L’Ape musicale

rivista di musica, arti, cultura

 

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Salome nuda e cruda

 di Antonino Trotta

Dopo l’incidente del 18 Gennaio, al Teatro Regio di Torino arriva Salome di Strauss in forma semiscenica: Gianandrea Noseda, assoluto protagonista della serata, tiene le redini dell’orchestra e dello spettacolo. Opaca la compagnia vocale.

Torino, 15 Febbraio 2018 – A mancare in questa prima sabauda della Salome di Strauss, titolo cardine nel cartellone del Festival Richard Strauss, non sono solo le scenografie. Già all’arrivo in teatro si percepisce l’assenza di fervore ed elettricità solitamente confermati dal pubblico torinese. Dopo l’incidente del 18 Gennaio [Torino, interrotta per un incidente la recita di Turandot del 18 gennaio], il Teatro Regio di Torino si è trovato impossibilitato nell’allestire il famoso spettacolo di Robert Carsen che aveva riscosso enormi consensi.

La patata bollente è stata quindi raccolta da Laurie Feldman che confeziona uno spettacolo in forma semiscenica: sul palco solo delle sedie connotano lo spazio scenico, immerso completamente in un fondale nero, in cui i vari personaggi interagiscono. Siffatta soluzione sposa bene l’intento di affidare alla sola narrazione orchestrale l’intera potenza drammaturgica insita nel capolavoro di Strauss, ma inevitabilmente si infrange contro l’estenuante dilatazione temporale del libretto che stavolta non trova conforto nella dialogica delle immagini. Le luci di Andrea Anfossi provano a conferire maggior dinamismo alla rappresentazione ma spesso appaiono scontate o banali. In linea con il taglio registico i costumi di Laura Viglione, normalissimi ma funzionali abiti da sera che poco veicolano le peculiarità dei personaggi, diversamente da quanto annunciato nel comunicato stampa.

Fortunatamente la concertazione di Noseda regala momenti di grande intensità drammatica e nelle sonorità prorompenti, nelle vorticose sfumature dinamiche che ribollono ed esplodono, nella scelta dei contrastanti tempi, prima serrati e poi tesi all’inverosimile, che ben esaltano la parossistica sensualità del lussureggiante materiale musicale e narrativo, la Salome di Strauss trova il punto di massima esaltazione. Alla guida dell’Orchestra del Teatro Regio Noseda tesse e intreccia con grande coerenza teatrale la trama di questo capolavoro al limite tra decadentismo e classicità. I diversi temi sciorinati in maniera cristallina ma amalgamati in un discorso univoco di grande compattezza delineano con estrema efficacia la fisionomia e il maroso psicologico dei personaggi. Purtroppo nell’ipertrofia musicale spesso annegano le voci dei solisti.

Erika Sunnegårdh nei panni di Salome – in realtà veste i suoi perché è stata lei stessa a mettere a disposizione il costume indossato – dà prova di grande caratura attoriale e diligenza espressiva ma sul versante musicale desta alcune perplessità. Al di là del periclitante vibrato accentuato quando l’emissione è forzata, la voce, abbastanza limpida in acuto e incisiva nel declamato, perde persistenza nella zona centrale e bassa. Mancano inoltre torniture alla linea vocale che appare piuttosto piatta, in particolar modo nella scena finale. Doris Soffel affronta invece con slancio da vera primadonna la regina Herodias. Al netto di qualche emissione poco nobile (acuti a volte fissi e suoni di petto oggettivamente non belli), sacrificata in virtù di un’intensa sollecitazione drammatica, la Soffel si dimostra capace di porgere con intelligenza il personaggio in tutte le sue complesse sfumature psicologiche, esaltandone la sdegnata e insofferente frustrazione ed evidenziando anche un algido distacco nei confronti della figlia. Sul versante maschile Tommi Hakala, già ascoltato qui a Torino nello scorso Falstaff [leggi la recensione], conferma eleganza e senso della misura nella solida linea di canto che ben incarna l’austerità di Jochanaan. Appare stanca la voce di Robert Brubaker nel ruolo di Herodes, anch’essa incapace di valicare la parete orchestrale di Noseda. Nella resa del tetrarca in balia di patologiche pulsioni tuttavia l’accentazione curata impreziosisce l’esecuzione e sopperisce talvolta all’emissione problematica. Buona la prova di Enrico Casari, appassionato Narraboth. Completano il cast Michaela Kapustová (paggio di Erodiade), Gregory Bonfatti, Matthias Stier, Saverio Pugliese, Yaroslav Abaimov e Horst Lamnek (giudei), Roberto Abbondanza e Joshua Sanders (nazareni), Andrea Comelli e Federico Benetti (soldati), Desaret Lika (un uomo di Cappadocia) e Daniela Valdenassi (schiavo).

Sommessi applausi al termine di questa prima, eccetto per Noseda, magistrale capitano al timone di una nave altrimenti destinata ad arenarsi sulle spiagge della noia.

foto Ramella & Giannese


 

 

 
 
 

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