L’arte di Lugansky
di Stefano Ceccarelli
Nicolai Logansky porta all’Accademia Nazionale di Santa Cecilia un programma che da Beethoven arriva a Rachmaninoff: la Sonata n. 14 in do diesis op. 27, n. 2 “Al chiaro di luna” e la Sonata n. 23 in fa minore op. 57 “Appassionata” di Ludwig van Beethoven, il Preludio, corale e fuga in si minore di César Franck e, infine, un’antologia (nn. 2, 4, 5, 8 e 9) degli Ètudes Tableaux op. 39 di Sergej Rachmaninov.
ROMA, 16 marzo 2022 – Nicolai Lugansky, pianista dallo stile classico, elegante, propone un concerto che rispecchia il suo carattere: in apertura, esegue due celeberrime sonate di Beethoven, Al chiaro di luna e Appassionata; poi, nel secondo tempo, passa a Franck e a Rachmaninov. La scelta del programma rispecchia bene il pianismo di Lugansky, al contempo classico, ma intenso, drammatico, che cede volentieri al pathos e sa leggere con varietà di accenti ciò che esegue.
La prima parte del recital sarà risultata assolutamente gradita al pubblico: “Al chiaro di luna” e “Appassionata” sono, infatti, fra le sonate più amate di Beethoven. Le famose, malinconiche terzine dell’Adagio sostenuto della prima delle due sonate, nota con apocrifa dicitura “Al chiaro di luna”,scorrono con una certa naturalezza, donando quel paesaggio sonoro indefinito su cui si posa la melodia principale, indugiante, cromatica. Lugansky ha il raro dono di eseguire tutto con grande naturalezza, come nell’Allegretto, venato di una certa malinconia. La precisione, unita a un equilibrio agogico che rafforza il gesto pianistico, la fa da padrone nel Presto agitato; Lugansky scolpisce gli accordi spezzati ascendenti che costituiscono il nerbo di questo movimento, stemperando lo sviluppo con momenti di impercettibili indugi, che dilatano senza strappare l’ethos del pezzo. Prosegue, poi, con l’altrettanto celebre “Appassionata”. L’Allegro assai è un capolavoro di equilibrio. Lugansky è un interprete dal piglio nobile, brillante; preferisce, di conseguenza, esprimere la gamma emozionale di ciò che suona con un certo trasporto, ma mai totale abbandono. Tale caratteristica si può vedere proprio nell’alternarsi, quasi repentino, fra il tema trillato del movimento e le varie esplosioni verticali di note, che rappresentano lo slancio emotivo beethoveniano. Se, per esempio, Richter qui ha dato prova di un certo dionisismo sonoro, Lugansky controlla la dizione dei vari passaggi con visione apollinea. Ciò non toglie – val bene specificarlo – nemmeno un grammo alle emozioni scaturite dal pezzo. In particolare, in questo primo movimento dell’ “Appassionata” Lugansky mostra anche tutto il repertorio tecnico di cui è capace: trilli cristallini, passaggi di volume, suoni sfumati, legati, volatine. Sublime l’Andante con moto, il cui tema, nobilmente malinconico, viene variato con inesauribile invenzione; Lugansky conferma, qui, di saper dare un senso ad ogni nota: in alcuni momenti il suono è così celestialmente rarefatto da portare la mente dell’ascoltatore altrove. L’ultimo movimento, l’Allegro ma non troppo, è un’esplosione di energia puramente beethoveniana: Lugansky la cavalca, sgranando i suoni e il loro peso con impressionante precisione.
Nel secondo tempo Lugansky si sposta verso autori a lui congeniali tanto quanto Beethoven. In apertura si esegue il Preludio, corale e fuga di Franck. Lugansky legge il pezzo con senso straordinario di tattilità sonora. Tutto il pezzo di Franck è basato su accordi sciolti che mimano lo stile organistico (di cui il compositore era indiscusso maestro). L’interprete dosa colori e volumi, spaginando tutti i sentimenti del brano, come la ieraticità intimistica della sezione del corale o la geometria sonora bachiana della fuga. A chiusura di concerto Lugansky esegue un’antologia degli Ètudes Tableaux op. 39 di Rachmaninov. L’interprete si dimostra versato anche nel pianismo più frammentato, immediato, dei singoli studi. Il primo ad essere eseguito, l’enigmatico e aquatico n. 2, richiama da vicino il I movimento della beethoveniana Al chiaro di luna; segue il n. 4, movimentato e frammentato, dove emerge anche il gusto ritmico dell’interprete. Il n. 5, invece, fin dall’indicazione agogica richiama l’Appassionata di Beethoven: qui Lugansky dà prova di sapersi slanciare in un pianismo molto sentimentale, ai limiti del turbamento emotivo. Dopo l’acquatico n. 8, fatto di liquide terzine e scivolosi accordi, di impareggiabile sensualità, Lugansky termina almeno la parte ‘ufficiale’ del concerto con il n. 9, molto muscolare, di gusto stravinskijano, che fa strappare un calorosissimo applauso per l’interprete, che si inerpica fra accordi energici, volatine, passaggi più sforzati e momenti (brevi) di stasi.
Sommerso dagli applausi, Lugansky non si sottrae ai bis di rito, regalandone tre, che variano per epoca e autore: lo Studio op. 8, n. 4 di Aleksandr Scrjabin, il Preludioop. 23, n. 7 di Rachmaninoff e il n. 4, vol. VII, op. 85 dei Lieder ohne Worte di Mendelssohn.