L’Ape musicale

rivista di musica, arti, cultura

 

Kreutzer al calor bianco

di Luigi Raso

In streaming dal Teatro delle Palme di Napoli, l'Associazione Alessandro Scarlatti di Napoli riprende l'interrotto ciclo beethoveniano con le sonate per violino e pianoforte affidate a Ilya Gringolts e Peter Laul.

Lo scoppio della pandemia in Italia fece abortire subito dopo il primo concerto (leggi la recensione) l’esecuzione integrale delle dieci Sonate  per violino e pianoforte di Ludwig van Beethoven programmata dall’Associazione Alessandro Scarlatti per celebrare il 250°anniversario dalla nascita del grande compositore. Il Coronavirus è riuscito a domare anche lo spirito indomito di Beethoven: giocoforza, le celebrazioni per le sue 250 primavere sono state in sordina ovunque, perfino nella natia Bonn.

I primi giorni del 2021, però, vedono la ripartenza, ovviamente in streaming, anche della stagione dell’Associazione Alessandro Scarlatti: per il momento, nelle more di conoscere le sorti della musica in Italia tra DPCM, restrizioni e andamento dell’epidemia, sono in programma 7 concerti tra gennaio e febbraio (qui il programma); quello di apertura è dedicato proprio a Beethoven. Si parte, dunque, con l’integrale delle sonate per volino e pianoforte; a differenza di quanto programmato nella precedente stagione, il ciclo è affidato a due soli interpreti, Ilya Gringolts e Peter Laul.

Ad aprire le danze - anzi, rectius, le sonate - è la più celebre e complessa delle dieci, la Sonata in la maggiore op. 47 a Kreutzer.

Composta tra il 1802 e il 1803, la Sonata a Kreutzer rappresenta un unicum all’interno della produzione per violino e pianoforte di Beethoven: partitura pervasa da fortissimi e inconciliabili contrasti dinamici e drammatici, tesa come poche della letteratura per i due strumenti. Dopo i perentori accordi del violino solo, si ha immediatamente la concezione che sia stata ideata da Beethoven come una sorta di “concerto per violino e pianoforte”, per l’ampiezza, sublimemente sproporzionata, del primo tempo rispetto ai successivi e quella malcelata - e inusuale per Beethoven - netta predominanza del violino sul pianoforte.

La Kreutzer è l’occasione per ascoltare il magnifico violino, un Giuseppe Guarneri “del Gesu” di Cremona del 1742-43, di Ilya Gringolts. Malgrado l’ascolto mediato dai nostri mezzi di riproduzione digitale, si percepisce immediatamente il suono corposo, brunito e ottimamente proiettato del preziosissimo violino; molto scuro e ampio quello generato sulla corda sol, avvolgente e luminoso quello emesso dal cantino.

Dopo battute introduttive dell’Adagio sostenuto del primo tempo, Ilya Gringolts denota un approccio “muscolare” al Presto immediatamente successivo: da questo punto, dalla pausa che segna il passaggio dall’Adagio al Presto, inizia un ininterrotto duello emotivo e sonoro tra violino e pianoforte, un crescendo di tensione in crescendo nell’arco dell’intero movimento.

E ascoltando l’attacco del Presto di Gringolts, con lo staccato dell’arco deciso come un fendente, non si può non ritornare ai pensieri di Vasja Pozdnyšev, il protagonista del romanzo Sonata a Kreutzer di Lev Tolstoj: è proprio l’incipit del Presto della sonata a contribuire a scatenare il delirio di gelosia dell’uomo e il successivo uxoricidio.

Nativi entrambi di San Pietroburgo, Ilya Gringolts e Peter Laul denotano un’anima russa: si sfidano a un duello musicale al calor bianco, disperato, perfetto nel disegnare un’atmosfera arroventata.

E di questa temperie emotiva, il suono del Guarneri del Gesù di Gringolts è eccezionale incarnazione: pur non rinunciando alla naturale bellezza e pienezza sonora, le note sembrano diventare sempre più sferzanti, arroventate, a tratti assottigliate come coltelli ben limati.

Vincitore a soli 16 anni del prestigioso Concorso Paganini di Genova, Gringolts (per inciso e per curiosità, è cognato di Maxim Vengerov, avendo quest’ultimo sposato la sorella, Olga Gringolts. Che meraviglia saranno i loro raduni familiari, con duetti tra Stradivari e Guarneri!) affronta la temibile scrittura virtuosistica senza scomporsi; a travolgere, chi ascolta e lo stesso Gringolts, è l’interpretazione: nelle frasi di maggior concitazione Gringolts accenna dei piccoli salti.

Il ricorso al vibrato è ridotto, perfino nei brevi incisi dei temi più lirici, laddove la concitazione cede momentaneamente il passo a uno spiraglio di serenità; la tensione è sempre vivida, grazie a un’agogica stringata e dinamiche variegate e sbalzate. Non c’è spazio/tempo per rilassamenti melodici eccessivamente indugianti: la narrazione è tesa, come i crini del proprio archetto.

Peter Laul al pianoforte è perfetto nel “contrastare” le sciabolate violinistiche, completandone la visione interpretativa: il suono del suo piano è deciso, oggettivo, a tratti anche ruvido; insegue il violino fino allo spasimo del duello.

Il successivo Andante con variazione è affrontato da Ilya Gringolts e Peter Laul con urgenza drammatica meno pressante, eppure la concisione interpretativa, improntata ad una speditezza complessiva del movimento, sembra conservare il ricordo di quanto accaduto nel precedente Presto e anticipare la vorticosa e liberatoria tarantella del Finale. Presto.

Anche l’ultimo movimento, ricollegandosi alla visione interpretativa del primo, è un inno alla concitazione arroventata, dominato da tensione dinamica crescente e debordante tra i due strumenti, nonché da sonorità luminose come fendenti che si librano nell’aria del perimetro del duello sonoro della Sonata a Kreutzer.

Non ci sono applausi finali, non possono esserci; ma ci risulta naturale immaginarli sentire scrosciare subito dopo l’accordo finale, suggello di una lettura travolgente della più celebre tra le sonate per violino e pianoforte di Ludwig van Beethoven.


 

 

 
 
 

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