L’Ape musicale

rivista di musica, arti, cultura

 

La via di redenzione

di Roberta Pedrotti

Una convincente Fanciulla del West, con la direzione di Riccardo Frizza e la regia di Paul Curran, apre la stagione del Comunale di Bologna. Debutta nel ruolo del titolo Carmen Giannattasio, al fianco dei più rodati Claudio Sgura, ottimo Jack Rance, e Angelo Villari, Dick Johnson.

BOLOGNA, 26 gennaio 2025 - Conclusosi, per fortuna, un anno pucciniano che in più parti sembra aver voluto eleggere a motto “Tanta spesa, poca resa”, qualcosa di buono resta: per esempio l'idea di aprire la stagione del Comunale di Bologna (ancora esiliato in Fiera) con La fanciulla del West, una delle opere meno eseguite e meno popolari del Sor Giacomo. Il motivo della latitanza dai cartelloni è evidente: richiede un cast nutrito di piccole parti che non possono essere trascurate, esige un organico abnorme, è difficile e solo alla fine concede un minuto di “romanza” per consolare il loggione tradizionalista, sicché anche nei programmi d'audizione, nei recital, nei galà o nelle antologie discografiche La fanciulla finisce per essere pressoché assente. Non fa sconti, insomma, mal tollera riduzioni, non si presta a trasformarsi in una raccolta nazionalpopolare di pagine accattivanti: definisce il genio di Puccini come sommo drammaturgo musicale con il dono di una comunicativa melodica privilegiata, non come melodista sempre pronto a toccare il cuore.

Non c'è pagina della Fanciulla del West che non impressioni per la ricerca timbrica e armonica, per i rapporti ritmici e tematici, per un tessuto musicale che costruisce una regia teatrale immediate e, insieme, una rete di sottintesi, piani emotivi e temporali. L'orchestra del Comunale è più che mai protagonista e Riccardo Frizza la guida con sicurezza e buon controllo del rapporto con il palcoscenico: lo scrupolo analitico nel confronti di un testo tanto ricco, denso, perfetto già da sé garantisce la tensione del dramma. Ecco, nell'esplorare i meandri del microcosmo umano della Polka, come ogni ambiguità, ogni divagazione o allusione armonica trova la sua luce; la partita a poker inchioda alla sedia; la “contraddanza” monta, nel processo sommario a Johnson con la sua violenza espressionista.

La nuova produzione di Paul Curran evita l'esplicito richiamo cinematografico in voga negli ultimi tempi, scelta che in effetti parrebbe tanto naturale quanto didascalica. Le inquadrature, il montaggio, la fotografia: tutto è scritto in partitura con logiche già da film, ma non dimentichiamo che di teatro si tratta e che questo linguaggio deve trovar casa sulle tavole del palcoscenico. La gestione dell'azione è pulita, lineare, favorita da un impianto scenico (di Gary McCann) e di luci (di Daniele Naldi) che sfruttano al meglio le proporzioni poco favorevoli (altro che cinemascope... altro che 16:9....) del Comunale Nouveau. Peccato solo che, attardando Jack Rance a minacciare l'inerme Johnson, si perda il tempo esatto dell'uscita sibilando “Buona notte”: Puccini è spietato nel calcolare l'effetto di ogni gesto, nota per nota.

In questo contesto si muove bene la piccola folla radunata dalla febbre dell'oro: Paolo Antognetti è un virile Nick, Nicolò Donini conferisce ad Ashby il piglio sicuro e spiccio dell'affarista, Francesco Salvadori è un imponente Sonora, Francesco Leone rende giustizia a quella perla che è la scena di Jake Wallace. Dario Giorgelé, Paolo Ingrasciotta, Paolo Maria Orecchia, Cristobal Campos Marin e Yuri Guerra caratterizzano bene Sid, Bello, Happy, Joe e Larkens, così come Cristiano Olivieri (Trin), Orlando Polidoro (Harry), Kwangsik Park (José Castro). Eleonora Filipponi riesce a evitare il cliché nella scena insidiosissima di Wowkle e Billy Jackrabbit (Zhibin Zhang), adeguato, quest'ultimo, come il postiglione di Enrico Picinni Leopardi. Bene anche il coro preparato da Gea Garatti Ansini.

Le tre parti principali costituiscono un altro scoglio non indifferente nell'allestimento della Fanciulla del West, con la tensione drammatica continua di un canto di conversazione senza requie. Claudio Sgura veste con disinvoltura i panni di Jack Rance, a proprio pieno agio nel delinearne le durezze di carattere, le brame, le disillusioni, ma anche quella strana forma di signorilità che porta il libidinoso e potente biscazziere ad accettare lealmente il patto con Minnie. Questa è interpretata da Carmen Giannattasio, al debutto nel ruolo micidiale e comprensibilmente attenta soprattutto a gestirne le esigenze, fra la necessità ora di sottolineare l'espressione alleggerendo l'emissione o scandendo il declamato, ora di sostenere il necessario peso arrotondando il suono. Esce dal cimento a testa alta, anche se tutte le finezze possibili del fraseggio e il carisma del personaggio sono ancora in fieri. Esperto della parte di Dick Johnson / Ramerrez è, invece, Angelo Villari, che non si trova nel fiore della massima freschezza dei propri mezzi, ma sa gestire e dosare adeguatamente le forze muovendosi sempre con sicurezza. Non avremo avuto particolari brividi a scuoterci con il fiato sospeso, ma non si può dire che non si esca soddisfatti, cosa non da poco per un titolo del genere.

Nonostante lo sciopero dei treni che ha creato qualche patema al pubblico pendolare, il Comunale Nouveau di Bologna è piuttosto affollato e la risposta del pubblico calorosa: a riprova che Puccini non piace perché nazionalpopolare, ma piace perché un genio e che la scelta migliore non è detto che sia la più semplice.

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