Goldoni, rococò e Terza Repubblica
Una coppia di interpreti dalla forte personalità - Andrea Battistoni e Anastasia Kobekina - ottiene un caloroso successo nel primo concerto del 2025 dell’Orchestra Sinfonica Nazionale.
TORINO, 9 gennaio 2025 - Una chicca per gli amanti delle statistiche: l’ouverture Le baruffe chiozzotte di Leone Sinigaglia mancava dall’auditorium Rai da cinque anni, la ben più celebre Sinfonia n. 3 di Camille Saint-Säens mancava dal gennaio 1986. Se la recente ripresa della prima, per mano di James Conlon che la eseguì nel febbraio 2019 dopo un’assenza lunghissima dai cartelloni, ha del casuale, meno comprensibile è la rarità di esecuzione della seconda pagina. Si sa che i gusti del pubblico variano da paese a paese e in Italia il repertorio sinfonico dei primordi della Terza Repubblica francese successivo a Berlioz e precedente i capolavori di Debussy non è mai stato troppo frequentato. La sfida per Andrea Battistoni, di freschissima nomina a direttore musicale del Teatro Regio, non era insomma semplice, considerando che anche una pagina spensierata come la breve ouverture ispirata al teatro goldoniano non sfugge al confronto con la forsennata interpretazione di Arturo Toscanini, pietra di paragone in quanto per decenni unica reperibile dell’opera, non potendo disporre, ahimè, di quella con la New York Philarmonic nell’ultimo concerto diretto da Gustav Mahler il 21 febbraio 1911, peraltro quasi per intero dedicato ad autori italiani.
La bacchetta veronese si disimpegna in maniera brillante, scegliendo un tempo assai più comodo rispetto al toscaniniano, che consente di meglio accentuare le differenze tra le due anime dell’ouverture pubblicata nel 1907: il tema lampeggiante dell’esordio e la melodia graziosa e cantabile che gli fa da contraltare, dove si svela tutta l’influenza che su Sinigaglia esercitò un maestro come Dvořák, in particolare quello di Carnival. Nonostante la brevità del pezzo, l’Orchestra Sinfonica Nazionale dà prova di notevole virtuosismo, di giusto colore, di eccellente messa a fuoco nel fraseggio. Leone Sinigaglia fu un autore di respiro europeo ed è un peccato che la sua produzione sinfonica sia assai ridotta rispetto alla cameristica, dal momento che la qualità della scrittura è sempre di alto livello.
Le Variazioni su un tema rococò op. 33 (1876) di Pëtr Il’ič Čajkovskij sono costruite per intero intorno alla parte del violoncello solista, per il quale il compositore si affidò a Wilhelm Fitzenhagen, celebre strumentista dell’epoca. La possibilità offerta al pubblico torinese di vedere in azione Anastasia Kobekina su uno Stradivari del 1698, ottenuto in prestito da pochi giorni dall’omonima fondazione, è valsa da sola il prezzo del biglietto. La trentenne violoncellista russa può infatti vantare una tecnica strepitosa in grado di rendere funambolici e trascendentali passaggi che sarebbero di per sé solamente difficili, producendo un risultato irresistibile in una composizione la cui anima rimane per contrasto improntata alla rêverie affascinante e inattuale, da parte di un musicista che amò forse Mozart sopra ogni altro, di incidere una preziosa gemma settecentesca in pieno romanticismo. Da tale antinomia, stridente fin sulla carta, con la terza variazione (Andante), per non fare che un esempio, in cui pare di leggere in filigrana il tema del duetto di Arrigo e Monforte dei verdiani Vespri Siciliani, nasce un’esecuzione raffinata, con un Battistoni attento a tratteggiare con pochi tocchi la cornice dove il violoncello si muove con libertà e indipendenza. La Kobekina dimostra una personalità straripante, evidente anche nei ringraziamenti finali a un pubblico particolarmente galvanizzato, ma allo stesso tempo intrisa di una musicalità naturale e oggettiva, che emerge nei due bis e che avvolge di dignità artistica quelle che sotto altre dita e altri archetti sarebbero nulla più che stravaganze: una sorta di danza popolare con accompagnamento di tamburello scritta dal padre Vladimir Kobekin e il classico Preludio dalla prima suite in sol maggiore di Bach, talmente libero nel tempo da sembrare a tratti quasi inedito.
Chiusura in apoteosi. La terza Sinfonia in do minore op. 78 di Camille Saint-Saëns, che vide la luce a Londra nel 1886, è anch’essa un’opera in cui convivono differenti anime: da un lato un estremo ingegno in grado di apparentare fra loro tutti i motivi principali, dall’altro un’ispirazione che non si lascia ingabbiare dal puro esercizio di stile ma crea idee in sé compiute e dotate di bellezza autonoma. Nonostante l’unica concessione a un gusto di compiaciuto sapore pompier, tale da ricercare lo stupore dell’uditorio, costituita dalle roboanti sonorità del Maestoso che apre il finale con i solenni accordi dell’organo rinforzati dagli archi e dal pianoforte a quattro mani, a rimanere nella memoria è piuttosto la magnificenza delle soluzioni timbriche e armoniche adombrate dall’incessante lavorio tematico, la sinuosa eleganza dei passaggi cantabili, gli improvvisi cambiamenti di registro condotti con geniale conoscenza delle alchimie della strumentazione.
Battistoni non si atteggia certo a timido quando c’è da tirare fuori lo spessore sonoro richiesto dalla partitura ma la sua direzione è rispettosa e attenta all’equilibrio complessivo della composizione, valorizzando la varietà degli episodi, facendo risaltare in primo piano le voci necessarie, in particolar modo nell’Allegro moderato e nello Scherzo che aprono rispettivamente le due parti in cui è divisa la sinfonia. Accade così che il Poco adagio, raggruppato da Saint-Saëns ancora nella prima sezione, trasmetta una sincera e raccolta commozione attraverso un gesto che si fa raccolto e tratteggia in punta di bacchetta la delicata ragnatela di arabeschi intessuta degli archi accompagnati dai tocchi discreti in piano e pianissimo di archi e organo. Rispetto all’ultima apparizione sul podio dell’Orchestra Sinfonica Nazionale di otto anni fa con una Seconda sinfonia di Čajkovskij irruenta e magniloquente, Andrea Battistoni offre oggi senza dubbio visioni e interpretazioni più meditate e mature, caratteristiche che il pubblico apprezza con generosi applausi e che saranno molto utili per l’intenso lavoro che lo attenderà, a partire dalla prossima stagione, al Teatro Regio.
Leggi anche
Bologna, concerto Kobekina/Abdelmoula, 22/04/2024