L’Ape musicale

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NOTE DI REGIA di Stefano Vizioli

Quando mi hanno chiesto di scrivere le note di regia per Werther sono sparite dal vocabolario usuale le parole visione, concezione, interpretazione, un’afasia di lessico mi ha contagiato davanti al foglio bianco, le domande interne invece erano piuttosto altre: riusciremo a farlo? ritorniamo veramente a lavorare dal vivo? e la scena del bacio? e il bacio negato e restituito del terzo atto? e i bambini che giocano? insomma come faccio una regia in periodo Covid? E se mi ammalo durante le prove? Chi un po’ conosce la mia storia registica sa quanto sia fondamentale il contatto fisico, il linguaggio del corpo come veicolo d’espressione del canto, e quanto l’interprete debba considerare il proprio il corpo come il migliore amico, e non l’ostacolo che porta alla letale affermazione “devo cantare quindi non posso muovermi”, ancora troppe volte ripetuta in sede di prove.

Werther è un’opera da me frequentata in verde età come assistente di uno straordinario spettacolo parigino con Kraus, Valentini Terrani e Prêtre, ma essendo anche un appassionato di Goethe vivo la classica contraddizione di chi affronta una musica francese spalmata su un testo romantico tedesco: l’antieroe outsider, contradditorio, il suo rapporto con la natura, la pittura, le donne, l’amicizia, la solitudine, la morte, come è stato poi tutto ciò tradotto in musica da Massenet? Quanto i succhi rivoluzionari e filosofici del carattere tedesco sono stati ammorbiditi nella partitura e in sostanza come è stato trattato musicalmente questo paradigma dell’amore infelice romantico? Massenet nella sua partitura avvolgente e velenosa mette baci e finali consolatori, adolescenti pruriginose ma intuitive e complici, qualche vecchio ubriaco per sparpagliare di umorismo un romanzetto d’amore infelice. Poi ci sono le fonti originali: quel biglietto di Karl Wilhelm Jerusalem ancora conservato a Weimar, dove vengono richieste “le pistole per un lungo viaggio” non solleticano l’aspetto voyeristico, un morboso desiderio di saperne di più? E Lotte Buff protagonista dell’immaginario – ma non tanto – romanzo Lotte a Weimar di Mann chi era veramente? Con Emanuele Sinisi abbiamo immaginato un grande foglio bianco accartocciato in alto da una mano nervosa, un foglio che talvolta accoglie parole che si compongono e scompongono, macchiate da un inchiostro che scola, diventa lagrima o sangue, un tentativo scenografico di rapportarsi allo stile epistolare della fonte originale tedesca, poca attrezzeria e la forza del gesto, un gesto “da periodo Covid”, sperabilmente coerente alla verità dei sentimenti dei personaggi.

Il lavoro con il gruppo Imaginarium completa con immagini evocative in movimento alcuni punti topici della partitura, lo stile asciutto caratterizza i costumi d'epoca di Anna Maria Heinreich, non so cosa verrà fuori con tutti i limiti imposti da questo mortificante periodo, quanta frustrazione, o quale improvvisa fortunata soluzione alternativa, raccogliamo dunque la sfida, è proprio nella difficoltà che vanno colte opportunità e soluzioni meno prevedibili ma spero stimolanti e altrettanto poetiche, ma ho scritto delle note di regia piene di domande e con assai poche risposte.


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