L’Ape musicale

rivista di musica, arti, cultura

 

Nabucco austriaco e siberiano

di Irina Sorokina

Continua a destare perplessità, con quale momento di comicità involontaria, il Nabucco risorgimentale pensato per l'Arena da Arnaud Bernard e Alessandro Camera. Convince invece la concertazione di Daniel Oren e il cast, con il baritono siberiano Roman Burdenko nei panni del protagonista.

Verona, 10 luglio 2022 - Torna in Arena il grandioso allestimento di Nabucco firmato Arnaud Bernard e Alessandro Camera, la prima nel 2017, gioia degli occhi e molti dubbi per la mente, sempre in stile kolossal e in stretta parentela con i grandiosi allestimenti di Franco Zeffirelli. Ma se il maître fiorentino si atteneva rigorosamente ai luoghi e all’epoca dell’originale, il regista francese decise di ambientare l’opera giovanile verdiana nella Milano risorgimentale, durante le calde Cinque Giornate. Rimangono delusi gli spettatori abituati ai Nabucco in linea col libretto di Solera, privi della possibilità di vedere sul palcoscenico le imponenti architetture di Gerusalemme e Babilonia: il loro posto viene preso dal Teatro alla Scala trasformato dagli invasori austriaci in quartier generale, nella riproduzione del tempio di lirica milanese realizzato dallo scenografo Alessandro Camera. Una vera opera d’arte che, con molta probabilità, attira il pubblico al pari o anche di più di una rappresentazione di Nabucco. La riproduzione della Scala ruota facendo vedere interni diversi per destare sospiri ed esclamazioni quando scopre la sala in rosso e oro di Piermarini (con palcoscenico ma senza orchestra) dove il pubblico assiste ad una rappresentazione . Qui Bernard usa un vecchio trucco come il teatro nel teatro: il pubblico, gli austriaci in platea e gli italiani nei palchi e in galleria, assiste proprio ad una recita della terza opera del giovane Verdi.

Molti sono i dubbi e addirittura i rimproveri che possono essere indirizzati allo spettacolo di Bernard e Camera: la tentazione di mettere a confronto i fatti, i personaggi e gli abiti storici con quelli che si vedono nella produzione è troppo forte se non insuperabile. Non solo la sala della Scala non prevede orchestra, ma sul balcone sventola un'anacronistica bandiera italiana, come non si era ancora costituita la Croce Rossa: e le crocerossine con i copricapi che le distinguono sono presenti nella folla che si muove sul palcoscenico areniano. Desta un sorriso Abigaille che diventa una principessa austriaca e indossa un abito color blu elettrico simile alla divisa degli ussari, desta un sorriso Nabucco trasformato nondimeno che nell’imperatore Francesco Giuseppe impazzito non perché si è proclamato il Dio ma in seguito ad un attentato. Alcune scelte del regista vanno oltre a un sorriso e arrivano addirittura a provocare delle risate omeriche come il levita trasformato in un patriota milanese o Nabucco nelle vesti dell’imperatore austriaco che gira intorno al tempio della lirica milanese con la testa fasciata. C’è anche un momento di una certa confusione nel terzo atto ambientato al Teatro alla Scala: i personaggi trasformati nel capo del popolo, nel soldato italiano, nella principessa austriaca salgono sul palcoscenico e tornano nelle vesti originali di Zaccaria, Ismaele, Fenena. Alla confusione si aggiunge un altro largo sorriso: al momento del famoso “Va’ pensiero” gli italiani e gli austriaci entrano in un conflitto e i patrioti milanesi ricorrono ad una gesticolazione animata: un chiaro riferimento al film Senso di Visconti, peccato, che l'azione delle comparse sia francamente caricaturale.

Per “salvare” la produzione di Bernard-Camera ricordiamo che il melodramma è per sé un genere d’arte strampalato e quindi confrontare le fantasie di scenografi e di registi con le vicende storiche è profondamente sbagliato.

Dopo la prima di Nabucco col baritono mongolo Amartuvshin Enkhbat nel ruolo del titolo, di casa ormai in tutti i teatri italiani più importanti, abbiamo Roman Burdenko che ci sorprende piacevolmente all’inizio delle recita e costringe a infiniti “bravo!” in conclusione. Probabilmente, non tutti hanno consultato il web prima di prendere posto sui gradini roventi dell’Arena, ma se lo avessero fatto, avrebbero scoperto che Burdenko è nato a Barnaul, nella regione di Altaj che vanta delle montagne spettacolari al confine con la Mongolia, la Cina e il Kazakistan. È artista affermato, solista del Teatro Mariinskij di San Pietroburgo e vanta ben cinquantadue ruoli nel proprio repertorio che spazia dalle opere russe a quelle di Wagner passando, ovviamente, per il repertorio verdiano, tutte interpretate con uguale successo. Possiede una voce davvero bellissima per timbro, pastosità e estensione, pulita e piacevolmente virile e recita la parte impegnativa del re di Babilonia (pardon, di Francesco Giuseppe) con estrema naturalezza, senza il rischio di cadere in ridicolo. Molto bene l’attesa aria “Dio di Giuda” in cui la pronuncia è buona, il legato è impeccabile e il senso drammatico evidente. Quest’anno in Arena abbiamo un altro grande Nabucco, si potrebbe dire con soddisfazione.

Accanto a lui, il soprano polacco Ewa Plonka si rivela un’Abigaille particolare e capace di emozionare. Non è certo un soprano drammatico d’agilità “granitico” in stile Guleghina, la voce è molto più morbida e particolarmente lucente. Mai un attimo di esagerazione o rozzezza, la cantante gioca sul legato e sulla musicalità. Ne viene un’Abigaille insolitamente umana che desta quasi comprensione e non antipatia o addirittura rigetto. Commovente la scena della morte ricca di piani sofisticati e accenti accuratamente elaborati.

Rafal Siwek, già ascoltato nei panni di Zaccaria, conferma la sua reputazione di un ottimo interprete del ruolo: la voce non è eccezionale per timbro o volume, ma le qualità d’interprete valgono al basso polacco il titolo di uno dei migliori Zaccaria oggi in circolazione. Padroneggia la scena con dignità e sicurezza e canta con molta naturalezza, sfoggia una voce ben sonora, omogenea in tutti i registri, anche se a volte sale con una certa fatica.

L’ingrato ruolo d’Ismaele spesso è affidato ai tenori “sbagliatI”, fortunatamente, nella ripresa di Nabucco in Arena troviamo il tenore giusto nell’opera giusta: l’appassionato e musicale Samuele Simoncini regala al personaggio voce ben impostata e buono squillo, rende il personaggio credibile e qualche forzatura gli si perdona facilmente.

Efficace Francesca Di Sauro nel ruolo di Fenena, il suo assolo “Oh dischiuso è il firmamento” non passa certo inosservato grazie all’alto grado di lirismo.

Sicuri e ben funzionanti i comprimari, Nicolò Ceriani – Gran Sacerdote di Belo, Elisabetta Zizzo – Anna, Carlo Bosi – Abdallo.

Ritroviamo con piacere Daniel Oren a capo dell’orchestra areniana: l’opera del giovane Verdi è decisamente nelle sue corde e la conduce nella propria maniera, segnata da energia frizzante e gesto deciso. Il suo Nabucco risulta pieno di contrasti con la prevalenza di ritmi incalzanti che però nei momenti giusti cedono lo spazio a degli squarci lirici d'ampio respiro come “Dio di Giuda” di Nabucco o ”Oh dischiuso è il firmamento” di Fenena; lodevole la conduzione dei pezzi d’insieme in cui riesce a valorizzare tutte le linee vocali.

Molto vivo e partecipe il coro areniano preparato da Ulisse Trabacchin che riesce sempre ad ottenere il meglio dai suoi artisti; ovviamente, viene bissato il celeberrimo “Va’ pensiero”.

Peccato per tanti posti vuoti in Arena: questa recita sarebbe meritato un pubblico più folto. Alla fine un successo notevole e grandi applausi per tutti, soprattutto per Roman Burdenko.


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