Pensiero mistico
di Vincenza Caserta
I Solisti veneti presentano un programma pasquale fra Vivaldi e Pergolesi, attraverso anche Dall'Abaco e Tartini.
Padova 29 marzo 2023 - Padova antica, la maestosità del romanico e l’imponente presenza di capitelli e pilastri a custodire secoli di storia: la chiesa di Santa Sofia, avvolta nel silenzio, ed i suoi affreschi di scuola giottesca immergono già in quella beatitudine che si compirà in musica. Carella e i Solisti Veneti presentano un ricco programma per il Concerto di Pasqua del 29 marzo: il Concerto da Chiesa in si bemolle maggiore Op 2 n 9 per archi e basso continuo di Evaristo Felice Dall'Abaco immerge subito con il suo Andante iniziale in un dualismo tra il carattere trionfale e quello meditativo, ogni pausa si carica di attesa prima di piombare nel fugato che si anima con destrezza sotto la bacchetta di Carella, sfruttando le sonorità più flebili nel suo complesso articolarsi. La dolcezza che si espande nel Largo è ancora una volta proiezione di una ricerca sonora da parte dell'orchestra che rende vivo l'elemento più vicino al pensiero mistico, quasi a voler anticipare ciò che sarà svelato nello Stabat Mater nella seconda parte del concerto. Il contrastante Allegro e spiccato anima di vivacità ogni elemento nella parlante cantabilità dei violini e nelle brillanti risposte dei violoncelli. Il Concerto in la minore RV 419 di Vivaldi per violoncello, archi e basso continuo con solista Giuseppe Barutti è un vero e proprio racconto, con tanto di trama, personaggi e sorprendenti svolte. L'incipit Allegro, dal piglio deciso e convincente, è quasi un dialogo in cui Barutti non rinuncia mai ad un canto spiegato, a sonorità piene capaci di animare in modo convincente ogni cellula musicale. Il vertice espressivo sembrerebbe essere raggiunto da Barutti nella cadenza finale del primo movimento, tanta è l'enfasi lirica che riesce a trasmettere attraverso la schiettezza di un canto semplice, profondamente ispirato che parla all'anima tra i gentili rintocchi all'organo di Loreggian. Il dialogo con l'orchestra è ricco di sfumature e anche le frasi ripetute in pieno stile vivaldiano riescono a mettere in luce aspetti di volta in volta differenti, misteriosi e poetici, a tratti quasi onirici. Il passo più innovativo e decisamente proiettato in avanti nella storia della musica è segnato dall'Allegro finale che sembra insinuarsi con una danza delicata, come un soffio di vento destinato a diventare sempre più travolgente. Barutti coinvolge i violini in una ricerca fantasiosa in cui Carella ed i Solisti diventano registi di un prezioso gioco di suoni. Il Concerto in la minore D 113 di Tartini per violino, archi e basso continuo con solista Lucio Degani riporta ancora verso una narrazione in bilico tra diverse sfumature di colore, esaltate da una risposta sempre pronta dell'orchestra. Il momento in cui Degani esprime la massima ricercatezza espressiva è dato dal Grave, con la commovente linea cantabile del solista contrastante con l'eco singhiozzante dei violini dialoganti di Parrini e Ligresti. Spicca l'Allegro finale, di ampio respiro in cui l'apparente severità di scrittura viene stemperata dal serrato dialogo tra le parti d'orchestra, la partecipazione viva dell'orchestra di Carella rende brillante il dialogo con il solista attraverso timbriche cangianti e convincente spigliatezza ad animare le progressioni discendenti di Degani. Contrastante la cadenza finale, fiera nella ricercatezza dei colori.
La parte più suggestiva del concerto è quella dedicata allo Stabat Mater di Pergolesi, in cui la sensazione degli ascoltatori è davvero quella di una parentesi mistica. Carella ed i Solisti veneti preparano nell'introduzione orchestrale la tenerezza e l'intensa umanità attribuita da Pergolesi ai disegni discendenti di scrittura. Le immagini pittoriche presenti nella Chiesa di Santa Sofia si fanno partecipi della narrazione musicale, intensa e teatrale, resa magistralmente dal soprano Hélène Walter e dal contralto Andrea Nino, capaci di descrivere quell'umanità così complessa e travagliata che cerca risposte al tormento di una madre. Sintonizzare la natura emotiva legata al testo poetico di Jacopone Da Todi alla più immediata capacità di sintesi del linguaggio musicale è l'arduo compito che Carella ed i Solisti affrontano con piena padronanza e grande flessibilità. È l'umanizzazione del dolore reso attraverso l'arte che anche in sezioni come "Cuius animam gementem" rende vivo e incisivo il senso di smarrimento attraverso la delicatezza degli archi ad accompagnare il soprano nella sua drammatica descrizione. È una profonda riflessione sulla sofferenza dell'umanità questo Stabat Mater, in cui non vi è nulla che non richiami al mesto tono di preghiera, e anche in uno dei momenti più forti, come "Vidit suum dulcem natum" del soprano, si avverte la presenza di un dolore composto. La massima teatralità delle due interpreti si esplicita in particolare nel duetto "Sancta Mater istud agas"in cui la descrizione della condizione umana di fragilità diventa corale condivisione ancora una volta sottolineata dalla presenza di un'orchestra umanizzata quasi a rappresentare una visione globale del mondo. Il senso religioso di preghiera avvolge lo Stabat Mater in un'aura in cui il contrasto tra luci e tenebre trova risposta e tutto sembra svelato in quel finale di intensa commozione che ruota attorno all' "Amen". Bis generosi: il Laudamus dal Gloria di Vivaldi è espresso con vivacità gioiosa, mentre il contrasto di colori accompagna la ricerca di suono dell'orchestra nella conclusione con il duetto finale dallo Stabat Mater in cui convince la vis espressiva.