L’Ape musicale

rivista di musica, arti, cultura

 

Idillio ed estro

 di Francesco Bertini

 

Il concerto di Daniele Gatti e della Mahler Chamber Orchestra è una punta di diamante nella stagione trevigiana che ci si augura sia d'ispirazione per successivi sviluppi.

Treviso, 3 febbraio 2016 - Tra prosa, danza, opera, jazz e concerti, il Teatro Comunale di Treviso offre al proprio pubblico una stagione in grado di soddisfare le più disparate attese. In mezzo a tante proposte vi sono alcune punte di diamante che, per nomi e affluenza a teatro, risaltano nella programmazione. Queste serate sono delle vere e proprie epifanie uditive capaci di riscaldare anche gli ascoltatori trevigiani, solitamente frettolosi e distaccati.

È il caso del concerto tenutosi il 3 febbraio nel capoluogo della Marca, prima tappa italiana, cui seguiranno Torino e Reggio Emilia, del terzo ciclo beethoveniano voluto dalla Mahler Chamber Orchestra. A dirigere la Sinfonia n.6 op. 68 in fa maggiore “Pastorale” e la Sinfonia n.7 op. 92 in la maggiore di Ludwig van Beethoven è l’italiano Daniele Gatti che collabora, da qualche anno, con la compagine fondata da Claudio Abbado nel 1997.

Il clima bucolico e la programmaticità evocati dalla Sesta sinfonia trovano riscontro nell’abitudine, in voga già durante il Settecento, di narrare, attraverso musica e parole, precisi ambienti e stati d’animo. Beethoven cerca il connubio di antico e moderno per dar forma, attraverso simboli e metafore, all’elegia rurale in un clima di ordine e stabilità intimamente collegato alla concezione del benessere primordiale. La fuga dal progresso e dalla frenesia urbana trova riscontro nella serenità rustica dove si ravvisa una sorta di culto per il passato e la cultura agreste. Gatti evidenzia le striature romantiche della partitura con un gesto contenuto ma chiarissimo: piccole indicazioni ottenute con mani, braccia, espressioni facciali e fisiche bastano a trasmettere all’orchestra la propria visione del lavoro. Ne emerge una lettura sobria, coerente, personale, attenta ai minimi dettagli, danzante ma non scontata e prevedibile. La risposta della compagine è vibrante, meticolosa, impressionante per qualità fonica e unitarietà.

Il breve intervallo serve da cesura tra l’impalcatura programmatica e idillica della sesta e l’estrosità della successiva sinfonia. Accolta nell’Ottocento come un’opera ai limiti del concepibile, per le possibilità ricettive dell’epoca, la Settima è ancora legata alla definizione wagneriana di “apoteosi della danza” in cui il ritmo esalta l’incandescenza espressiva. In questo caso, l’atteggiamento prettamente poetico di Gatti al cospetto della Pastorale lascia spazio a una fierezza manifestata dalla coinvolgente intensità e dalla fusione delle sue intenzioni interpretative con la resa degli orchestrali. È proprio l’incedere incalzante a stimolare il direttore che scatena la Mahler Chamber in una prova quasi ferina, benché totalmente controllata e rigorosa. Il vortice inaugurato dal primo movimento raggiunge l’apice nel quarto dove l’estrema animazione non manca di rifinire attentamente i vari passaggi. L’ottima preparazione delle varie sezioni dell’orchestra rende l’idea del lavoro certosino operato per raggiungere una tale, elevata, qualità. Gli strumentisti hanno modo di ottenere il massimo grazie ad uno studio affiatatissimo, basti notare l’abbraccio finale che si scambiano i compagni di leggio, e al piacere di far musica assieme riscontrabile nei volti felici durante l’esecuzione.

È auspicabile che l’organizzazione trevigiana segua questa direzione, continuando a ospitare grandi orchestre europee in tour. La risposta del pubblico testimonia l’ampio consenso ottenuto dall’iniziativa, coronata da un’accoglienza effervescente e unanime.

 


 

 

 
 
 

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