L’Ape musicale

rivista di musica, arti, cultura

 

Viva la mamma!

di Antonino Trotta

Un calorosissimo successo accoglie Le convenienze e inconvenienze teatrali del Teatro Municipale di Piacenza: l’ottima sinergia tra drammaturgia, regia e direzione, a cui poi fa da corona un cast eccellente che sbalza in primo piano il vulcanico Marco Filippo Romano e l’incantevole Giuliana Gianfaldoni, assicura uno spettacolo fresco, graffiante e divertente, in perfetto accordo con lo spirito dell’opera donizettiana. 

Piacenza, 21 novembre 2021 – Se fosse nata direttamente a Milano, Le convenienze e inconvenienze teatrali sarebbe un’opera profondamente diversa. In questo geniale lavoro di commedia musicale Donizetti ricicla sì il tema del teatro sul teatro, ma respira a pieni polmoni l’aria del golfo e vena l’argomento principale con una garbata satira di costume da cui poi scaturisce il motore comico dell’intera narrazione: l’arte di arrangiarsi, la bonaria irruenza, la sfrontata slancio nell’affermare la superiorità della prole – quanti cocchi di mammà qui possono pescare nel proprio vissuto e rivivere sulla propria pelle il disagio di Luigia quando Agatina si presenta in teatro? –, una sciura non avrebbe mai osato così tanto. Al di là di questo aspetto, comunque, l’opera buffa di Donizetti ruota principalmente intorno alla parodia del teatro musicale stesso, con allusioni che oggi rischierebbero di risultare inefficaci per la naturale evoluzione che il teatro ha da allora vissuto. Per fortuna Alberto Mattioli ci mette lo zampino e per il Teatro Municipale di Piacenza appronta un libretto graffiante e arguto che contestualizza la satira con riferimenti moderni. Così il librettista si trasforma in regista, il compositore in direttore d’orchestra, l’impresario in sovrintendente e si può dibattere in scena di questioni scottanti e sofisticate come la popolarità sul mercato dei controtenori, la passione per le rarità barocche, la filologia esasperata, l’abuso di cadenze e via dicendo. Dalla miniera testuali di Mattioli Renato Bonajuto estrae e lavora ogni gemma per incastonarla in uno spettacolo spassosissimo – pur con qualche déjà-vu –, talvolta impertinente nelle strizzate d’occhio a qualche personaggio dell’ambiente, misurato e di buon gusto, viepiù se si tiene in conto la generosa libertà concessa dal plot. Se i costumi di Artemio Cabassi sono poi garanzia di estro e classe, le scenografie del talentuoso Danilo Coppola sanno ben declinare un’eleganza decisamente classica secondo il moderno paradigma di essenzialità e minimalismo.    

Ottimo anche il lavoro in buca di Giovanni Di Stefano: alla guida dell’Orchestra Filarmonica Italiana Di Stefano intavola una concertazione energica, brillante, che conferisce al dettato strumentale vivacità e mordente senza tuttavia mai negare al palcoscenico, nemmeno nei momenti in cui il ritmo impenna, supporto e compostezza. Solito livello di eccellenza per il Coro del Teatro Municipale di Piacenza istruito dal maestro Corrado Casati. 

Il cast è la ciliegina sulla torta. Marco Filippo Romano, nei panni della napoletanissima Mamma Agata, è oggi tra i buffi di riferimento non solo per le grandi doti di istrione o per la sacrosanta nobiltà nel porgere il testo senza che una sillaba vada sprecata, bensì per la straordinaria capacità di non perdere di vista mai la bontà del canto mentre domina la scena. C’è poi Giuliana Gianfaldoni, incantevole Corilla, che oltre alle già altrove osannate qualità come il filato mozzafiato, il timbro lunare, il legato d’alta scuola – la soave «Arpa gentil», cantata divinamente, è del resto l’aria che la rivelò al grande pubblico durante l’edizione 2019 del Rossini Opera Festival –, qui sfodera pure una coloratura disinvolta e un registro sopracuto sciabolante – con tanto di puntatura al mi bemolle nel duetto con Agata - che infiammano ulteriormente il desiderio di ascoltarla in altri ruoli belcantistici. Matteo Desole, Guglielmo, esalta la solarità del proprio strumento con una linea vocale pulita e un’emissione educata, caratteristiche che ben emergono anche quando affronta la stralunata aria di sortita. Silvia Beltrami, il mezzosoprano Dorotea che si finge controtenore, è impegnata in due arie di baule interpolate – «Con tromba guerriera» da Lucio Silla e il duetto «Vieni pure, a me t’accosta» da L’equivoco stravagante –: ora in competizione con la tromba, ora con la più temibile Agata, Beltrami trova ovunque la giusta cifra stilistica non mancando però di elettrizzare tanto Händel quanto Rossini con agilità pugnaci e fraseggio volitivo. Piace molto il Procolo di Nicolò Donini, morbido nell’emissione e vario nell’accento. Paola Leoci è una Luigia – mai imbarazzata per le sceneggiate della mamma – che si lascia apprezzare nel terzetto dal Don Pasquale; Andrea Vincenzo Bonsignore è il direttore Biscroma Strappaviscere dalla voce aitante; Stefano Marchisio, il regista Prospero Salsapariglia, regge il palcoscenico col consueto carisma attoriale; lo stesso dicasi per Dario Giorgelè, Sovrintendente dall’ammiccante accento francese, e Juliusz Loranzi (Ispettore). Bravo l’Ensemble Capital Ballet, interprete delle coreografie di Riccardo Bruscarini che animano il ballabile tratto da La favorite.  

Pomeriggio esilarante, accolto da un successo calorosissimo e strameritato. Ennesimo goal per il capocannoniere Cristina Ferrari. 


 

 

 
 
 

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