L’Ape musicale

rivista di musica, arti, cultura

 

Tiepolo e musica

di Vincenza Caserta

I Solisti Veneti celebrano con un concerto la presentazione della restaurata Pala del Tiepolo dedica a Santa Tecla, patrona di Este

ESTE, 24 settembre 2022 - Il silenzio all’interno del Duomo di Este è carico di suggestione, l’umano e il divino sono partecipi in eguale misura nell’idea di immenso che Tiepolo, nella sua più celebre opera di carattere religioso, ha dedicato alla patrona della città, Santa Tecla.

Lo splendore della Pala del Tiepolo riempie di luce, sovrastando con regale maestà l’altare. Nell’opera il movimento associato alle figure divine contrasta con la stasi associata alla morte terrena causata dall’epidemia di peste che colpì la città di Este, riconoscibile dalla raffigurazione delle mura del castello, mentre Santa Tecla, con lo sguardo rivolto al cielo, sembra essere il tramite tra la caducità terrena e l’eterno associato al divino.

Sabato 24 settembre musica ed arte si fondono in un eloquente quadro musicale e visivo: i Solisti Veneti celebrano con un concerto la presentazione della Pala del Tiepolo dopo il restauro. Il programma presentato dall'orchestra diretta da Giuliano Carella è caratterizzato dalla vicinanza temporale con l’opera di Tiepolo. Il Concerto grosso in re maggiore Op 6 n. 1 di Corelli apre la serata e pare proprio come l’inizio di una narrazione: grazia e gentilezza del tutti orchestrale lasciano il posto al dialogare intessuto di eleganza tra il primo violoncello ed il primo violino. Teatralità e maestosità si fondono con armonia (e sono riconducibili alla simmetria teatrale presente nell’opera del Tiepolo), nella cadenza le armonie sospese lasciano il posto alla dolcezza del nuovo tema dal diverso colore e affetto, adombrato dal modo minore e in contrasto netto con la sezione successiva. Carella punta sulla delicatezza nelle dinamiche dei pianissimo, leggeri come un soffio di vento, mentre lo scambio dialogante tra i soli di Lucio Degani, Enzo Ligresti e Giuseppe Barutti si fonde con la vivace sonorità dell’orchestra. Il successivo Largo è all’insegna di un’atmosfera raccolta in cui il canto spiegato dei soli Degani e Ligresti è uno struggente tema ripreso con imitazione in un gioco di eco che via via apre una danza barocca. Il finale è in forma fugata con le entrate dei soli a scandire chiaramente un tema che diviene festoso nell’ampliarsi all’orchestra. Una scrittura così densa è resa con viva chiarezza dai Solisti veneti diretti da Carella sia nel grazioso gioco di risposte tra i soli e l’orchestra sia nella forza con cui la coralità si fonde con la brillantezza. La vivacità dei soli regala freschezza sempre nuova a queste pagine e la scrittura del finale richiama il tema celebre della “Follia”.

Il Vivaldi del Concerto in do minore RV 766 per violino, organo, archi e basso continuo sorprende con un incipit deciso e cantabile in cui i solisti Glauco Bertagnin al violino e Roberto Loreggian all’organo riescono unire in un tema severo grande brillantezza di fraseggio e fioriture delicate assieme a sonorità piene e profonde. Bertagnin varia ogni singola sfumatura creando un interessante compromesso tra cantabilità e densità assieme all’orchestra. Nel Largo predomina l’atmosfera pastorale di un tema di tipo circolare in cui ogni elemento viene affidato ai solisti Bertagnin e Loreggian, mentre l’alternarsi del modo maggiore e minore sembra ispirato ad una dolcezza che diventa preghiera. Ogni sfumatura della tavolozza sonora è presente nell’Allegro finale, in forma fugata: il solo di Bertagnin trasmette al resto dell’orchestra una sempre rinnovata energia, mentre sotto la bacchetta di Carella ogni singolo dettaglio diventa materia vivente.

Il Concerto in sol minore RV 531 di Vivaldi per due violoncelli, archi e basso continuo è scolpito da un suono pieno ed incisivo dei solisti Gianantonio Viero e Giuseppe Barutti. In ogni loro abbellimento si spiega un canto elegante e ricercato mentre sia le dinamiche sia i tempi di Carella regalano a ogni frase la cura del dettaglio fino all’impercettibile pianissimo con cui si conclude il Largo. Reminiscenze dell’Inverno delle Stagioni predominano nell’Allegro finale con vivaci contrasti di colore. Il Concerto in fa maggiore HWV 292 Op 4 n. 4 per organo ed orchestra di Haendel si apre con una cadenza organistica in cui il solista, Roberto Loreggian, introduce in una particolarissima atmosfera. È un virtuosismo fatto di sfumature quello presentato da Loreggian, in cui non manca mai l’attenzione al dettaglio. Nell’Andante il tema diventa la rappresentazione simbolica di un cammino in cui le tre note iniziali ripetute assumono una particolare valenza, subito ammorbidite dall’abbellimento che segue. Con sonorità quasi misteriosa l’orchestra riprende questa stessa frase esposta dal solista acquisendo luminosità. È un fraseggio magico e chiaro quello del solista all’organo, mentre le tre note discendenti diventano un “topos” negli interventi orchestrali. Nell’Adagio Loreggian fa emergere un Haendel di intensa meditazione e spiritualità tra i “soffi sonori” dell’orchestra.

Il Concerto in re maggiore RV 212 “per la Solennità della Santa Lingua di Sant’Antonio in Padova, 1712” per violino, archi e basso continuo di Vivaldi trasporta in un clima festoso con l’unisono tra il solista Lucio Degani e l’orchestra. Il virtuosismo del violino rende vivace ed interessante la sezione solistica valorizzando ogni sfumatura di carattere squisitamente vivaldiano e nel dialogo con il violoncello di Barutti ogni elemento trova nuova energia. Degani canta ogni nota, dall’ostinato alle parti cadenzate lasciando trasparire un lirismo cullante nella poetica che anima il movimento Grave. L’Allegro finale idealmente riconduce al primo movimento ma con un’intensità cui la direzione di Carella dona plasticità, mentre Degani coinvolge tutta l’orchestra unendo nella cadenza finale la creatività al rispetto della scrittura.

I tre bis proposti regalano differenti quadri sonori: Vivaldi del concerto in re minore RV 127 per archi è espressione del più variegato colore dell’orchestra; Albinoni dell’Allegro da concerto Op 5 n. 2 è un inno festoso, vivace e suggestivo; Bach della celebre Aria sulla quarta corda diventa l’infinito trasposto musicalmente e regala una tavolozza che sorprende per la varietà nel sussurrare dal piano al pianissimo e ricongiungere idealmente terra e cielo.

Vincenza Caserta


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