L’Ape musicale

rivista di musica, arti, cultura

 

Variazioni

di Roberta Pedrotti

L'Orchestra Mozart e Daniele Gatti tornano a Bologna con Wagner e Brahms in una lettura che desta l'entusiasmo del pubblico e solleva riflessioni per la spasmodica ricerca e il continuo lavorìo del direttore sul tempo e sulla dinamica.

BOLOGNA 11 aprile 2023 - Tutto si trasforma e nulla si distrugge? Purtroppo, nel mondo della musica e del teatro, capita che qualcosa si distrugga, ma per fortuna l'Orchestra Mozart si è solo trasformata e non era scontato, legata com'era alla figura catalizzante del suo fondatore Claudio Abbado. Oggi l'organico non sarà più sempre quello, ci sarà qualche avvicendamento, ma l'orchestra c'è, raduna all'uopo ottime schiere di musicisti, ha trovato in Daniele Gatti il suo nuovo punto di riferimento, non ha perso un pubblico che accorre fedele, numeroso e giustamente entusiasta.

Purtroppo, nelle trasformazioni in corso a Bologna con la chiusura del Comunale, si verifica intanto il domino delle sale e il concerto primaverile della Mozart, apertura di una mini tournée che farà tappa ad Aix en Provence e Lugano, si tiene all'Arena del Sole, una delle case cittadine del teatro di prosa, non proprio la più confortevole per i concerti sinfonici. L'acustica non è amica, asciuga gli armonici, schiaccia alcune frequenze, si accanisce sugli archi. Peccato, soprattutto perché nel brano d'apertura, il Siegfried Idyll di Wagner, il velluto sonoro è tutto, e se non tutto moltissimo in un gioco sottile di pesi e intrecci che per forza di cosa risulta penalizzato. La prima parte della serata si completa con le Variazioni su un tema di Haydn op. 56a di Brahms, che sembra quasi voler squadernare l'apice dell'apprendistato del compositore, della sua devozione alla dottrina classica prima di immergerci nell'apice della sua esperienza sinfonica, la Quarta sinfonia che occuperà tutta la seconda parte. A legare i due brani non è solo l'evidenza biografica della cesura di una fase creativa, ma anche la coincidenza nel ricorso alla pratica del tema e variazioni e nel richiamo a un maestro del passato, qui Bach.

Daniele Gatti interpreta questo parallelismo declinando la sua spiccata propensione a plasmare il tempo e la dinamica in un moto continuo. Una propensione che in una fase precedente della sua carriera lo aveva portato anche a estremi non sempre ben controllati e convincenti e che ora, invece, sembra giunta a una maturità che non vuole compromessi, ma non perde nemmeno di vista qualità e continuità d'ispirazione. Ecco allora che, in un medesimo taglio interpretativo, la lettura del primo pezzo sarà tanto composta e serena quanto sarà poi inquieta e frastagliata quella del secondo. Le varie gradazione agogiche concatenate nelle otto Variazioni si dipanano con la stessa chiarezza con cui è enunciato e ritorna il tema fondante, l'orchestra è parimenti compatta e limpida – al netto dell'acustica ingrata – nel rendere il tessuto brahmsiano serio e non serioso anche dove si debba far solenne. Si prepara così il terreno, si espongono la tecnica e il lessico classico del maestro quarantenne che si confronta con il padre della sinfonia prima di osare inoltrarsi sullo stesso terreno. Dodici anni (e tre sinfonie) dopo, Brahms nella Quarta compie l'opera in un capolavoro.

Difficile immaginare un direttore al mondo che non veda la Quarta di Brahms come un santo Graal, un sogno degno di timore reverenziale, oggetto d'infinito studio. Gatti non sembra fare eccezione, ovviamente da par suo, vale a dire con una cura minuziosissima, un'attenzione spasmodica battuta per battuta nella definizione di un percorso personale. Appare evidente fin dall'incipit, estenuato come non mai e poi improvvisamente acceso di vita: sale alla ribalta l'amore di Gatti per gli estremi e i contrasti, al fluire di un'unica tensione preferisce la sorpresa di sbalzi repentini, alla natura la volontà. Solo nella ripresa il tema iniziale sembra scontornarsi con respiro più disteso, ma subito riprende piede l'inquietudine di una continua ricerca, di un continuo mutamento, ora incalzando impaziente ora quasi fermandosi, come avviene nel quarto movimento, sull'esposizione degli ottoni. La gestione libera e quasi maniacale del tempo da parte di Gatti va di pari passo con l'acribia nella definizione delle varie voci, nei rapporti fra le sezioni, nella ricerca di un'evidenza insolita per alcuni passaggi o per linee solitamente secondarie. Il terzo movimento, tuttavia, pur continuando a giocare su pesi, tempi, scambi, ha una compattezza che sembra concedere poco alla brillante lucentezza dello Scherzo, per mantenere in sottofondo un senso di costante, severo rovello. Il rischio inevitabile è che si scivoli nel calligrafico, nella leziosaggine, in uno stupore continuo che potrebbe stordire: Gatti se lo assume, questo è lui, prendere o lasciare, con le spalle tecnicamente abbastanza larghe per reggere scelte estreme e non perdersi in questo continuo rubare, ritenere, accelerare. La sua Quarta è sua senz'altro: senz'altro ponderata, senz'altro anche discutibile, con momenti di grande fascino e altri che possono dar adito a qualche perplessità nel loro deliberato eccesso. Però, c'è da esser felici quando ci si interroga e si discute non su argomenti di bassa cucina, ma sul senso di un'interpretazione, sulla personalità dell'artista, il suo rapporto con il testo e i confini che varca. Né è necessario avere la risposta in tasca: le sensazioni durante il concerto sono contrastanti ma l'attenzione è sempre viva, ci si sente costretti a non abbassare mai la guardia, a seguire il percorso di Gatti anche quando ci si domandi se questo streben faustiano cerchi il cuore di Brahms o, piuttosto, non lo forzi, se l'atto di volontà di fronte al tempo e al suono sia volo sublime o tracotante, né basta l'oggettiva bontà dell'esecuzione a rispondere. Anzi, la resa migliore rende ancor più evidente l'idea e gli interrogativi che porta con sé.

Il pubblico in sala esplode in una prolungata ovazione. Se la critica fosse un oracolo o un tribunale, potremmo emettere un verdetto. Per fortuna è solo uno spazio di riflessione in una continua ricerca. Tutto si trasforma: anche Brahms e chi lo interpreta.


 

 

 
 
 

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