Notte piena d'incantesimi
In chiusura della stagione concertistica alle Scuderie Medicee di Seravezza un applaudito recital di Elisa Balbo e Luca Micheletti, con il pianista Davide Cavalli.
SERAVEZZA (LU) 14 febbraio 2025 – Giunge al termine la prima stagione concertistica del Circolo versiliese Amici della Lirica Giacomo Puccini e non si poteva avere miglior conclusione di quella offerta dal recita di Elisa Balbo e Luca Micheletti assieme al pianista Davide Cavalli. La coincidenza calendaristica impone un omaggio alla ricorrenza ed ecco che il concerto prende il titolo filoverdiano di “Ah! L’amorosa fiamma” e il programma diviene un contenitore per esplorare le declinazioni del tema fra opera e cameristica: il sentimento più sincero, tra l’espressione naïf di Puccini (Sole e amore) e quella più matura di Donizetti (Le Crépuscule) o Bizet (il bolero Ouvre ton coeur), l’estatica contemplazione fra Russia e Italia con i due piccoli notturni dannunziani di Tosti (Van gli effluvi de le rose e O falce di luna calante) da una parte, mentre dall’altra Rachmaninov (Zdes’ khorocho) e Čajkovskij (Serenade Don Zuana), fino all’amore contrastato con tre estratti dalla trilogia verdiana.
Questo caleidoscopio di linguaggi non è solo una gradevole promenade, ma soprattutto l’occasione per i due interpreti di poter spaziare fra le diverse gradazioni della scrittura vocale al di fuori della tradizione operistica italiana. Nel contenuto ma intenso programma emergono i diversi trattamenti che tanto il compositore quanto il cantante riservano alla vocalità: in questa prospettiva Elisa Balbo riesce a distillare un chiaro senso drammaturgico anche dalle pagine dal più puro spirito cameristico, come Sole e amore o il tostiano O falce di luna calante. Una particolare cura del fraseggio, netto ma non nervoso, contribuisce al carattere schiettamente iberico della Sérénade espagnole di Bizet: la scrittura non si emancipa da quell’esotismo ottocentesco da cartolina (senza però mai sfiorare il rischio dell’oleografia), ma se Balbo da una parte segue la chiara direzione del testo, dall’altra non indugia in manierismi giungendo a un risultato sorprendentemente equilibrato. Tuttavia, il miglior esito di questa prima parte lo incassa l’amato Zdes’ khorocho, presente nel CD Lunaria così come la romanza di Tosti; in queste due sole pagine tolte dall’op. 12 di Sergej Rachmaninov il timbro chiaro del soprano – con una impeccabile proiezione nel registro acuto – mette in splendido risalto la grazia onirica del testo di Glafira Galina così ben evocata dall’adattamento musicale.
Luca Micheletti propone un dittico crepuscolare inaugurato, per l’appunto, Le Crépuscule dalle rare Nuits d’été à Pausillipe donizettiane e seguito da Van gli effluvi de le rose di Francesco Paolo Tosti, due momenti in cui può sfoggiare la ben nota bella sonorità nei piani, ma anche una chiarezza non comune nella linea vocale. In Donizetti viene fornita un’espressività più generosa (benché con giusta misura) che raggiunge il suo picco nel ripetuto «l’amant qui chante» e nell’inciso «Je t’adore, ange, je t’aime, femme»; un taglio più decadente e molto asciutto conferiscono al notturno di Tosti una freschezza nuova, lontana dalla consuetudine logora associata a questo autore. Come per Balbo, anche nel caso di Micheletti si sottolinea nello specifico la felice riuscita di un autore russofono: il Čajkovskij liederistico è – di base – inconsueto a ovest del Danubio e una vera rarità a sud delle Alpi, pertanto si accoglie con favore la proposta della prima delle Sei romanze op. 38, resa in modo davvero gustoso e con un piglio di pura teatralità.
Non meno significativo l’apporto del pianista Davide Cavalli, che si segnala non solo per il sostegno alle voci ma soprattutto per la ricerca timbrica e coloristica, a cui si deve aggiungere una pregevolissima perizia nel tocco. Questa accortezza si riflette in un’intenzione straordinariamente fluida, dalle terzine di Zdes’ khorocho prive di qualsivoglia pedanteria, alla nuova levità per Tosti fino all’invenzione timbrica nella Serenade Don Zuana, in cui dalle asimmetrie della parte pianistica emerge anche un’imitazione del suono della chitarra. Con questo stato delle cose i due momenti solistici che Cavalli si riserva acquisiscono maggior interesse: è il caso dello studio Andante cantabile di Skrjabin – primo dei tre numeri dell’op. 2 – in cui il controllo del tocco è ancor più marcato dalla gestione delle voci interne; a questo fa da contraltare nella seconda parte della serata il Preludio al terzo atto della Traviata, dove queste sonorità intime e quasi irreali dalla meditazione assumono un’aura pallida foriera di morte.
A questo terzetto si aggiunge il giovane tenore Ma Haotin, che apre la seconda (e verdiana) parte del recital con La donna è mobile. Haotin è senz’altro dotato di buona volontà, cosa che si evince dalla dizione dell’italiano, ma ha ancora molta strada da fare nel consolidamento tecnico a partire dall’appoggio della voce.
Il resto del programma è costituito da due ampie sezioni, vale a dire la scena quinta fra Violetta e papà Germont dalla Traviata e l’intero finale del primo atto dal Trovatore. Va da sé che, alzandosi il sipario del teatro vero e proprio, il senso drammaturgico e gli animi infiammati dei due interpreti non si trovano più costretti nelle dimensioni della camera tornando alle consuete – e ben note – temperature. Entrambe le eroine nell’interpretazione di Elisa Balbo si scrollano di dosso qualsiasi allure da damsel in distress guadagnando in cambio forti personalità seppur debitamente distinte, proponendo in Violetta una dolente evidenziazione degli accenti patetici che quel particolare momento richiede, in Leonora l’energia di un amore ancor giovane. A questo Micheletti risponde con un Conte di Luna straripante che raggiunge l’apice in un clamoroso “Di geloso amor sprezzato” e con un Germont misurato, che chiaramente intende gravare Violetta delle sue imposizioni ma senza alcuna protervia.
A conclusione dell’applauditissima soirée, la coppia concede due bis più che graditi: il duetto “Crudel, perché finora farmi languir così?” dal terzo atto di Nozze di Figaro e “Tace il labbro” dalla Vedova allegra e quest’ultimo è anche un caro ricordo. Vivo entusiasmo del pubblico e una più che calorosa accoglienza suggellano il successo di questo particolare San Valentino in musica.
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