L’Ape musicale

rivista di musica, arti, cultura

 

Gli amori asimmetrici

 di Roberta Pedrotti

Bella prova di Pretty Yende e Aya Wakizono in un concerto di duetti variamente amorosi al Rossini Opera Festival. Peccato solo per direzione e orchestra non all'altezza.

PESARO, 14 agosto 2016 - Concerti con orchestra per due voci, soprano e mezzosoprano, a Pesaro. Il ricordo corre a due bellissime serate, Ah! Qual notte, del 2000, con Eva Mei e Daniela Barcellona a dispiegare due esempi di Gran Scena - da Ricciado e Zoraide (per la prima) e Bianca e Falliero (per la seconda) - e proporre l'eloquente confronto fra i finali del Giulietta e Romeo di Vaccai e dei Capuleti e i Montecchi di Bellini, su medesimo libretto di Felice Romani, in due parti introdotte da sinfonie, di Ermione e Poliuto, caratterizzante dall'intervento del coro. Tutto introdotto da una delle più belle conferenze del grande Bruno Cagli, ad approfondire i fili conduttori del programma con la sagace sapienza che gli è propria.

Oggi, un nuovo concerto a due voci vede protagoniste Pretty Yende e Aya Wakizono, il tema annunciato è quello dei Duetti amorosi, ma si tratta di un tema trabocchetto che solleva, in realtà, la questione dei duetti “sbagliati”, ricorrente nel teatro rossiniano. Ne abbiamo esempi perfettissimi in tutti gli incontri fra Elena e Giacomo nella Donna del lago in scena in questi giorni al Rof, nonché in “Serbami ognor sì fido” da Semiramide: due personaggi che cantano insieme d'amore, ma non reciproco, benché la musica insinui sovente l'ambiguità dei sentimenti. È il caso anche del bellissimo “Ebben per mia memoria” presentato in questo programma: nella Gazza ladra, benché la relazione indiscussa sia fra Giannetto e Ninetta, non sarà tanto il loro duetto il più sentito, quanto quello affettuoso e tenero come non mai fra la fanciulla e il fedele amico Pippo, che a differenza del fidanzato ufficiale mai non dubita dell'innocenza di lei. Anche Ilo, nella Zelmira, è assalito da dubbi sulla sposa, accusata di parricidio e infanticidio, mentre l'amicizia di Emma sarà per la protagonista l'appiglio più sicuro, declinato in un duetto in cui, però, si rivolge principalmente al figlioletto come interlocutore muto, “Perché mi guardi e piangi”, inserito in apertura.

L'unico vero duetto amoroso che ascoltiamo è, a sua volta, atipico, perché il cortese “amore de loin” fra Adelaide di Borgogna e Ottone nasce comunque da un calcolo politico: lei, insidiata dai Longobardi, vuol recuperare regno e libertà, lui cerca la legittimazione della sua incoronazione a sovrano d'Italia, su queste basi i due si giurano tenero amore ed eterna fedeltà.

Una scelta di buon gusto nei confronti delle colleghe impegnate nella stessa opera ha probabilmente guidato la decisione di non inserire come bis "Vivere io non potró" dalla Donna del lago, ma ciò ha anche rafforzato un indirizzo del concerto verso duetti amorosi di fatto e non di nome o di nome e non di fatto: ecco allora la confidenza fra Elcìa e Amenofi, altro duettino d'amicizia da un'opera, Mosé in Egitto, in cui gli incontri degli amanti sono sempre dominati dal contrasto politico, da sopraffazione e rinuncia.

Fra i duetti, due arie, la cavatina della Comtesse Adèle dal Comte Ory e il rondò finale dalla Cenerentola. Nella prima Pretty Yende ribadisce tutte le virtù ammirate già nel Ciro in Babilonia [leggi]: la coloratura è preziosa, duttilissima, scintillante, la facilità dei sovracuti poggia su un centro timbrato e ben proiettato, la musicalità è elegante e ben rifinita. In più, notiamo una dizione più chiara e una sensibilità del porgere adattate con disinvoltura ai diversi personaggi, che spaziano da tessiture Colbran ad altre più centrali o più decisamente acute. È davvero un piacere ascoltarla e non possiamo far altro che applaudirla augurandoci che continui a coltivare la sua voce in questo modo e a tornire sempre più il suono, che prosegua nello scavo espressivo e nell'approfondimento del fraseggio.

Aya Wakizono trova nell'aria quello sfogo in acuto che poco le concedono duetti per lo più contraltili, ribadendo l'impressione di una vocalità di tipo Falcon. Si tratta, in ogni caso, di una vocalità ben disciplinata, gestita con grande finezza e intelligenza musicale, che qui si afferma liberamente con un gusto ben radicato nella migliore tradizione del belcanto italiano, formata con moderna consepevolezza, forbita stilizzazione e sciolta coloratura.

Ci sono, insomma, tutti gli elementi per garantire un concerto godibilissimo, giocato sulla fresca complicità fra due artiste raffinate, preparatissime, accattivanti, padrone del palcoscenico nel garbo che si conviene a un'azione accennata in concerto, eleganti in abiti ben scelti e acconciature adatte ai rispettivi ruoli femminili o prevalentemente en travesti.

Peccato che direzione e orchestra non siano parse all'altezza del Festival e delle voci sul palco.

L'orchestra Sinfonica G. Rossini, ascoltata anche nel Viaggio a Reims [leggi], inciampa sovente nell'intonazione e nella coesione delle diverse sezioni, con momenti davvero imbarazzanti anche per contesti meno blasonati e difficilmente tenuti a bada dall'impetuoso Marco Alibrando, che, privilegiando nella sua direzione sonorità vigorose e crescendo esplosivi, finisce anzi per lasciarsi sfuggire il disegno generale dei vari brani ed enfatizzare tutte le sbavature strumentali. Passano così in maniera infelice le ouverture della Scala di seta, della Gazza ladra, di Adelaide di Borgogna. Così uno strumentale traballante non sostiene due artiste che avrebbero meritato ben altro. Sono comunque premiate con discernimento dal pubblico, che riserva loro calorosi apprezzamenti intiepidendosi generosamente per bacchetta e strumentisti.

foto Amati e Bacciardi

 


 

 

 
 
 

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