L’Ape musicale

rivista di musica, arti, cultura

 

Fratello, dove sei?

di Roberta Pedrotti

Una settimana dopo gli effetti speciali di Sant'Ambrogio, l'attività della Scala prosegue con il primo recital di canto in streaming. In un sofisticato programma francese e in un'intepretazione d'alto livello, Sabine Devieilhe e Alexandre Tharaud riescono a rompere la quarta parete digitale.

Streaming da Milano, 14/12/2020 - Finisco di cenare (sì, quassù nelle valli lombarde ceniamo presto), “A che ora inizia Cronache dall'Antichità su RaiStoria? Bene, faccio in tempo prima a vedere la diretta dalla Scala”. Infagottati con una tazza fumante davanti al computer, che la Scala ti raggiunga a casa può sembrare una bella cosa. Essere in meno di ventiquattro ore a Pesaro, Palermo, Milano e Roma (a seguire Elagabalo e Costantino) può sembrare una bellissima cosa, e senz'altro lo è, da un certo punto di vista. Lo sarà se fra qualche anno potremo ricordare questi giorni con un sorriso. Ora lo è come risorsa estrema, come scialuppa di salvataggio, ma fa male: sfioriamo le settecento connessioni in diretta, per il recital di Sabine Devieilhe e Alexandre Tharaud alla Scala, ed è senz'altro un bel successo per un programma così raffinato che ci viene servito a casa senz'altro sforzo che di accedere a youtube, ma non sembra valere il vuoto di chi canta e suona in diretta senza sapere chi c'è dall'altra parte, se ascolta, se apprezza. Manca l'impegno fisico: programmare la serata a teatro, prepararsi, uscire di casa, raggiungere la sala, il proprio posto, concentrarsi, esprimere, secondo i casi, la propria gratitudine.

La Scala, per questa prima diretta streaming, ha subito approntato tutto al meglio e una settimana dopo i fuochi d'artificio inaugurali ci immergiamo nella completa sobrietà. Una breve sigla, sottotitoli in italiano, programma di stampa digitale scaricabile dal sito, ottime riprese, una regia video mossa con garbo e che non indulge sulla sala vuota. Il soprano in nero senza un fronzolo né un gioiello. Tutto è giusto e al centro c'è un programma bellissimo dedicato alla mélodie francese e in buona parte corrispondente al recente CD inciso per Erato da Devieilhe e Tharaud [leggi la recensione: CD, Devieilhe/Tharaud, Chanson d'amour]. Non si può che ribadire l'apprezzamento già espresso, a cui si aggiunge l'eleganza del porgere scenico, una gestualità e una mimica sofisticate, composte, ma nondimeno sempre esatte nelle varie dimensioni poetiche esplorate, dal surrealismo al simbolismo, dall'ineffabile suggestione impressionista alla fisicità beffarda che ammicca al café chantant o alla tradizione popolare. Il panorama della mélodie, d'altra parte, è vasto quanto sofisticato, e se l'incisione verteva sul tema amoroso il recital non diverge – sarebbe anche difficile – ma propone anche nuove sfaccettature e prospettive. Per esempio, di Debussy ci offre anche la (splendida) Romance d'Ariel, anche se si rinuncia a Les chemins de l'amour e alla Banalités di Poulenc, alla Chanson d'amour di Fauré, alla Ballade de la Reine morte d'aimer e a Trois beaux oiseaux du Paradis di Ravel. Non è una rinuncia dolorosa, non riduce il valore della serata, semplicemente ne cambia gli equilibri, delicatissimi.

Il programma non è esattamente quello del disco perché il concerto non è un disco. Cerchiamo anche di illuderci di poter considerare questa formula d'emergenza come una sorta di seduta d'incisione, ma c'è comunque la presa diretta, una hic et nunc distorto ma ancora riconoscibile, diverso dal lavoro che consegna in studio una registrazione. Mentre si accavallano queste considerazioni, dopo un istante di pausa, scocca anche a distanza quella che sembra la telepatia fra il palco e il pubblico: “Questa sera ci sentiamo un po' soli” ammette Sabine Devieilhe in ottimo italiano, parla dell'atmosfera della Scala che non vedono l'ora di condividere, del programma “100% francese” che ci vuole portare un po' di loro stessi. C'è un contatto inspiegabile, inafferrabile, anche così. E ci si commuove davvero.

Al termine del programma ufficiale il soprano si sporge verso la telecamere: “Ci siete ancora?” e si stringe il cuore. La connessione s'inceppa un attimo, sul bis, la pagina si riaggiorna e c'è la tentazione di portare il video indietro di un paio di minuti. No, si ripigia il pulsante “Dal vivo”, torna alla trasmissione in diretta: voglio essere con Sabine e Alexandre nello stesso momento in cui loro cantano e suonano. Ci sarà tempo per recuperare l'aria completa, ma nulla vale come condividere lo stesso istante, sorridere di nostalgia e rispondere con il pensiero all'ultimo “Buona serata” augurato nel silenzio della Scala vuota, o quasi. Poi sì, si torna un po' indietro e si riascolta il bis per intero, perché l'aria del Fuoco da L'enfant et les sortilegès del “cher, bien aimé Maurice Ravel” è una meraviglia e la voce di Sabine Devieilhe crepita, scintilla, fila, si assottiglia fino a svanire, mentre Alexandre Tharaud non è da meno, ironico e fiammeggiante.


 

 

 
 
 

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