Giovani voci e prospettive inquiete
Un cast giovane e un allestimento collaudato dalle atmosfere perturbanti conducono al successo Gianni Schicchi al Comunale Pavarotti Freni di Modena.
MODENA, 22 dicembre 2024 - Un piccolo miracolo, la gioia incontenibile dell’arte e della grande musica. Dove tutto questo? La nostra strada ci porta alla dolce Modena che diede i natali a voci fra le più belle del secolo scorso: Mirella Freni e Luciano Pavarotti. Il cartellone del Teatro Comunale Pavarotti Freni è ricco e vario e le sue produzioni raramente deludono, come non deludono due rappresentazioni di Gianni Schicchi, la parte conclusiva del Trittico pucciniano, più celebre e popolare.
L’attuale, davvero simpatica ma pure inquieta, messa in scena porta le firme di Stefano Monti per la regia, Rinaldo Rinaldi per le scenografie e Andrea Ricci per le luci: ne viene fuori uno spettacolo elegante, coinvolgente, ma anche dalle tinte scure. La faccenda della lotta per l’eredità sfuggita ai parenti di Buoso Donati e dell’inganno per mano del plebeo Gianni Schicchi è collocata in una cornice perturbata: la stanza di Buoso è “storta”, il letto del defunto è al centro di una pedana quadrata e inclinata con riflessi rossi dalle finestre. Sembra sbilenca tutta la casa, poco illuminata. La regia di Monti evita l’ambientazione medievale, ma si ispira dall’idea ben nota che la natura dell’uomo non cambia mai; sposta la vicenda ai primi del Novecento ispirandosi al cinema muto di quegli anni.
La recita domenicale, trasmessa in diretta streaming, concede la preziosa occasione di conoscere giovani interpreti, allievi del Corso di alto perfezionamento per cantanti lirici del Teatro Comunale di Modena. La squadra è capitanata dal baritono giapponese Tamon Inoue: è lui il vero mattatore di questo Gianni Schicchi e rischiamo di supporre che la pelle del fiorentino finito all’inferno per volontà del grande Dante gli si sia attaccata per sempre. Dimostra gli eccellenti doti attoriali che gli permettono di disegnare una figura solo apparentemente bonari e simpatica, ma in realtà cinica e sprezzante, capace d’imporre la propria volontà. Trasmette le caratteristiche del personaggio anche attraverso movenze eleganti che esprimono pure il disprezzo verso l’umanità rappresentata dai parenti del “povero Buoso”. Scioltezza scenica, voce morbidissima (viene a definirla “burrosa”) dal timbro bello, emissione perfetta e dizione limpida: ne viene fuori il personaggio così vivo e credibile che per tutta la durata dello spettacolo ci si crede di essere davvero a Firenze e assistere alla macabra faccenda succeduta alla morte del “povero Buoso”.
Al fianco del baritono giapponese ci sono due giovani che sanno accarezzare l’orecchio con bel timbro ed emissione morbida, Donatella De Luca, Lauretta, e Matteo Urbani, Rinuccio. Il celebre assolo della prima, “O mio babbino caro”, dura un minuto, ma lascia un’impressione profonda grazie al legato impeccabile e all’approccio artistico commovente; l’aria spavalda del secondo, “Firenze è come un albero fiorito”, è cantata con piglio giusto ed espressività importante, l’unico neo è la nota finale faticosa.
Anche Erica Cortese nei panni della Zita è una vera mattatrice della recita di domenica pomeriggio: non si risparmia nemmeno per un attimo, vive il personaggio attraverso l’anima, il corpo e la voce e risulta quasi spaventosamente veritiera. Ma tutto il resto del cast merita grandi apprezzamenti: Joaquim Cangemi (Gherardo nipote di Buoso), Sara Minieri (Nella, sua moglie), Jacopo Molinari (Gherardino, loro figlio), Yixian Li (Betto di Signa, cognato di Buoso), Kyung Ho Cheong (Simone, cugino di Buoso), Tianyi Lin (Marco, suo figlio), Elena Antonini (la Ciesca, moglie di Marco), Luigi Romano (nelle due parti di Mastro Spinelloccio, medico, e di Guccio, tintore), Marcandrea Mingioni (messer Amantio Di Nicolao, notaro), Aldo Sartori (Pinellino, calzolaio).
L'ironia e il senso macabro rispecchiati nelle dinamiche vertiginose della partitura pucciniana trovano un adeguato interprete in Luciano Acocella alla guida dell’Orchestra Filarmonica Italiana. Alla fine, grande, anzi, grandissimo successo per tutti e applausi lunghissimi.
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