Il trionfo di B, L e K
di Irina Sorokina
Il capolavoro di Leonard Bernstein incontra il talento registico di Barrie Kosky in un abbinamento perfetto, favorito anche dalle ottime prove del cast e dalla bacchetta entusiasmante di Jordan de Souza
“B” come Bernstein, ma anche come “Barry”, “L” come “Leonard” e “K” come Kosky. Tre lettere, un trionfo. Sarebbe stato difficile aspettare un altro risultato da quest’alleanza: il grande compositore americano che nell’anno passato ha celebrato i suoi primi cent’anni e il regista australiano Barrie Kosky, alla guida della Komische Oper di Berlino, che ha messo in scena Candide. Nell’anno del centenario molti teatri si sono rivolti all’operetta bernsteiniana per rendere omaggio a questa figura unica del panorama musicale internazionale che riuscì a tenere un piede alla Carnegie Hall e un altro a Broadway, una cosa pressappoco impossibile pochi anni fa.
Bernstein trasse l’ispirazione dalla novella satirica di Voltaire (a proposito, il filosofo francese negò d’averla scritta e la chiamò ridicola ed assurda, ciò nonostante restò la sua opera più famosa e non perse il suo valore nel tempo). All’origine di tutto ci fu Lillian Hellmann che volle trasformare la novella in una pièce teatrale con pezzi musicali. La sua scelta cadde su Leonard Bernstein: ne nacque una cosa molto originale, dall’autore chiamata “operetta”, destinata ad avere una storia travagliata e molte versioni. Strada facendo, non pochi parolieri parteciparono al miglioramento del libretto, tra cui Dorothy Parker, Stephen Sondheim e Bernstein stesso.
Per quest’allestimento berlinese è stata scelta la versione di John Cairde per il National Theatre risalente al 1999. Barrie Koskie ha posto fine all’esecuzione delle opere musicali esclusivamente in lingua tedesca, una tradizione della Komische Oper (basta pensare a una recentissima Bohème cantata in italiano), ma questo Candide è eseguito in tedesco.
Il genio di Voltaire in Candide ci porta in ben diciassette luoghi. I giovani eroi educati dal dottor Pangloss secondo la filosofia dell’ottimismo devono affrontare la vita reale assistendo alle guerre, calamità naturali, esecuzioni etc. e diventare testimoni delle vigliaccherie umane. Non sono soltanto “sparati” in luoghi possibili e impossibili del pianeta, ma subiscono avventure inimmaginabili, muoiono e rinascono in continuazione per approdare alla fine in una azienda agricola vicino a Venezia comprata da Candide con l'intento di “make our garden grow”, ”coltivare il nostro giardino”.
Cosa c’è di più adatto al talento esplosivo di Barrie Kosky? Doveva per forza incontrare sulla sua strada di regista Candide, che gli ha dato la possibilità di descrivere luoghi fantastici, inventare gags esilaranti, fare qualche commento politico, tutto questo con l’uso dei vari stili teatrali e non solo. Dalle scene bucoliche in Westphalia dove fiorisce l’insegnamento del Dottor Pangloss e i giovani immaginano la loro vita eternamente felice senza dimenticare il sesso facile, si passa all’episodio dell'autodafè che fa ghiacciare il sangue nelle vene, ma presto si trasforma in una festa dal carattere carnevalesco con la partecipazione di uomini aitanti e muscolosi vestiti da girls di Las Vegas. Recitazione, canto e danza si fondono in modo esplosivo e tanti sono gli stili usati dall’incredibile regista: dal cabaret tedesco degli anni della Repubblica di Weimar al pole dance dei nostri giorni. In questo gioco di teatro l’hanno affiancato la scenografa Rebecca Ringst e il costumista Klaus Bruns; il lavoro di quest’ultimo ha qualcosa di magico e miracoloso: sono novecento i costumi fantasiosi da lui ideati. Per illuminare questa festa di forme e colori il light designer Alessandro Carletti ha creato una vera e complessa partitura. E poi, i fumi in scena, abbondanti, forse un po’ troppo: siamo stati coinvolti in uno spettacolo in gran stile, ma anche capace di farci scendere le lacrime, uno spettacolo che non può lasciarci indifferenti, intelligente, ironico ed eccitante.
La prima era affidata a due cantanti “di punta” della Komische Oper, il tenore britannico Alan Clayton e il soprano canadese Nicole Chevalier; noi abbiamo ascoltato un’altra coppia, Paul Curievici e Meechot Marrero. Conoscendo l’ensemble berlinese, non c’erano dubbi che anche questi cantanti avrebbero fatto onore al grande compositore e alla compagnia, e così è stato. Curievici, cantante dotato di una voce di tenore leggera, ben educata e gradevole, attore vivace, versatile e simpatico si è dimostrato perfettamente a suo agio nel ruolo del protagonista. Nella parte vocalmente molto impegnativa di Cunegonde, Meechot Marrero, un giovane soprano portoricano, ha letteralmente ammaliato il pubblico grazie al fisico avvenente, alla voce dal colore inconfondibile, a un'ottima tecnica e a un gran temperamento scenico. I due cantanti hanno deliziato il pubblico con un'interpretazione perfetta delle grandi hit di Candide, il duetto del primo atto “Soon when we feel we can afford it“, l’aria del protagonista “Cunegonde, is it true?“ e quella della sua innamorata “Glitter and be Gay”.
Franz Hawlata ha assunto il compito tanto difficile quanto importante di esibirsi in due ruoli, Voltaire e Pangloss, e ha recitato e cantato con una grande disinvoltura. Fredrika Brillembourg ha creato il personaggio della Old Lady e la sua interpretazione di “I am easily assimilated” è rimasta indimenticabile. Hanno cantato benissimo e fatto divertire parecchio Dominik Köninger e Maria Fiselier, rispettivamente Maximilan e Paquette, e sono stati credibili ed efficienti tutti i numerosissimi interpreti dei piccoli ruoli che non ci è possibile qui nominare.
Sul podio il giovane Jordan de Souza si è dimostrato un complice fedele di Kosky. La famosa ouverture è stata suonata con un brio quasi incredibile, uno spirito ironico, colori vivacissimi e sfumature raffinate, facendo immergere immediatamente lo spettatore nel mondo esilarante dello spettacolo e suscitando grande entusiasmo nel pubblico, che ha reagito con i lunghi applausi. Souza è un musicista dal grande temperamento, focoso e generoso, e queste sue qualità hanno giocato un ruolo importante nel successo di questa produzione. Ma è anche un musicista fine, che ricerca un suono bello e pulito, un perfetto equilibrio tra cantanti e orchestra, e il suo Candide eseguito sul palcoscenico del Komische Oper ha raggiunto queste vette.
Vette altissime hanno raggiunto tutti gli artisti impegnati in questa produzione: il coro preparato da David Cavelius, ha cantato in modo impeccabile, il livello d’esecuzione delle coreografie di Otto Pichler, per la verve e la tecnica, non aveva nulla da invidiare ai teatri londinesi e newyorkesi specializzati nel genere di commedia musicale. Per i numerosi amanti d’operetta e musical, la Komische Oper è una specie di Mecca ed è più facile ed economico andare a Berlino che a Londra o New York.
Un successo pieno che sa di follia collettiva e gli applausi a non finire.
foto Monika Ritterhaus