti, da ciò che abbiamo vissuto?
Mi auguro che la crisi porti a una maggiore selezione dei prodotti artistici, privilegiando l’aspetto qualitativo più che quello quantitativo.
Lo streaming musicale, inteso quale trasmissione, in diretta oppure on demand attraverso canali web di spettacoli lirici e concerti, rappresenta un’opportunità o un pericolo per lo spettacolo dal vivo?
Lo streaming può rappresentare un pericolo, in quanto - e se - la realtà virtuale può prendere il sopravvento su quella reale; ciò può accadere anche nel mondo dell’opera. C’è il rischio che si abusi di questo tipo di modalità produzione lirica, a discapito di quella, reale e collaudata, della rappresentazione dal vivo, in teatro, come esperienza condivisa tra tante persone.
Una domanda personale, se mi consenti: a cosa pensi prima di salire su un palcoscenico così prestigioso come quello del Großes Festspielhaus o su quello di un altrettanto blasonato teatro?
Semplicemente provo a non pensarci, altrimenti le emozioni prenderebbero il sopravvento! Mi concentro su un unico pensiero o su me stesso. Cerco di astrarmi dal teatro in cui sto, che è più importante, per storia e prestigio, delle mia persona.
Sei a Salisburgo, a “casa” di Mozart. Quanto è attuale la sua musica e il suo messaggio per noi, persone del XXI secolo?
Il messaggio di Mozart è senza tempo; permettimi però una piccola precisazione che tengo ad affermare. Credo che non venga dato lo stesso credito a chi, insieme a Mozart, ha lavorato con una mirabile simbiosi con il grande musicista. Mi riferisco ovviamente, a Lorenzo Da Ponte. Le opere di Mozart, soprattutto quelle della cosiddetta “trilogia italiana”, sono di una genialità irripetibile, ma essa è da attribuire anche ai meravigliosi testi letterari di Lorenzo Da Ponte. Penso all’incipit di "Non so piú cosa son, cosa faccio": la musica di Mozart sorge da quella del testo! Oppure, in "Madamina, il catalogo è questo" già nel solo testo si percepisce la melodia dei versi che Mozart mette in musica. Lorenzo Da Ponte, a mio avviso, ha spianato e accesola genialità musicale di Mozart. Senza Lorenzo Da ponte Don Giovanni non ci sarebbe stato, oppure sarebbe stato molto diverso da quello che noi conosciamo e amiamo. La clemenza di Tito, Idomeneo, pur essendo bellissime opere, non posseggono quella genialità della trilogia italiana. Un’eccezione, a mio avviso, è Die Zauberflöte, su libretto di un attore e scrittore come Emanuel Schikaneder. Mi piacerebbe che anche qui, a Salisburgo, il Don Giovanni non fosse considerato “solo” di Mozart, ma di Mozart e di Lorenzo Da Ponte.
In conclusione, quali saranno i tuoi prossimi impegni dopo il Don Giovanni a Salisburgo e con quale spirito intendi affrontarli, dopo lo stop forzato imposto dalla pandemia?
Come ho detto prima, ad ottobre debutterò come Ford a Monaco di Baviera. A noi cantanti la pandemia ha consentito di godere quella routine, quella normalità di vita che, essendo sempre in giro per il mondo, ci è tendenzialmente preclusa. Ho approfittato dello stop forzato delle attività musicali, per “ricaricarmi” di nuove energie, concentrarmi su me stesso, in modo da affrontare i prossimi impegni con maggiore forza, riflessione e consapevolezza, anche emotiva.
Bene! Dopo questa chiacchierata, non ci resta che farti un caloroso in bocca al lupo in vista del prossimo impegno!
Crepi il lupo e grazie dell’intervista!