L’Ape musicale

rivista di musica, arti, cultura

 

Apatia in superficie

di Luigi Raso

La ripresa al San Carlo dell'opera pucciniana nell'allestimento firmato da Hugo De Ana non entusiasma. Deludente la parte musicale diretta Jonathan Darlington, nonostante la prova in crescendo di Anna Pirozzi.

NAPOLI, 16 aprile 2025 - “Mai più ritornerai, no, mai più, mai più!” cantano con le lacrime agli occhi i minatori rivolti a Minnie, in partenza con il suo Dick Johnson verso la “nuova via di redenzione”. Eppure La fanciulla del West, al San Carlo è tornato a meno di otto anni dall’ultima rappresentazione: era il dicembre 2017 e l’opera di Giacomo Puccini inaugurava la stagione lirica e di balletto 2017/2018 (qui la recensione: leggi la recensione). Stasera si rivede quello stesso spettacolo, firmato da Hugo De Ana; la parte musicale è invece integralmente rinnovata. Ma - arriviamo subito al nocciolo – questo ritorno della Fanciulla non è, di per sé e senza paragoni con il passato, felice.

Il punto più debole di questa ripresa, a giudizio di chi scrive, è nella direzione apatica, priva di tensione e troppo poco attenta alle esigenze del palcoscenico, dei protagonisti, dei comprimari e del coro.

Se il preludio (nella sua compiutezza e “autonomia”, insolito per Puccini) che apre l’opera ha fatto sperare in una direzione vibrante, le aspettative si sono dissolte molto presto: proprio il primo atto, quello più lungo e complesso da gestire per i tanti interventi dei comprimari che costituiscono, nel loro insieme, il più articolato protagonista dell’opera pucciniana, è condotto senza polso. A mende, asincronie, si affianca un atteggiamento rinunciatario, tanto nella ricerca dei colori strumentali di cui la modernissima e innovativa partitura è ricca, quanto nella teatralità che lambisce i confini del linguaggio cinematografico, come scrivemmo nella recensione del 2017. Purtroppo stasera il primo atto procede bolso, con un suono sempre troppo turgido; il passo teatrale è privo di tensione; l’esecuzione denota evidenti squilibri tra buca e palcoscenico, che mettono a dura prova i protagonisti.

L’esecuzione migliora, ma poco, nei successivi due atti, benché i momenti cruciali degli stessi (la tempesta che avvolge il bacio tra Minnie e Johnson, la geniale descrizione della tensione emotiva durante la partita a poker, l’alba dell’atto III, il melanconico addio che fa calare un velo di tristezza sull’insolito happy end pucciniano) sono affrontati da Jonathan Darlington con mano non sicurissima e con imperdonabile, per una partitura complessa e raffinata come La fanciulla, superficialità.

L’Orchestra del San Carlo, con queste sollecitazioni dal podio, fa ciò che le risulta possibile: al netto di imprecisioni, di un suono tendenzialmente spesso, se la cava discretamente; purtroppo la concertazione non la pone nelle condizioni di far percepire i colori, le innovazioni teatrali/cinematografiche, in definitiva, un sound che è geniale commistione di ragtime, cake-walk, valzer con la tradizione melodica italiana. L’orchestra, condotta nella costante indifferenza alle ragioni del palcoscenico, non appresta nemmeno un adeguato accompagnamento al reparto vocale.

La prova del Coro, guidato da Fabrizio Cassi, fatta la tara di imprecisioni imputabili alle difficoltà di amalgama e sincrono tra buca e palcoscenico, è in crescendo: la compagine nell’atto III rende molto bene l’eccitazione barbarica che segue alla diffusione della notizia dell’arresto di Dick Johnson/Ramerrez.

Purtroppo in questo contesto musicale gravato da sfasature e superficialità provenienti dal podio, appare credibile immaginare che la resa del cast vocale risulti nel complesso penalizzata.

La Minnie di Anna Pirozzi è fresca di debutto solo poche settimana fa alla Hamburgische Staatsoper. Inizialmente la tensione dell'esordio nella parte nel teatro di casa (il soprano è nato a Napoli) è tanto palpabile che durante il duetto con Dick Johnson in chiusura dell’atto I le gioca uno scherzetto facendole dimenticare i versi “….e son venuti a morir come cani, in mezzo alla fanghiglia..”. Nel medesimo atto, poi, ci si aspetterebbe dal soprano italiano maggiore aderenza stilistica e coinvolgimento nel canto di conversazione pucciniano, sul quale poggia gran parte dell’intera Fanciulla; tuttavia, al tempo stesso, si apprezzano l’efficacia, la tempra e la proiezione del registro acuto particolarmente sollecitato. Da questo punto di vista, Anna Pirozzi dà il suo meglio: la sua Minnie appare, nella vocalità, parente prossima alla sua acclamata Turandot.

Sul versante interpretativo, oltre a quello strettamente vocale, gli atti II e III appaiono convincenti e, soprattutto, più coinvolgenti rispetto al primo. Matura e ingentilisce alcune rigidità vocali notate nel primo atto; l’approfondimento del personaggio, poi, dissoltasi la coltre di tensione, prende quota, restituendo una Minnie innamorata e volitiva.

Gioca l’unica carta del baritono villain Gabriele Viviani nel dare forma e psicologia a Jack Rance: la sua è una prova, malgrado il registro grave non particolarmente rigoglioso e quello acuto non ben timbrato, nel complesso efficace, benché alla lunga risulti monocorde, omettendo gli aspetti nostalgici e di uomo “vinto” che pur convivono nel guazzabuglio del cuore dell’ex biscazziere Rance.

Ha dalla sua acuti squillanti il tenore Martin Muehle, ma linea di canto forzata ed l’emissione poco sicura, impostata su un costante forte, caratteristiche che non gli consentono che rare sfumature: il suo Johnson, quindi, è attento ad ingranare la marcia giusta quando la tessitura sale (la parte, è noto, fu cucita da Giacomo Puccini su misura per le corde vocali e sulle caratteristiche di Enrico Caruso). Prima dell’atto III viene annunciato che è stato colpito da un improvviso attacco di allergia, ma che comunque generosamente continuerà a portare a termine la rappresentazione. Il suo problematico, quanto a emissione e intonazione, “Ch’ella mi creda”, quindi, è inficiato dalla improvvisa indisposizione.

Nella Fanciulla del West c’è poi un altro personaggio che si articola in ben quindici parti, essenziale e funzionale come in poche opere: i comprimari, i quali probabilmente solo in Der Rosenkavalier e poche altre opere del repertorio giocano un ruolo così essenziale alla riuscita dell’opera. Nella Fanciulla sono l’ossatura degli atti I e III, ulteriori pennellate di colori che Puccini sparge sulla tavolozza coloristica della partitura; i ruoli secondari esprimono i giudizi più moraleggianti, sardonici e genuini sui protagonisti. Insomma, senza Nick, Ashby, Sonora, Jack Wallace, e gli altri (l’elenco è lungo e ve lo risparmiamo..) La fanciulla del West non sarebbe l’opera che è. Stasera purtroppo tra questi quindici comprimari, che sono chiamati da Puccini stesso a comporre un mosaico scintillante al pari di quelli di Monreale e Ravenna, aleggiano luci ed ombre; in verità, le ombre sovrastano e oscurano le luci, stando alle tante imprecisioni, a talune vocalità eccessivamente smilze e usurate, alla scarsa idiomaticità che si ascoltano. Peccato!

Nessuna novità, come si è anticipato, per lo spettacolo: Paolo Vettori riprende la regia di Hugo de Ana, che firma anche scene e costumi. A distanza di otto anni la produzione appare invecchiata e imbolsita, e molto. È una Fanciulla del West didascalica, con scene, valorizzate dalle luci di Vinicio Cheli e dalle asciutte videoproiezioni di Sergio Metalli, influenzate, sin dal sipario iniziale con il collage di locandine di film western, da richiami cinematografici. L’impianto è unico: ritroviamo il saloon la Polka, popolato da minatori inclini a bere, giocare e litigare; l’umile dimora di Minnie; nell’atto III, il cappio in bella mostra, le desolate plaghe della California, animata da violenza e umanità. I movimenti scenici dei protagonisti e del coro non appaiono, in questa ripresa, curati come avrebbero meritato.

Al termine, tutto le perplessità qui espresse sul versante musicale sono confutate dall’unico giudice del teatro, il pubblico. La cronaca riporta infatti applausi prolungati per tutti, e particolarmente calorosi per Anna Pirozzi, beniamina del San Carlo.

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Torino, La fanciulla del West, 29/03/2024

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