L’Ape musicale

rivista di musica, arti, cultura

 

Pensare la libertà, liberare il pensiero

di Roberta Pedrotti

In un tempo che reclama la sua arte e che chiede all'arte di essere liberato, ci immergiamo nella capitale della musica: la Wiener Concert Verein porta al Musikverein un programma composito e interessante che attraversa oltre tre secoli di musica, da Mozart ai giorni nostri, con il debutto viennese di Alessandro Bonato sul podio e il formidabile percussionista Christoph Sietzen. Non senza aver visitato musei come la Haus der Musik, una tappa nella cittadina di Wels offre l'esperienza della vita musicale anche nella provincia austriaca.

VIENNA, 3 marzo 2022 - “A ogni tempo la sua arte, a ogni arte la sua libertà” proclamava, sulle soglie del XX secolo, la Secessione viennese. Il nostro tempo di arte ha un bisogno disperato, e quella libertà non può che far rima con responsabilità, Responsabilità e libertà vere e universali, dimostrate nei fatti costantemente, non solo proclamate sull'istanza del momento. Tanto più che l'idea stessa di momento, in arte e soprattutto in musica, è relativa. Siamo qui, oggi, in un mondo sconquassato, con oltre tre secoli di musica, da Mozart a Helmut Schmidinger (pure austriaco, classe 1969) passando per uno statunitense, Samuel Barber, e un russo, Dmitrij Šostakóvič. Si inizia con un Divertimento, si passa alle parole di Nietzsche su pensiero e libertà, si approda a dolorose elaborazioni del lutto, a compianti e riflessioni. Siamo al Musikverein, sancta sanctorum della musica, nel caldo splendore della più raccolta Brahmssaal, ma anche, il giorno dopo, in provincia, nel moderno Stadttheater di Wals, cittadina natale di Schmidinger. Sul palco c'è la Wiener Concert Verein, la formazione cameristica che nasce da una costola dei Wiener Symphoniker e ne assume il nome originario; c'è Christoph Sietzen, fenomenale percussionista ventinovenne nativo di Salisburgo; c'è Alessandro Bonato, che a ventisei anni raggiunge un obiettivo ben meritato, dopo un cursus honorum senza sconti, che dal talento innato ha formato già una personalità e una professionalità di tutto rispetto.

Un passato sempre vivo, un presente proteso al futuro. Un momento di riflessione e speranza che permea anche il percorso del programma, eterogeneo ma coerente, e non solo perché mostra l'ottima collaborazione fra gli artisti nel mantenere un'identità piegandosi a linguaggi diversi. Nel calore dorato della Brahmssaal il Mozart del Divertimento K 138 risuona come un balsamo di fiducia nell'umanità, tanto è luminoso e ben definito il fraseggio di quest'orchestra abituata a un suono ampio e pieno, ma pure sollecita all'impronta di un concertatore che non si fa intimidire dal luogo, anzi lo onora con la coerenza delle sue idee ben chiare: dinamiche e colori articolati con gusto, elegante naturalezza che non cede al vezzo rococò, suono netto ma morbido.

Il contrasto con il pezzo di Schmidinger è spiazzante quanto fruttuoso. Il titolo ... keinem Gedanken Glauben schenken, der nicht im Freien geboren ist und bei freier Bewegung... [“non credere in nessun pensiero che non sia nato all'aperto e libero di muoversi”, da Ecce homo] è già un eloquente manifesto di ricerca, indipendenza, emancipazione che si esplicita in una sorta di ribaltamento delle convenzioni: la partitura si basa, sì, su una cellula ritmica (ricordiamo che già i filologi del tempo di Nietzsche sottolineassero come il tedesco avesse metrica quantitativa più che accentuativa) ricavata dal frammenti nietzschiano, tuttavia essa si sviluppa esattamente con un respiro melodico (metrico quantitativo, appunto) affidato alle percussioni, mentre gli archi sono chiamati in flussi cromatici dall'effetto indeterminato, come cluster o pulviscoli sonori affini allo spettralismo, per quanto determinatissimi proprio sotto il profilo ritmico, in un disegno di estrema complessità e precisione, che non concede al podio un solo istante di tregua. Sitzen, al centro di un'ampia consolle, è strepitoso non solo per agilità, prontezza e virtuosismo, ma anche e soprattutto per musicalità, qualità e varietà timbrica in una scrittura diabolica. La percussione canta e gli archi, si direbbe, scandiscono il tempo, anche se le cose non sono così schematiche – come dimostra il bel solo del violoncello che duetta poi con le percussioni – e la sintonia fra solista e direttore è chiave, oltre che conditio sine qua non, per il successo di una prima assoluta caldamente applaudita dal pubblico. A Vienna Sitzen si fa portavoce di tutti i colleghi nel rivolgere un pensiero di pace da parte del microcosmo internazionale rappresentato sul palco (ben tredici passaporti nell'orchestra, Russia e Ucraina comprese, a cui si aggiungono l'Italia del direttore e il Lussemburgo del solista), per offrire quindi come fuori programma le Variationen zur Gesundung von Arinuschka di Arvo Pärt.

Un breve intervallo e si cambia ancora atmosfera. Sembra di sentire per la prima volta l'Adagio di Barber così cesellato nei dettagli, senza che nulla sia abbandonato all'effetto, pur lasciando parlare la pasta preziosa dell'orchestra coccolata dall'acustica della Brahmssaal. Ancor più impressionante è, però, la Sinfonia da camera op.110a, trascrizione di Rudolf Bashai del Quartetto op. 110 di Šostakóvič: solo un paio di settimane prima l'avevamo ascoltato dallo stesso direttore in altri siti, con altra orchestra e prima dell'invasione russa in Ucraina, fatto non trascurabile in generale e men che mai quando si tratta di un pezzo scritto per “le vittime del fascismo e delle guerre” [Fabriano/Osimo, concerto Bonato/Lupo, 19-20/02/2022]. La tornitura del Largo iniziale è talmente accurata nel definire la continuità di un suono presente quanto impalpabile, che il contrasto con i colpi d'arco dell'Allegro molto sferza tagliente come non mai. Sono tagli dolori ancor più perché non banalmente violenti: netti, sì, pieni di forza, sì, ma pure ingranaggi propulsivi di un moto perpetuo fatto di repentini, ma sempre ben calibrati, scarti dinamici, di afflati melodici cesellati sul crinale fra abbandono e sarcasmo, fra passi di danza e fendenti di lama. Qui si insinua il ritorno al Largo, ma non è, per tornare a Nitzsche, solo eterno ripresentarsi dell'eguale, bensì ciclo dialettico in cui tutto torna e tutto scorre arricchito e gravato da ciò che è stato. Il timbro non teme di farsi diafano, spettrale, sinistro (onore alla spalla e al primo violoncello per il coraggio di un suono così ferito), si assottiglia fino alla dissoluzione estrema; il piano, tuttavia, mantiene un suo peso, porta in sé anche svaporando la forza degli accenti dell'Allegro molto e dell'Allegretto. Così, anche in una chiusura tanto raccolta, il contenuto introiettato è tale da scatenare caldi, prolungati, applausi liberatori.

La sala è piena, l'attenzione e la partecipazione non mutano fra Mozart e Šostakóvič, fra Barber e Schmidinger. E sì che lì accanto c'è un'altra sala piena, la Goldensaal, con Semyon Bychkov e Yujia Wang. E sì che alla Staatsoper c'è Tosca, e sì che ci sono anche il Theater an der Wien, la Volksoper, la Konzerthaus... Ma questa non è concorrenza: è ricchezza. Ricchezza di una città dove si respira musica a ogni angolo di strada e dove passeggiando sembra sempre naturale canticchiare l'ouverture della Fledermaus. Ce ne si rende conto quando si osserva il pubblico, quando si notano i gruppi di bambini piccolissimi che al mattino varcano la soglia del Musikverein, quando si visitano i musei, che hanno tutti sezioni e attività specifiche per l'infanzia. Ci sono anche in Italia, ovvio, ma qui, oltre alla qualità, colpisce l'integrazione in un tessuto culturale sempre vivo e ricco di stimoli, per cui il laboratorio, l'approccio con la musica non è un evento eccezionale, ma parte della formazione del cittadino, elemento naturale nella società. Per farsene un'idea, basterebbe fare due passi alla Haus der Musik, a pochi passi dal Musikverein. Il primo piano espositivo è dedicato alla storia dei Wiener Philharmoniker e al Neujahrskonzert con fotografie e cimeli fra cui spicca la teca con le bacchette di Willi Boskovski ed Herbert von Karajan, di Karl Böhm e Hans Knappertsbusch, Wilhelm Furtwängler e Hans Pfitzner, Richard Strauss e Arturo Toscanini. Salendo, però, si rimane abbacinati. Sonotopia, il secondo piano, è una serie di esperienze interattive e di realtà aumentata di altissima qualità e intuitività, che permettono di comporre un walzer con il metodo dell'alea (letteralmente: tirando un dado virtuale), creare figure animate simili a protozoi e basate sui rapporti fra fisica del suono, schemi matematici e biologia, fare esperimenti sulle onde sonore, esplorare diversi strumenti, testare la percezione del suono in diversi ambienti o di diverse specie animali... Al terzo piano si concatenano sale dedicate ai grandi compositori legati alla città di Vienna (Haydn, Mozart, Beethoven, Schubert, la famiglia Strauss, Brahms, Mahler e così via) con una cura che travalica la nostra concezione museale, per fare dell'allestimento, finzione compresa, una forma teatrale e un contenuto esso stesso - e, d'altra parte, non è già tutta scenografia il parco di Schönbrunn, che sembra già pronto per ospitare una Zauberflöte all'aperto?. Infine, all'ultimo piano, con la guida virtuale di Zubin Mehta, è possibile dirigere i Wiener Philharmoniker e il sistema è calibrato tanto bene che davvero il video e l'audio dell'orchestra obbediscono perfino ai gesti più maldestri di grandi e piccini. Visitatori di tutte le età sono inevitabilmente rapite da un luogo che ha l'attrattiva di un parco divertimenti e i contenuti interdisciplinari di grande sostanza, seppur fruibili a vari livelli.

Una medesima attenzione all'interattività, alla comunicazione e alla formazione senza mai banalizzare è avvertibile in ogni altro museo e palazzo viennese. D'altra parte, questa è una città che ama giocare e che prende il gioco molto sul serio, sospesa com'è passo di walzer fra il piacere e la morte, eros e thanatos stretti non in un abbraccio fatale, ma nel vortice voluttuoso e inafferrabile delle danze degli Strauss. Non per nulla la psicanalisi è nata qui, l'icona sognante di Sissi è anche quello di una donna divorata da disturbi mentali, “la morte incrocia le sue dita ossute” sui brindisi dei giovani, il kaiser riposa nella Cripta dei Cappuccini, ma il Kaiserwaltz risuona perpetuo, perché l'invenzione del Neujahrskonzert fu anche un gesto di identità in risposta alla proditoria annessione, l'Anschluss, da parte del Terzo Reich.

La cultura, la musica ha fatto di Vienna una città di libertà e di pace, la pace e la libertà sono la culla di una città di musica e cultura. E fuori Vienna? Ovvio che il musicofilo viaggiatore punti alle mete più succulente e rinomate, che a Vienna affianchi Salisburgo, ma non si vive di sole capitali e anche l'Austria ha una sua provincia attiva. Abbiamo detto che il compositore Helmut Schmidinger è nativo di Wels, non lontano da Linz, ed è direttore artistico della locale stagione concertistica: l'occasione perfetta per programmare una seconda data del concerto della Wiener Concert Verein è, per noi, anche l'opportunità per conoscere un posto nuovo. Graziosa cittadina, come Vienna a perfetta misura di pedone (a proposito, nella capitale gustatevi i romantici semafori pedonali con coppiette d'ogni sesso, in provincia l'ampiezza degli attraversamenti con led colorati), teatro moderno, dagli spazi confortevoli e ben progettati (niente archistar, ma molto più gusto e buon senso di certe costosissime creazioni griffate), pubblico meno numeroso rispetto al Musikverein, ma attentissimo. E, sorpresa delle sorprese, sentendoci parlare in italiano, il vicino al termine della serata ci rivolge un “arrivederci”. Anche qui, la musica porta con sé le parole.

Bisogna, poi, dire, che se l'atmosfera e l'acustica del Musikverein non possono trovare paragoni, lo Stadttheater di Wels fa la sua bella figura con un suono netto in cui il fraseggio mozartiano si apprezza particolarmente, ma pure si rigusta tutto il programma in un'altra prospettiva, con il mito e il quotidiano accomunati nell'arte e nelle sue sfaccettature. Sarebbe una bella metafora del mondo, se il mondo fosse un po' meglio di quel che è. Quindi, che sia uno stimolo e uno strumento per renderlo tale.

Wiener Concert Verein, foto Max Dobrovich

Haus der Musik, foto Hanna Pribitzer

Haus der Musik, foto Inge Prader

Wels Stadttheater


 

 

 
 
 

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