L’Ape musicale

rivista di musica, arti, cultura

 

Carmen all’aria (aperta)

di Antonino Trotta

Non convince la riduzione di Carmen del Teatro Regio di Torino per la seconde edizione di Regio Opera Festival: solo Jean-François Borras si fa notare nei panni di Don Josè.

Torino, 26 giugno 2022 – Al Teatro Regio di Torino, nell’ambito della rassegna estiva Regio Opera Festival, Carmen parla tanto e racconta poco. A sproloquiare, però, non è la protagonista ma il bravo attore Yuri D’Agostino che, nella riduzione dell’opera ideata dal direttore artistico Sebastian Schwarz, incarna uno stralunato Bizet: tornato nella sua dimora a Bougival, cent’anni dopo la prima del 1875, Yuri Bizet, in compagnia di quattro individui – eredi o occupanti abusivi, non s’è capito – che poi diverranno i protagonisti della narrazione musicale, collega gli highlights dell’opera sovrapponendo alla trama qui e là aneddoti storici e divagazioni varie più o meno interessanti. L’intento, chiaramente, è quello di costruire uno pièce teatrale divulgativa, uno spettacolo che magari avvicini Carmen ai neofiti dell’opera col desiderio di evidenziarne la violenta modernità, di rivolgere interrogativi al pubblico, di invitare perché no alla riflessione. Resta però il fatto che, almeno in teatro, a un’idea nobile si deve affiancare un’emozione affinché la prima si possa trasformare in ideale e svincolarsi dall’asettica retorica, e quest’emozione in verità manca del tutto. Già perché tra tante chiacchiere, alla fine i quattro personaggi maggiori – sì, quattro, non c’è tempo per gli altri – risultano appena abbozzati, si fatica a lasciarsi sedurre da essi, ad amarli o odiarli, insomma a stabilire quel contatto che fa vivere l’opera sulla propria pelle – a questo punto, poi, è lecito chiedersi quanto sia efficace provare a conquistare i giovani, numerosissimi, con una semplificazione che poi si traduce in ingente sottrazione – così da dare sostanza a quegli ideali a cui prima s’accennava. In questo contesto la regia di Paolo Vettori fa il meglio che può, non aiutato dall’essenziali scene di Claudia Boasso e dai costumi essenzialissimi di Laura Viglione.

I musicisti pagano lo scotto del taglia e cuci generale. Sesto Quatrini trova il suo punto migliore nell’entrata del III atto, dove ottiene dall’Orchestra del Teatro Regio di Torino sonorità vaporose e sfumature ben pronunciate. Il resto è concertato con professionalità, anche se i tempi serrati – del resto è qui biasimabile la scelta di suonare il preludio come il bis di un concerto sinfonico dal programma nazional-popolare? –mettono in crisi i solisti e il pur sempre valido Coro del Teatro Regio, istruito dal maestro Andrea Secchi.

Al di là del vertiginoso stacco tra registro grave e registro acuto, la Carmen di Ketevan Kemoklidze è piuttosto piatta, priva di quella carica erotica e di quel fuoco che ci si aspetta e che dopotutto definisce il personaggio. Benedetta Torre è una Micaela corretta, Zoltán Nagy un Escamillo assolutamente censurabile. Solo Jean-François Borras si fa notare nei panni di Don Josè: con voce bella, ben emessa, e linea di canto ovunque impreziosita da morbide smorzature, ci regala una «La fleur» che da sola risarcisce l’insofferenza che le natiche manifestano sempre in queste rassegne all’aria aperta.

Arsenale strapieno e applausi generosi per tutti.


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