L’Ape musicale

rivista di musica, arti, cultura

 

Slancio virtuoso

di Luigi Raso

Dan Ettinger e Alexander Malofeev sono protagonisti, per la stagione del San Carlo al Politeama, di un programma dedicato a Rachmaninov e Rimskij Korsakov in cui, senza sentimentalismi e con impeto, si mette ancora in luce l'ottima orchestra del massimo partenopeo.

NAPOLI, 14 febbraio 2023 - Composto tra il 1900 e il 1901 il Concerto n. 2 in do minore per pianoforte e orchestra di Sergej Rachmaninov ebbe il merito il traghettare, insieme alle cure ipnotiche del dott. Nikolaij Dahl, il compositore russo dal buio della crisi artistica e della depressione, scatenata dall’insuccesso della sua prima Sinfonia in re minore, al successo e alla realizzazione di una tra le più personale e riuscite opere della sua produzione.

Un concerto che è una rappresentazione di una catabasi e un’anabasi esistenziale, momenti a loro modo individuabili nella struttura del concerto stesso: il primo movimento - Moderato - drammatico, solenne, cupo e tormentato; il secondo - Adagio sostenuto - dal soffuso e placido lirismo; infine, l’Allegro scherzando del terzo, così scintillante, ironico, travolgente che ci conduce sulle vette delle riconquistata felicità dopo le tenebre dei lugubri accordi iniziali del pianoforte in apertura.

Alexander Malofeev, giovanissimo (classe 2001) e talentuosissimo pianista russo, in sintonia interpretativa con la concertazione di Dan Ettinger opta per una lettura serrata, estremamente sbalzata del concerto: tensione costante, pathos, e - vivaddio! - poco spazio allo stucchevole sentimentalismo che affiora dalla ispirazione tardo romantica dello stesso Rachmaninov, che, in questo concerto, oscilla tra eccessi sentimentalistici a buon mercato è un’innegabile suggestione melodica.

Malofeev del pianoforte è certamente un gran virtuoso: il tocco limpido, martellante, sicuro, la ricca gamma dinamica e la tensione del ductus musicale, la tecnica agguerrita gli consentono di dominare la diabolica scrittura pianistica. Quella di Malofeev è una prova muscolare, incalzante, che resta vigile e ferina anche nelle oasi di respiro che Rachmaninov concede (in particolare, nel secondo movimento). Fraseggio screziato, virtuosismo funambolico, nitore e giusto peso del tocco e dell’uso del pedale regalano un’esecuzione incandescente e trascinante del concerto di Rachmaninov giustamente salutato da un’ovazione finale e richieste di bis: alla fine gli encores sono tre (per la cronaca e nell’ordine, la trascrizione per pianoforte di Mikhail Pletenev del Pas de deux dal balletto Lo schiaccianoci di Čajkovskij, il Precipitato, in una iper e troppo sincopata lettura, dalla Sonata per piano n. 7, op. 83 di Sergej Prokof'ev e, infine, la raccolta e melanconica Serenata op. 38 di Nikolaj Metner), tre brani tanto eterogenei che danno modo a Malofeev di mostrare tutte le sfaccettature del suo pianismo, non limitate al solo approccio energico e deciso, ma capace di sottigliezze, di lirismo e intimismo difficilmente immaginabili durante l’esecuzione del concerto di Rachmaninov.

Sul versante orchestrale Dan Ettinger ha la fortuna di guidare l’Orchestra del Teatro San Carlo che si presenta quale strumento duttile, reattivo, ricco di colori, e affidabile. Ad essa il maestro israeliano apporta quella palpabile dose di energia che emana il suo gesto: ne scaturisce, quindi, un’esecuzione vibrante, trascinante, improntata a speditezza agogica ad asciuttezza dell’eloquio che, come accennato, limitano il pericolo - sempre in agguato quando si esegue la musica di Rachmaninov - di cadere e impantanarsi in stucchevole e mieloso sentimentalismo.

Dan Ettinger e la sua orchestra (dal gennaio 2023 il maestro israeliano ricopre la carica di direttore musicale del Teatro San Carlo) si immergono in una lettura ricca di contrasti, con affondi sonori ben piazzati e calibrati (l’attacco iniziale, il vorticoso finale, per citare due esempi).

Ottime le prove delle prime parti dell’orchestra (giusto per citare quelle più esposte, il primo clarinetto di Luca Sartori, il primo flauto di Silvia Bellio, il fagotto di Matteo Maggini e la sempre lodevole, per il raro colore del suo suono intenso, prima tromba di Fabrizio Fabrizi). L’orchestra sancarliana è un compagine sempre coesa, e che sembra essersi già stabilmente sintonizzata sulle frequenze interpretative del suo nuovo direttore, così come nella ricerca di un suono robusto, a tratti violento, poco smussato, espressione di quella debordante energia che, a giudizio di chi scrive, costituisce pregio e limite, quando non adeguatamente incanalata in una visione armonica della partitura, della suggestiva e decisa personalità musicale di Dan Ettinger.

In questo contesto orchestrale, se la precedente prova concertistica di Dan Ettinger, la Sinfonia IX di Beethoven (qui la recensione) aveva lasciato in chi scrive più dubbi irrisolti che punti fermi, l’esecuzione della successiva suite sinfonica op. 35 Sheherazade (del 1888) di Nikolaj Rimskij-Korsakov è convincente sia sotto l’aspetto puramente tecnico sia sotto quello interpretativo.

Ad imporsi sono i colori che le mani di Ettinger traggono dall’orchestra; il virtuosismo dell’orchestrazione, dal sapore orientaleggiante, è sicuramente uno dei punti di forza della celebre partitura: e nei colori, spalmati su un suono netto, tagliato e deciso, Ettinger costruisce uno dei suoi punti di forza.

A tenere insieme i quattro movimenti/racconti che compongono Sheherazade è quel fascio di tensione che ha in precedenza attraversato l’esecuzione del Concerto di Rachmaninov: ma ora, in Sheherazade, tensione ed energia si fanno ancor più evidenti, vividi e perentori. Ma non v’è solo la corsa verso l’apoteosi della Festa a Baghdad e del naufragio della nave (laddove Ettinger concede troppo a una indomita foga sonora), perché nell’Andantino quasi allegretto del terzo movimento Ettinger ruba e sospira “con garbo e a tempo”, disegnando un bozzetto di lirismo intenso, raffinato e struggente all’interno della celeberrima e stupefacente partitura di Rimskij-Korsakov.

L’orchestra del San Carlo si dimostra compagine di prima classe, precisa, possente nelle sonorità, capace di attraversare e dominare un ampio spettro dinamico, reattiva nel tradurre in musica il gesto di Ettinger e i suoi, a volte repentini, cambiamenti di tempi.

Il primo violino di spalla dell’Orchestra, Gabriele Pieranunzi, merita un encomio convinto per il suo solismo puro, apollineo, sempre al servizio delle intenzioni del compositore. Le introduzioni/intermezzi violinistici che attraversano le quattro parti della suite sinfonica sono estremamente lirici, a tratti quasi sussurrati, evanescenti, come nel diafane note finali. Pieranunzi rinuncia ad ogni sterile eccesso virtuosistico per mettersi al completo servizio della musica, per dar voce, con il suo violino e con suono morbido e insinuante, al racconto ammaliatore di Sheherazade.

Teatro Politeama strapieno, pubblico entusiasta, caloroso successo per tutti, applausi convinti e prolungati.


 

 

 
 
 

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