L’Ape musicale

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la gazza ladra alla scala

Duecento anni di Gazza ladra, in memoria di Alberto Zedda

Riccardo Chailly riporta La gazza ladra alla Scala

a 200 anni dalla prima

Il capolavoro milanese di Rossini nato alla Scala nel 1817 e mai rappresentato al Piermarini dopo il 1841 torna in un nuovo allestimento con la regia del premio Oscar Gabriele Salvatores e un cast che raccoglie le migliori voci della nuova generazione rossiniana. La prima è dedicata alla memoria di Alberto Zedda.

La gazza ladra: soggetto

La gazza ladra: l'opera in breve

locandina

Riccardo Chailly

Gabriele Salvatores

I cantanti

Marionette Colla

Alberti Francesca acrobata

La gazza ladra, ventunesima opera di Gioachino Rossini, presentata alla Scala con enorme successo il 31 maggio 1817 ma non più rappresentata al Piermarini dal 1841, torna a Milano per otto recite dal 12 aprile al 7 maggio con la direzione di Riccardo Chailly, la regia del Premio Oscar Gabriele Salvatores, scene e costumi di Gian Maurizio Fercioni e un cast che raccoglie le migliori voci della nuova generazione rossiniana: Rosa Feola come Ninetta, Edgardo Rocha come Giannetto, Paolo Bordogna come Fabrizio Vingradito, Alex Esposito come Fernando Villabella, Serena Malfi come Pippo e Teresa Iervolino come Lucia, insieme al Gottardo autorevole di Michele Pertusi. L’omaggio al bicentenario dell’opera si inscrive nel progetto di portare al Piermarini il repertorio italiano nella sua interezza a partire dalle opere che hanno avuto qui la loro prima rappresentazione assoluta.

La collaborazione con la RAI

Prosegue anche in occasione de La gazza ladra la collaborazione tra il Teatro alla Scala e la RAI, che trasmetterà l’opera alla radio, in televisione e nei cinema di tutto il mondo e seguirà la nuova produzione anche con servizi, interviste e approfondimenti.

Informazioni su sale e orari al sito www.all-opera.com

Riccardo Chailly

Direttore Principale del Teatro alla Scala dal gennaio 2015, assume la carica di Direttore Musicale dal gennaio 2017. Il suo debutto alla Scala risale al 1968 con I Masnadieri di Verdi; in seguito ha diretto opere di Rossini, Verdi, Puccini, Prokof’ev e Bartók; con Aida ha inaugurato la Stagione 2006/2007 e con Giovanna d’Arco la Stagione 2015/2016. Il suo impegno con il Teatro milanese negli anni a venire si concentrerà sul repertorio italiano con la prosecuzione del ciclo di opere di Puccini cui si aggiungeranno titoli di Verdi e Donizetti. Nel vastissimo repertorio del Maestro milanese Rossini occupa da sempre un posto particolare fin dalla registrazione del Guglielmo Tell con Mirella Freni e Luciano Pavarotti, cui hanno fatto seguito quella del Barbiere di Siviglia con Marilyn Horne, le due de Il turco in Italia con Montserrat Caballé e con Cecilia Bartoli, de La Cenerentola con Cecilia Bartoli, dello Stabat Mater e della Petite Messe Solennelle. Di particolare interesse i due volumi di Cantate incisi con la Filarmonica della Scala e le Rossini Discoveries con l’Orchestra Verdi. Di Rossini Chailly ha diretto alla Scala, oltre a diversi brani in concerto, Il turco in Italia con la regia di Giancarlo Cobelli e le voci di Mariella Devia e Michele Pertusi nel 1997, Il barbiere di Siviglia con la regia di Alfredo Arias e Sonia Ganassi, Roberto Frontali e Juan Diego Flórez nel 1998 e lo Stabat Mater nel 2008.

Gabriele Salvatores

Vincitore del Premio Oscar per il miglior film straniero nel 1992 con Mediterraneo, Gabriele Salvatores nasce come regista teatrale: diplomato alla scuola del Piccolo Teatro, nel 1972 è tra i fondatori del Teatro dell’Elfo, dove realizza 21 spettacoli tra cui nel 1981 il musical rock tratto dal Sogno di una notte di mezza estate che diviene anche il suo primo lungometraggio. Tra le pellicole principali ricordiamo KamikazenMarrakech ExpressTurnéPuerto EscondidoSudNirvanaDentiIo non ho pauraQuo vadis BabyHappy FamilyEducazione siberiana e Il ragazzo invisibile, il cui successo porterà a un Ragazzo invisibile 2 di prossima uscita. In campo operistico ha curato la regia de La gatta inglese di Henze e de La figlia del reggimento di Donizetti a Bologna e del Cirano di Tutino ad Alessandria.

L’opera

“Il successo fu talmente enorme, il lavoro suscitò un tale furore che ad ogni momento il pubblico in massa s’alzava in piedi per coprire Rossini d’acclamazioni”: così Stendhal, presente alla prima, racconta l’accoglienza dei milanesi per un’opera senza dubbio anomala nella produzione rossiniana. E il successo durò a lungo, se nelle diverse riprese scaligere fino al 1841 la Gazza conta ben 158 rappresentazioni. Dopo gli anni napoletani il compositore era deciso a riconquistare il favore dei milanesi con un lavoro di grande effetto musicale e drammatico, innovativo fin dalla celebre ouverture aperta da due rulli di tamburi militari. Un suono inedito, che scandalizzò i musicisti dell’orchestra (si racconta che un violinista andasse dicendo che bisognava assassinare il compositore; curiosamente analoghi dubbi accolsero in principio la decisione di Toscanini di aprire con la celeberrima ouverture il concerto inaugurale della Scala ricostruita nel 1946), e che preludeva a un racconto i cui le parti comiche cedevano il passo a una vicenda di drammatico realismo: la storia vera di una giovane domestica condannata a morte per il furto di una posata. Il libretto di Giovanni Gherardini, già condirettore del Giornale Italiano, è tratto dal “mélodrame historique” La pie voleuse ou La servante de Palaiseau di Louis-Charles Caigniez e Théodore Baudouin d’Aubigny (1815), a sua volta ispirato dalla tradizione parigina di celebrare ogni anno nella chiesa di Saint-Jean-en-Grève una “Messe de la Pie” in espiazione dell’errore dei giudici del sobborgo di Palaiseau che avevano fatto giustiziare una cameriera per la scomparsa di alcune forchette poi ritrovate nel nido di una gazza. Nella versione di Gherardini e Rossini, il cui titolo originale doveva essere Avviso ai giudici, la polemica contro gli eccessi di una giustizia selvaggia e gli abusi del potere costituito nei confronti di una popolazione indifesa (“uom maturo e magistrato, vi dovreste vergognar”) riprendeva temi fondanti della cultura illuminista lombarda dai tempi di Pietro Verri, Cesare Beccaria e Giuseppe Parini. Riascoltare oggi la Gazza significa anche ripensare allo stereotipo di un Rossini reazionario in termini estetici e politici, peraltro già ampiamente messo in dubbio in sede critica ed esecutiva. Nel saggio contenuto nel programma di sala Emilio Sala ricorda le parole di Giuseppe Mazzini nella sua Filosofia della Musica: “Rossini ha compìto nella musica ciò che il romanticismo ha compìto in letteratura”. Né compositore di Metternich né edonista estraneo al suo tempo, Rossini mostra ben prima del GuglielmoTell e quattro anni dopo il coro patriottico dell’Italiana un volto non certo rivoluzionario, ma politico sì, e soprattutto partecipe delle tensioni culturali che attraversavano l’Europa. Figlio di un entusiasta sostenitore dei francesi, cosmopolita per vocazione e per interesse, Rossini si mostra ancora una volta irriducibile agli schematismi storici e critici e firma con la Gazza un capolavoro in cui confluiscono sensibilità e tradizioni diverse in un progressivo incupirsi del colore drammatico, dalla commedia alla scena del supplizio, fino alla liberazione in extremis, nella migliore tradizione dell’opéra à sauvetage.


 

 

 
 
 

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