L’Ape musicale

rivista di musica, arti, cultura

 

Dal '77. L'eredità discografica

Un viaggio attraverso la storia della discografia callasiana, e quindi dell'opera del '900, dalle prime incisioni alle più recenti ristampe e riscoperte.

Dopo la scomparsa della Divina è il caso di "dare i numeri", per una panoramica dell'eredità discografica di una delle artiste più significative del XX secolo. 

Per una discografia di Maria Callas - Parte I

Per una discografia di Maria Callas - Parte II

Per una discografia di Maria Callas - Parte III

Per una discografia di Maria Callas - Parte IV

E’ il caso di dare i numeri: le registrazioni non di studio permettono di ascoltare della Callas, tra il 1949 e il 1965, 58 recite complete, 7 selezioni, 6 atti singoli, 20 concerti, 7 arie staccate, 7 frammenti. Il discorso qualitativo è ancora più interessante: le storiche tappe di Nabucco, Vespri Siciliani, Armida, Macbeth, Alceste, Vestale, Anna Bolena, Ifigenia, Pirata sono oggi straconosciute grazie al disco “illegale”. I giovani appassionati di oggi non hanno alcuna idea di che cosa fu creato in sala di incisione e che cosa ci è arrivato casualmente, grazie alla passione e al coraggio di un manipolo di fanatici. In quest’ultima istanza sono rimaste collaborazioni con artisti di portata superiore a quelli di studio: Gui, De Sabata, Kleiber, Bernstein, Gavazzeni tra i direttori; Lauri Volpi, Del Monaco, Valletti, Corelli, Kraus tra i tenori; la Simionato e Christoff tra le voci gravi.

Nel 78 è nominato alla testa dei servizi artistici e creativi del gruppo francese EMI – Pathé Marconi il trentacinquenne Alain Lanceron. E’ il lui il responsabile di tutte le ristampe-Callas e della decisione di pubblicare gli ultimi inediti-Callas, anche visivi, come ad esempio il riscoperto concerto di Amburgo del maggio 1959. Che peraltro era già stato divulgato dalla Pioneer come Laserdisc nel 1985..

Alla fine degli anni ’70 i due giovani discografici della BJR scoprono che il nastro originale della Traviata di Lisbona 1958 è in possesso di Alfredo Kraus, che ha la propria casa discografica, Carillon. Trattano con lui per associarsi in una pubblicazione su LP: alla Carillon la distribuzone in Europa, a loro aldilà dell’oceano. Nel frattempo un’altra etichetta pirata, la Historical Recordings Enterprise (HRE) nel 1978per prima rende pubblica la mitica esecuzione; ma in suono pessimo. Interviene quindi la EMI, che batte la BJR in ogni campo, ivi comprese le liberatorie del teatro di Lisbona. Nell’80 (l’anno in cui Dario Soria muore per un attacco di cuore) dunque la EMI si annette in catalogo La Traviata di Lisbona, ma non prima che siano apparse fuggevolmente altre edizioni – Carillon-EMI, Stradivarius ecc. - in variabili condizioni di ascolto.

Nel 1982 la Emi francese pubblica un cofanetto di 11 LP con tutti i recitals discografici callasiani, in cui include un inedito, l’aria “Mon coeur s’ouvre à ta voix” dal Samson et Dalila; nel ’61 l’interprete ne aveva vietato la pubblicazione. Il successo è trionfale, 40 000 cofanetti venduti in poco più di un anno. Che i dischi della Callas facciano fare un passo avanti (giusto e sbagliato, è un’altra storia) al gusto vocale, è perfettamente dimostrato da questo suo rifiuto con posteriore repêchage della ditta: tra il 1961 e il 1982 il mito della Divina ha travolto ogni considerazione tradizionale e il concetto di “contralto sensuale”, ciò che la Callas non fu mai, si è completamente capovolto.

E siamo al 1984. Nel maggio di quell’anno l’etichetta francese Rodolphe Productions distribuisce un album di 3 dischi a 33 giri intitolato Les Inédits de Maria Callas. In esso la ghiottoneria è costituita da un lungo brano dell’atto II di Turandot con Mario Del Monaco, che sarebbe stato registrato il 20 maggio 1949.  Ma passeranno pochi anni e si scoprirà che si tratta di un falso, costruito con l’aria della principessa registrata dalla Callas nel ’54, la registrazione completa del ’57 con una Callas dal registro medio molto alleggerito e consunto, ‘incisione Decca di Del Monaco, un altro tenore non identificato che lancia un DO in “ti voglio ardente d’amore”, un soprano che canta “E’ per l’amore” che non è l’originale Helena Arizmendi, la voce di Inge Borkh che è nel Decca con Del Monaco volutamente oscurata. E poi scricchiolii, rumori di fondo, minuscoli tagli, ecc., tutto per fingere un nastro amatoriale del ’49. C’è da chiedersi, visto il successo del bluff, se la discografia dal vivo non contenga altri falsi analoghi.

Intanto è arrivato il compact disc. Le prime registrazione della Callas che vengono trasferite sul nuovo medium sono la vituperata Traviata Cetra del ’53, una selezione (non l’integrale) della Medea Ricordi del ’57 da parte della Rodolphe e, limitatamente al Giappone, la Traviata di Londra 1958. L’anno seguente un’altra timida avanguardia: le prime Tosca e Norma EMI (’53 e ’54) e la Manon Lescaut. L’anno seguente ben nove opere intere, di cui solo tre di studio (Gioconda Cetra, Puritani e Barbiere di Siviglia). Con il 1987 i riversamenti in CD dilagano sul mercato. La EMI ha finito per acquisire gradatamente nel proprio catalogo quasi tutti i titoli che la Callas non registra in studio.

I primi CD vengono spesso stampati un quarto di tono sotto. Ma il problema più grave è l’atteggiamento tenuto nei confronti del timbro callasiano: la EMI continua a manipolarlo. La voce che, in ogni registrazione riflette le condizioni psicofisiche dell’artista, viene avvicinata o allontanata, pompata o dimagrita, scaldata o raffreddata, resa più fissa o più vibrante. E questo quasi sempre da parte di tecnici che non l’hanno ascoltata tra il ’48 e il ’59, non solo per motivi anagrafici, ma anche perché in quegli anni si sono occupati d’altro. A poter fare il confronto con i 33 giri originali è una élite di appassionati che diventa sempre più esigua.

L’album delle Pazzie celebri è il primo esempio di registrazione antologica della Callas ad essere pubblicato in CD nel 1985, unito ad altri brani del periodo 1961-64; in questo è stato preceduto, come vedremo, da tre titoli integrali l’anno precedente. Il recital Coloratura-Lyric avrebbe atteso l’anno seguente e un’antologia best seller come Le eroine di Puccini avrebbe atteso due anni prima di usufruire della nuova tecnologia digitale.

Lo statunitense Robert E. Seletsky, violinista, storico della musica e studioso di tecniche di registrazione, comincia negli anni ’90 a segnalare gli svarioni della “scuola ricostruttiva” della EMI, definendo se stesso e chi la pensa come lui “originalista”. Criteri e prassi ricostruttiva falsano molte ristampe a partire dagli anni ’80. Altezza del suono, precisione dei “giunti” tra le facciate dei 33 giri, completezza del nastro, infine qualità stessa del suono Callas, tutto è crivellato di interventi arbitrari o scorretti, quando non musicalmente aberranti. Le analisi di Seletsky sono minuziose ed erudite. Posso confermare. Ho lavorato a un programma radio con Franca Valeri. Quando si trattava di fare ascoltare la Callas sceglievo sempre le registrazioni del periodo 1949-1958. Quando in mia assenza viene radiotrasmessa la Norma del 1960 con Corelli – che non ascoltavo da molti anni – resto sorpresa: non ricordavo che la Callas avesse a quell’epoca voce così ricca e risonante come in quei 3 CD. Il riascolto dei miei LP è illuminante: la voce dei CD è stata chiaramente “pompata” dai tecnici, per ottenere quelle sonorità che “fanno” tanto Callas. La conclusione di Seletsky e mia è che chi possiede ancora i 33 giri degli anni ’50, ’60 e ’70 farà bene a non buttarli via e a conservare gli apparecchi per ascoltarli. Peggio ancora la EMI farà per il vasto mare delle registrazioni non di studio, che tanta parte del catalogo callasiano sono andate a costituire. Nonostante mille assicurazioni di un lavoro accurato di ricerca delle fonti, spesso viene scopiazzato il primo “pirata” che capita sottomano.

Seletsky dimostra inoltre che l’esigenza assoluta di rendere stereo le registrazioni che originariamente erano mono non si è ripercossa senza danni sul suono complessivo; segnala inoltre alcuni errori piccoli ma inportanti: nelle ristampe LP statunitensi furono tagliati, ad esempio, i primi secondi dei timpani con cui inizia Lucia di Lammermoor e la prima nota del secondo atto di Butterfly, errori assenti negli stampaggi europei.

Nel ventennio della morte, nel 1997, c’è una generale ristampa di tutti i titoli, con foto d’epoca sulle scatole e all’interno accurati libriccini con tabulati che storicizzano gli accostamenti della Callas a ogni ruolo. Ma non c’è corrispondente atteggiamento storico nell’editing del suono, e la voce della Divina suona in generale più freddina e sottile, a vantaggio delle sonorità orchestrali. C’è da notare inoltre, nella Tosca 1953 di questa infornata, un’iniziativa del tecnico Allan Ramsay sull’entrata di Tosca: i tre “Mario!” gli sembrano troppo diversi uno dall’altro, soprattutto l’ultimo (!) Elimina l’effetto di crescendo ripetendo due volte il secondo richiamo, con il risultato che Di Stefano, che attacca la risposta sulla fine del terzo “Mario!”, canta “On qui”. L’impressione è quella di un vecchio 33 giri rotto. Siamo in molti a notarlo, ma Seletsky agisce, e ottiene dalla EMI che i tre “Mario!” originali siano finalmente restaurati. Naturalmente l’errore non viene ammesso e nulla segnala che le nuove copie in circolazione sono fedeli alla registrazione d’origine. Questo lavoro di remastering ha “pasticciato” l’ultima nota emessa dalla Callas in “Io son l’umile ancella”; lo stesso tecnico, Paul Baily, è spinto dall’orrore per i più sottili sibili a eliminare la S di “sarà” sul RE acuto in “Caro nome” del Rigoletto. Si aggiunga il caso del Poliuto di Donizetti, registrato dal vivo alla Scala nel dicembre 1960: il title role, protagonista assoluto è Franco Corelli; non è solo “il Poliuto della Callas” La concentrazione dell’interesse e del materiale editoriale e iconografico sul soprano è scorretta e vagamente isterica.

C’è poi un recital, Verdi Arias III, che include la prima pubblicazione (circolava il nastrino tra i fanatici) di recitativo e cabaletta "Verrò...Ah, conforto è sol la speme," della romanza di Gulnara del Corsaro. Registrata nel febbraio ’69, per volontà della stessa Callas resta sullo scaffale fino a questa divulgazione, da lei non voluta.

Le ristampe del 1997 includono The EMI Rarities, un set di 2 CD che comprende inedite ghiottonerie: c’è fra l’altro la versione alterna del finale del sonnambulismo da Macbeth (1958), con la nota finale che si allontana, che peraltro aveva già brevemente circolato in un CD monoaurale; due brani delle registrazioni 1960, “Bel raggio lusinghier", "Arrigo! ah, parli a un core" dai Vespri Siciliani e infine "Te, Vergin santa" de Lombardi, inediti autentici, questi, dato che in dischi precedenti erano stati elencati in copertina ma i brani corrispondenti erano in realtà altre versioni. C’è poi "Tranquillo ei posa...Com’è bello" da Lucrezia Borgia del ’61, rieditato secondo istruzioni di Legge appena riscoperte.

Maurizio Tiberi, titolare del Timaclub, conserva per decenni nel cassetto una registrazione sorprendente. Negli anni ’60 emerge al mercato romano di Porta Portese una cassa di nastri buttati via da - o sottratti a – gli studi di filodiffusione. Tutte arie di opere buffe del Settecento; ma c’è anche “Non si dà follia maggiore” che la Callas intona al Teatro Eliseo nella prima o terza recita del Turco in Italia nell’ottobre 1950. Lo storico reperto esce in sordina nel 2004, in calce a un CD di arie del tenore greco Ulisse Lappas.

Non è solo Seletsky a lanciare il dubbio che i remastering dei dischi Callas della EMI si siano rifatti ai CD precedenti, anziché ricorrere a nastri originali. Ogni qualvolta siano disponibili, i primi 33 giri mono, i 33 giri EMI rimasterizzati in Europa e tutte le alternative alle edizioni EMI dei live della Callas sono da conservare e preferire. In particolare, i 33 giri dell’etichetta BJR, prodotto accurato di selezione dei nastri e degli acetati originali 1951-1959. Tutto materiale oggi proprietà della Divina Records di Buenos Aires, che tra le sue molte meritorie imprese editoriali tenta di sbrogliare il groviglio delle 5 o 6 (o più?) registrazioni di Sonnambula cantate a Colonia ed Edimburgo nell’estate 1957.

Nel 2013 la EMI è assorbita dalla Warner Classics, e non perde tempo a rimasterizzare tutto il corpus callasiano di studio nell’inverno 2014. L’intolleranza per il suono imperfetto, sconosciuta negli anni anni ’60, ’70 e ’80, fa preferire di nuovo il lavoro di studio a ciò che gli appassionati hanno conservato dal vivo. Sembra dar ragione a Seletsky il titolo del cofanetto uscito nell’inverno 2014. “The New Sound of Maria Callas”. Suono nuovo ???

L’annuncio dichiara: “rimasterizzato per la prima volta in suono di alta definizione…offre una qualità sonora senza precedenti che getta nuova luce… sperimenterete suoni che finora sono stati uditi solo dalle persone che, o erano presenti alle sedute di registrazione o avevano accesso ai nastri originali”. A firmare queste parole è quell’Allan Ramsay che nel ’97 ha ritenuto giusto pasticciare con l’entrata di Tosca nella registrazione di De Sabata.

Era giusto, credo, buttare giù queste annotazioni intorno a un’interprete storica e al materiale sonoro con il quale domina il melodramma dal 1950.


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