L’Ape musicale

rivista di musica, arti, cultura

 

antonio pappano e anne sophie mutter

Arte e musica teutonica

 di Stefano Ceccarelli

Una delle violiniste più brave del mondo, che vanta una carriera oramai quarantennale, Anne-Sophie Mutter, si esibisce all’Accademia Nazionale di Santa Cecilia regalandoci una fatata esecuzione del Concerto per violino e orchestra in re maggiore op. 61 di Ludwig van Beethoven, sotto la stupenda direzione di Antonio Pappano e l’esecuzione a dir poco magistrale dei complessi dell’Accademia. Termina il concerto una passionale e intelligente direzione de Ein Heldenleben, poema sinfonico op. 40 di Richard Strauss. Il concerto sta già mietendo gli auspicati successi in una tournée in Germania.

ROMA, 18 gennaio 2018 – Torna a calcare il palco dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia, raggiante, bellissima, in un verde abito da sera, la talentuosa violinista Anne-Sophie Mutter. Quarant’anni di carriera e collaborazioni con alcuni fra i musicisti più iconici del XX secolo, come Rostropovič e von Karajan. Incede sicura, eterea: dietro il maestro Antonio Pappano.

Si inizia con lo splendido Concerto per violino di Beethoven, una partitura che la Mutter conosce benissimo e che esegue dagli inizi della sua carriera. L’orchestra e il suo concertatore sono concentratissimi: il suono emerge in tutto il suo splendore, fin dall’inizio atmosferico, con i timpani e i legni. Pappano concerta, appunto, con ritmi netti, agogica ben scandita, a tratti energica, viva e vigile, vitalizzando i colori dell’orchestra e avvolgendo il suono del violino; in una parola, cogliendo appieno il lirismo appassionato dell’opera. La Mutter è semplicemente straordinaria. La sua dote migliore è, probabilmente, il chirurgico controllo sul volume del suono, che riesce a maneggiare con impressionante nonchalance. Una tecnica temprata da decenni di carriera a altissimi livelli; un gusto sopraffino, che non si lascia sfuggire una sfumatura, un respiro della corda del violino; una lettura libera, appassionata del testo beethoveniano, rendono semplicemente incredibile la performance, da rimanere a bocca aperta. Ripeto: probabilmente l’elemento più caratteristico di questa esecuzione è l’uso dello sfumato, del filato, delle mezze voci, il tutto incastonato in passaggi di cristallino controllo tecnico, a tal punto da sembrar quasi che la Mutter suonasse da sola, per sé stessa. (In un certo qual modo ricorda, peraltro, il lirismo soffuso di un altro grandissimo e storico interprete di questo concerto, Fritz Kreisler). Veramente incredibile: la dolce melodia dell’Allegro ma non troppo (I) è porta con grazia (quasi muliebre) dalla Mutter, che palesa – come ho detto – sensibilità palpabile anche per i filati in acuto, di cui la scrittura è particolarmente ricca; la cadenza (quella, storica, scritta proprio da Fritz Kreisler) è eseguita a incredibile velocità: la Mutter ci ricorda che è ben celebre anche per un virtuosismo sciolto e spigliato. Del II movimento (Larghetto) rimane impressa la sensibilità dell’interprete per il purissimo lirismo della linea melodica, che la Mutter fa cantare con calore, a tratti operistico, cavando un suono stupendo dal suo violino; i filati finali mostrano ancora il morbidissimo tatto sonoro della tedesca e fanno il paio con i trilli inanellati a fior di corda nel I. In tutto ciò, l’orchestra accompagna magnificamente l’interprete e Pappano mantiene volumi intimistici, contenuti, che esaltano il discorso lirico del solista. Senza soluzione di continuità si arriva al Rondò: nei virtuosismi del movimento la Mutter è tutto un fuoco d’artificio, ma sempre con quel gusto e tatto che sono le cifre autentiche della sua arte: la seconda cadenza è a dir poco magnifica. Pappano concerta tornando ai gesti netti e precisi, ma veicolanti tutto il calore beethoveniano, visti nel I movimento. Gli applausi sono scroscianti: la Mutter si congeda con un bis bachiano.

La seconda parte del concerto è dedicata al poema sinfonico Ein Heldenleben di Richard Strauss. Pappano e l’orchestra devono tararsi immediatamente su un volume e un peso sonoro ben più consistente. Pappano lascia scorrere, energica e decisa, l’inarrestabile scrittura straussiana, esaltando tanto la facies magniloquente che quella più sottilmente ironica (ben presente soprattutto nella seconda parte della composizione). Così, a momenti in cui l’orchestra si lancia a vele spiegate, sa dosarne altri più raccolti, come l’evocazione della compagna dell’eroe, le cui intemperanze tipicamente femminili, le volubilità (tanto temute dagli uomini in una donna), sono rappresentate da un assolo di violino dal carattere, appunto, virtuosisticamente volubile, splendidamente interpretato da Roberto González-Monjas. Pappano sottolinea e rende perfettamente riconoscibili le numerose autocitazioni, rimarcandone il carattere autoironico e per nulla tronfio. Insomma, dipana con lucidità e talento le difficoltà della tesa e carica scrittura straussiana: si pensi alle sezioni finali. Gli applausi suggellano il giusto gradimento del pubblico romano e sono beneauguranti per la tournée che questo concerto farà in Germania.

foto Musacchio Ianniello e Pasqualini


 

 

 
 
 

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