AngelicA senza spine
di Roberta Pedrotti
Lo storico festival bolognese di avanguardie e sperimentazioni incontra la giovane orchestra che ha fatto della leggerezza e dell'informalità la sua bandiera. Il risultato non è solo un bel riscontro di pubblico per Britten, Sani e Reich, ma anche un concerto d'ottima qualità.
BOLOGNA, 12 febbraio 2022 - Ammettiamolo, qualche anno fa non l’avremmo immaginato. Nella Sala Bossi del Conservatorio di Bologna, AngelicA, il festival dell’avanguardia e della sperimentazione musicale, incontra l’orchestra Senzaspine, che fin dal nome dichiarava l’obiettivo della leggerezza. Le due cose, però, non sono per forza in antitesi: l’orchestra giovanile continua a non pungere e a divertirsi, ma dimostra che così si può anche fare sul serio, diventare grandi senza invecchiare, continuando a curiosare. E, nello specifico, avvicinarsi a un repertorio all’apparenza spinoso: quello dal pieno Novecento ai giorni nostri, ostico da eseguire, ma che all’ascolto in realtà chiede soprattutto attenzione, disponibilità, apertura mentale. Quindi, si tratta di coniugare il rigore dell’esecuzione con la freschezza dello spirito e della comunicativa, abbinamento che sembra proprio aver funzionato se si osserva la risposta non solo degli affezionati di AngelicA, ma anche degli studenti del conservatorio e degli habitué dei Senzaspine, avvezzi magari più a Mozart e Beethoven che non alla musica contemporanea.
Proprio contemporaneo Benjamin Britten non è, essendo morto da quasi mezzo secolo, e per di più il Phantasy Quartet Op. 2 è opera giovanile di un diciannovenne di belle speranze, ma il pezzo è di qualità tale da aprire le porte all’avvenire. Sofisticati riferimenti alla musica antica si fanno attuali nella cifra che sarà distintiva dell’intera esperienza artistica di Britten. Paolo Grazia, primo oboe del Teatro Comunale, torna gradito ospite dei Senzaspine per un'ottima esecuzione con il trio d’archi composto da Pietro Fabris (violino), Stella Degli Esposti (viola) e Basak Canseli Cifci (violoncello). L’organico si amplia, arriva il direttore (Tommaso Ussardi) e si passa ai viventi, al vero contemporaneo: Nicola Sani è presente in sala e introduce personalmente il suo Gimmi Scelsi, omaggio a Giacinto Scelsi con riferimenti al pop in un magma che nel suo sviluppo, come un’onda materica che cresce e decresce, ricorda anche l’affinità di Sani con le avanguardie francesi, per l’uso dell’elettronica e la texture sonora.
Anche Tehillim di Steve Reich (per cui interviene il Ready made ensemble con le voci di Paola Ronchetti, Laura Polimeno, Anna De Martini e Arianna Miceli) si gioca su crescendo e diminuendo, progressivi accumuli e assottigliamenti, ma basati soprattutto su una costruzione ritmica e metrica affascinate quanto complessa, fra le radici ebraiche e gli studi etnomusicologici del compositore. Ancora una volta, non si perde la bussola e si esce dal roveto senza pungersi, ma con quel senso di sfida e scoperta che, fra tante accoglienti radure, stimola e appaga. Ancor più, poi, appaga vedere l’impegno, il risultato e il programma accolti da calorosi applausi. Chi l'avrebbe detto, qualche mese fa? Senza spine anche la musica contemporanea? Una bella sorpresa.