L’Ape musicale

rivista di musica, arti, cultura

 

foto Bernd Uhlig

Tutta un'altra storia

di Irina Sorokina

Approda a Berlino la produzione della Staatsoper Stuttgart della Sonnambula belliniana. Non convince la rivisitazione drammaturgica a cura di Jossi Wieler, Sergio Morabito e Anna Viebrock, mentre si fa apprezzare sia per la capacità di aderire a un'interrpetazione anticonvenzionale, sia per l'ottima resa vocale il cast capitanato da Venera Gimadieva, Jesus Leon e Ante Jercunica.

BERLINO, 26 gennaio 2019 - Tempo di Sonnambula, verrebbe a dire. Alla fine di dicembre il Tiroler Festspiele Erl [leggi la recensione] ha presentato la sua versione del capolavoro belliniano seguita dalla Deutsche Oper di Berlino. Si vede che la settima opera del malinconico genio catanese è sempre attuale e facilmente conquista il cuore del pubblico.

L’allestimento arriva dalla Staatsoper Stuttgart, dove andò il scena nel 2012 e segnò l’arrivo del nuovo direttore artistico, Jossi Wieler, che veniva accompagnato dai collaboratori abituali, Sergio Morabito e Anna Viebrock. Sono esattamente sette gli anni che dividono il debutto dello spettacolo a Stoccarda dal “trasferimento” nelle capitale tedesca.

È parecchio strana questa Sonnambula, direbbero in tanti e avrebbero ragione. Chi aspettava le atmosfere bucoliche e il colorito alpino è rimasto a bocca asciutta. Nulla di queste era previsto dal team proveniente da Stoccarda.

Anna Viebrock ha ambientato la storia di Amina, Lisa, Elvino e Rodolfo in una cantina piuttosto austera, se non cupa. Una cantina enorme dal soffitto alto, arredata con un estremo minimalismo (si trattava di un divano piuttosto consumato e di alcuni grossi armadi). I tavoli e le panche pieghevoli erano quelli tipici per qualsiasi sagra paesana, sia in Germania sia in Italia. Una scala in fondo portava… dove? Potrebbe essersi trattato della reception di un albergo, quasi sicuramente di proprietà di un’acida Lisa. Linee primitive, pochi colori, nessun tentativo di addolcire l’ambiente, renderlo un po’ più accogliente. Gli abiti semplici dai colori essenziali che ricordano gli anni ’50 sono anch’essi di Anna Viebrock.

L’installazione è rimasta immutata per tutta la durata dello spettacolo, ma nel secondo quadro del primo atto l’occhio dello spettatore è stato deliziato da un’invenzione tanto semplice, quanto efficace: un sipario che imitava una parete, con una grande finestra in mezzo, ha diviso la cantina a metà e la camera assegnata al viaggiatore inaspettato (Rodolfo) è apparsa come per miracolo.

Accompagnata dalla sublime musica di Bellini, sul palcoscenico dello Staatsoper Stuttgart sette anni fa ed attualmente su quello della Deutsche Oper di Berlino è stata raccontata tutta un’altra storia. Nessuna sorpresa, siamo in Germania e il fenomeno del Regietheater va inevitabilmente preso in considerazione.

È fredda la cantina dove si svolge l’azione, e indifferente e arrogante la gente che circonda Amina ed Elvino. Sembra siano interessati soltanto a bere birra accompagnata da salsicce e ficcare il naso negli affari altrui. Alla sgradevole scoperta di Amina nella stanza del conte, appaiono contenti e fanno quasi una festa, per di più all’inizio del secondo atto sono ancora qui che ispezionano le valigie dell’ospite, senza farsi nessun problema. Non sono da meno una sempre arrabbiata Lisa e una rigida Teresa che comanda la figlia adottiva a bacchetta e quasi non le non permette di vivere.

Ma soprattutto tutti i quattro protagonisti appaiono sessualmente affamati, o, almeno, molto leggeri per quanto riguarda i rapporti sessuali. Nel dolcissimo duetto del primo atto i promessi sposi sembrano aver fretta di finire a letto, ma è ancora più sorprendente quel che segue. Lisa che entra nella camera di Rodolfo, è evidentemente molto interessata a lui, e l’affascinante conte coglie l’occasione. Ed ecco il turno di Amina; nello stato di sonnambulismo scambia Rodolfo per Elvino e finisce a letto col conte anche lei. Non finisce qui, i registi-drammaturgi aggiungono un dettaglio davvero piccante, una macchia di sangue sulle lenzuola; servirà da prova a Lisa per dimostrare il peccato di Amina. Ma il dubbio rimane, visto che Rodolfo, dopo aver subito “l’aggressione” della sonnambula, si è rifugiato nel grande armadio. Allora, davvero tutte e due le ragazze sono state amanti di Rodolfo? Quindi, il sangue sulle lenzuola è di Lisa? È lei che è stata deflorata?

Nel finale dell’opera Amina appare nella camicia da notte, simile a Lucia di Lammermoor, è macchiata di sangue davanti, stranamente sono macchiate di sangue anche le gambe della povera sonnambula. Il dubbio riappare, forse è finita a letto con Rodolfo anche lei? In cantina, certo, non può essere nessun ponte, Amina cammina sopra le panche piegate messe sul pavimento e, finita la famosa aria, va ad adagiarsi sul divano. Si conclude con la festa nuziale, senza chiarire tante cose.

Molto rimane indecifrabile nella produzione dello Staatsoper Stuttgart ora approdata a Berlino. Qualcuno potrebbe parlare della profanazione dell’opera semiseria belliniana, e non si potrebbe dargli torto.

Vocalmente questa discutibile Sonnambula poteva vantare un eccellente cast fatto dei cantanti di provenienze e scuola diverse, ma uniti da una rara qualità: la leggerezza con cui hanno eseguito le difficili parti di questo capolavoro del belcanto romantico. Tre protagonisti, il soprano russo Venera Gimadieva, il tenore messicano Jesus Leon e il basso croato Ante Jercunica hanno dato una vera lezione di belcanto.

La Gimadieva si è dimostrata capace di creare il personaggio di Amina tutto suo (ovviamente, qui hanno messo lo zampino i registi). È una ragazza strana, sgraziata, chiusa in sé stessa che sembra c’entri niente con la rozza e arrogante popolazione del villaggio, un’orfana traumatizzata, non soltanto timida, ma completamente passiva, come se fosse schiacciata da un peso invisibile, a volte somiglia a una malata di catalessia. Non è il solito soprano di coloratura, la Gimadieva è in possesso di una voce piuttosto opaca e dal colorito scuro, potrebbe sembrare non del tutto adatta alla parte. Ma il suo canto affascina, o, addirittura, strega, con la bella linea, il colore quasi sempre malinconico, l’acuto senza sforzo, e, come abbiamo già detto, l’incredibile leggerezza con cui affronta la scrittura belliniana.

I suoi due uomini, se così si può dire, si difendono anche loro con onore. Il tenore Jesus Leon, che era presente nella produzione di Stoccarda, offre una prestazione di tutto il rispetto, ammaliando con la voce salda, chiara e lucente, la tecnica perfetta e la grande musicalità. Anche lui crea un personaggio non convenzionale, il suo Elvino appare un bel galletto un po’ arrogante, troppo sicuro del suo fascino di macho e della posizione sociale; tratta Amina con superiorità e indulgenza.

Ante Jercunica, il conte Rodolfo, probabilmente,colpisce ancora di più dei suoi bravi compagni d’avventura berlinese. È difficile trovare un artista in possesso di qualità necessarie per affrontare le parti nobili, e Jercunica le ha tutte. Una bellissima figura, grandi doti attoriali, grande padronanza del palcoscenico, emana simpatia e la voce dvanta bel colore, morbidezza fuori dal comune, legato impeccabile, accento nobilissimo, capacità di riempire ogni angolo della sala. Il suo Rodolfo, senza dubbio, rimarrà nella storia.

È davvero eccezionale il soprano australiano Alexandra Hutton nell’ingrato ruolo di Lisa, pur avendo la voce che non colpisce particolarmente. Disegna un’albergatrice piuttosto antipatica, piena di risentimento e rabbia, intenta a raggiungere lo scopo di impadronirsi di Elvino a tutti i costi. Giocano al suo favore la grazia innata, l’arte nel portamento, le movenze sciolte. La voce è piuttosto chiara e un po’ esile, ma la cantante conquista con un bel legato e una particolare espressività.

Se si fosse trattato di un’altra produzione, l’interprete del ruolo Teresa avrebbe potuto non essere notata, ma una bravissima Helene Schneiderman crea un personaggio indimenticabile, una vecchia madre adottiva, impietrita nel suo ruolo spingendo l’orfanella a un matrimonio forse non desiderato. È onnipresente, rigida, noiosa con l’immancabile borsetta chiara, come se aspettasse di custodirvi il contratto nuziale firmato: riesce ad adottare la linea di canto che perfettamente rispecchia il personaggio disegnato. Una grande interpretazione.

Andrew Harris offre una vivace e interessante interpretazione di Alessio. Completa il cast Jörg Schörner come Notaio.

Stephan Zilias dirige correttamente l’orchestra della Deutsche Oper, optando per tempi tradizionali e prestando una grande e dovuta attenzione ai cantanti. Il coro preparato da Jeremy Bines a volte è leggermente impreciso. Una resa musicale di tutto il rispetto che viene premiata da lunghissimi applausi ed espressioni d’entusiasmo da parte del numeroso pubblico.

foto Bernd Uhlig


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