L’Ape musicale

rivista di musica, arti, cultura

 

Tavolozza e pennello

di Luigi Raso

James Gaffigan debutta sul podio del Teatro di San Carlo con un programma eterogeneo e affascinante in cui mette in luce le sue qualità di interprete, la cura del suono e la capacità di analisi.

NAPOLI, 29 ottobre 2022 - Eterogeneo, affascinante, misterioso e colorato: questi quattro aggettivi potrebbero definire il programma scelto da James Gaffigan - classe 1979, apprezzato e affermato musicista statunitense, prossimo direttore musicale della innovativa Komische Oper Berlin, attualmente di stanza al Palau de les Arts Reina Sofía di Valencia e, fino al giugno del 2021, alla guida della Luzerner Sinfonieorchester - per il suo debutto al Teatro San Carlo. Concerto molto apprezzato dal pubblico, salutato da applausi prolungati e calorosi.

Si incomincia nel segno di Gabriel Fauré, con Pelléas et Mélisande, op.80 (1898), raffinata suite dalla musica di scena per l’omonimo dramma simbolista di Maurice Maeterlinck, la cui composizione è coeva alla trasposizione lirica del dramma da parte di Claude Debussy. La concertazione di Gaffigan affonda con lavorìo certosino di cesello all’interno delle squisitezze armoniche e strumentali delle quattro parti che compongono la suite: e in ciò ha gioco facile, essendo coadiuvato dall’Orchestra che San Carlo in eccellente forma, reduce dalle suggestioni di Tristan und Isolde, che si lascia plasmare nella ricerca di suggestivi impasti timbrici e da un fraseggio sempre appropriato e scolpito. Se il Prélude è denso e carico di mistero, aerea e pacata è la Sicilienne, delle quattro parti della suite quella che gode della maggior popolarità. Un lettura, dunque, attenta ai particolari per una partitura nella quale aleggia un diffuso senso di pacatezza, impreziosito dai bei interventi delle prime parti dell’Orchestra, legni in primis, alle quali James Gaffigan tributa il proprio personale ed evidente apprezzamento.

Più luminoso nelle sonorità e asciutto nel ductus musicale è il successivo Trittico Botticelliano di Ottorino Respighi, eseguito per la prima volta alla Konzerthaus nel settembre del 1927, a testimonianza della caratura internazionale del compositore bolognese. I tre brevi poemi sinfonici descrivono in musica tre capolavori di Sandro Botticelli. Maestro dell’orchestrazione, del senso del colore e delle nuances, Respighi; stasera tocca a Gaffigan e all’orchestra sancarliana dare corpo e la giusta tonalità ai colori immaginati per tradurre in musica l’eleganza e l’ideale classico che regna su La Primavera, L’adorazione dei Magi e La nascita di Venere, le tre tempere conservate nella Galleria degli Uffizi a Firenze.

Esecuzione pulita del tratto, come il disegno di Botticelli, luminosa nei colori, apollinea nel contenimento delle tensioni dinamiche. Perfetti per colore e intensità i primi fagotto, oboe e flauto, rispettivamente Mauro Russo, Hernan Garreffa e Bernard Labiausse, ne L’Adorazione dei Magi, dai quali si staglia e si riconosce la tenera melodia di Tu scendi dalle stelle, magnificamente introdotta dal fagotto e impreziosita dal ricamo del flauto. A James Gaffigan il pennello, all’Orchestra del San Carlo la tavolozza.

L’eterogeneità del programma ci conduce a fare un salto nel mondo musicale - paradisiaco, a giudizio parzialissimo, quindi viscerale e opinabile, di chi scrive - della sublime Sinfonia n. 41 in do maggioreJupiter, K 551 di Wolfgang Amadeus Mozart. Se nei due precedenti brani di Fauré e Respighi si ammira la padronanza tecnica di James Gaffigan, il suo controllo dell’orchestra e la capacità di ottenere con un gesto eloquente gli accenti e i colori desiderati, nella Jupiter a colpire è l’eleganza dell’eloquio musicale, la sua levigatezza, il procedere con grazia conciliando le pulsioni vitalistiche dell’Allegro vivace del primo movimento e della monumentale fuga conclusiva del quarto (Molto allegro) con l’apparente serafica pacatezza dell’Andante cantabile del secondo. Tutto si tiene grazie a una visione adamantina, figlia di quella “genuinità riconquistata” presente negli ultimi capolavori mozartiani. E quindi si procede con sonorità ben definite, ma smussate nell’Allegro vivace del primo movimento, con squisito fraseggiare nel corso del sublime Andante cantabile del secondo, senso del ritmo, perfetto equilibrio tra le sezioni orchestrali nel Minuetto e trio del terzo e, infine, nel Molto Allegro finale con timpani e contrabbassi ben saldi nel sorreggere l’intero edificio musicale di quel portento che è la fuga innervata da ben cinque idee tematiche.

Al termine, il pubblico dimostra di apprezzare molto il risultato artistico, la giovialità e la signorilità del direttore, il quale, quasi schermendosi, indietreggia più volte pur di indirizzare gli applausi all’orchestra e alle sue eccellenti prime parti.


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