L’Ape musicale

rivista di musica, arti, cultura

 

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Riflessioni su Madama Butterfly

di Andrea Cigni

IKIGAI.

“Trovare la ragione per la propria esistenza. Il motivo per cui ci alziamo tutte le mattine, quello che vogliamo realizzare con il nostro tempo, le nostre passioni, la nostra vocazione, il modo in cui contribuiamo a questo mondo, e in definitiva quali sono le nostre intenzioni. Coloro che vivono la vita con estrema passione rischiano, infatti, di esserne consumati sino alla degradazione”.

Ikigai è anche utilizzato per indicare una persona di cui si è profondamente innamorati.

È la traduzione di ragione di vita, ragione di essere.

Il sipario con questo ideogramma ci accoglie in sala. Vorrei dunque proporre una riflessione allo spettatore: qual è il motivo della nostra esistenza e per Butterfly quale è il motivo della propria esistenza. Il motivo che la porterà al detrimento e alla morte. Vorrei che ci si interrogasse su questo concetto e sulla parabola che Butterfly compie nella propria vita fino alla scelta inevitabile del suicidio.

Esistono due mondi in questa Butterfly. Un mondo interno, la casa (con la sua intimità e gli avvenimenti che contiene: come l’atto sessuale di Butterfly e Pinkerton o l’attesa nel dolore della protagonista). Uno esterno, in cui avviene ad esempio il matrimonio e dove si svolge la vita. E ci sono due tempi, uno legato al mondo esterno e all’immediatezza del momento e uno interno alla casa (rappresentato dal trascorrere del tempo e dall’accumulo di oggetti che significano tutto per Cio Cio San). Il fuori è un bosco, un luogo naturale che isola la casa di Butterfly, ogni volta cambia aspetto e prospettiva, quasi a sottolineare l’intento cinematografico della musica di Puccini, come se la scena diventasse lo schermo di un film e l’inquadratura cambiasse continuamente. La casa (il dentro) scompare o diventa secondaria e lontana per lasciare il posto a questo fuori e ritorna nei momenti intimi del dramma. Il matrimonio si svolge in questo luogo aperto. La casa ritorna quando lo zio Bonzo arriva col suo anatema e porta con sé non solo l’intimità tra Butterfly e Pinkerton nella casa, ma anche lo squallore di un posto privo di anima e comunque adatto solo a racchiudere la loro intimità, che si consuma con un atto sessuale che Butterfly vede romantico e Pinkerton vede meccanico e necessario. Lui è pronto al sesso, lei all’amore.

La vicenda si colloca nella contemporaneità, pur mantenendo vivi e visibili alcuni elementi che la tradizione ha cristallizzato nel tempo. La mia Butterfly è adesso. Butterfly vive un sogno che spera potrà cambiare la propria esistenza, ma molto più semplicemente è una prostituta obbligata dalla famiglia, caduta in disgrazia a concedersi e addirittura sposarsi con uno dei ‘clienti’. Il matrimonio (vissuto da Butterfly come un sogno e una speranza) è un momento pieno di crudeltà e ipocrisia. Nessuno si scandalizza del fatto che lei si prostituisca per ‘salvare’ la famiglia dalla miseria, ma la rinnegano per aver scelto di lasciare la propria religione.

C’è un senso di grottesco e di crudeltà nei personaggi di quest’opera. Non voglio rappresentare una Butterfly oleografica e banale, vorrei una Butterfly cruda, vera, reale che crede in qualcosa che non le verrà mai concesso.

Dopo il primo atto in cui viene inscenata la farsa del matrimonio a cui segue il la notte tra Butterfly e Pinkerton, nel secondo atto la casa si è riempita di ricordi: oggetti e immagini del matrimonio stesso e dei pochissimi momenti vissuti insieme da Butterfly e Pinkerton. Butterfly l’ha ridotta a un ‘mausoleo’ di cimeli e icone americani. Lei vive di ricordi, con Suzuki. E vive di presente, con il figlio. Il figlio rappresenta il qui ed ora e il futuro. Lei è ferma nel passato, in un attimo che si è congelato. Yamadori è un ricco, viscido. Pagando può ciò che vuole. Vuole Butterfly (come potrebbe volere altri oggetti) ma lei non desidera altri che Pinkerton da cui ha avuto un figlio. Sharpless non è un buono, è consapevole di tutto e in definitiva non aiuta Butterfly (neanche nel persuaderla subito a non sposarsi, cerca solo di ‘evitare’ i problemi dopo che questi ormai si sono manifestati).

Ikigai come dicevo è il concetto della disintegrazione di sé per una passione, la parola torna alla fine della parabola narrativa di quest’opera.

La notte è il film del suoi ricordi intimi con Pinkerton, il momento per lei più felice della sua esistenza, le immagini più belle e significative dei loro corpi e della loro sintonia. Torna la casa, lo squallore della realtà dopo la notte che non ha portato niente di positivo, solo la bellezza e la malinconia dei ricordi e porta con sé un nuovo giorno con una novità. L’arrivo di Pinkerton con la nuova famiglia riporta la realtà e la tristezza del luogo in cui Butterfly vive.

Ikigai alla fine è ciò che è l’inevitabile destino. La morte. Il sangue. E l’inutile grido di Pinkerton. Alla fine Butterfly è tornata ad essere quella che era e si restituisce così agli altri.

Insieme a lei restano le anime. Ora che anche lei è un’anima. Un respiro.

Credo che oggi si debba ‘pulire’ Butterfly da tutto ciò che erroneamente rappresenta un mondo giapponese di favola (nella dinamica dialogica del principe e della principessa), le ‘mossette’ di una Cio Cio San stilizzata e principessa (una bambolina), che ci porta lontano dalla violenza, dalla crudeltà e dalla tristezza della realtà di questa storia.


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