Piccolo Bellini 2018-2019
dal 9 al 14 ottobre
TINY DYNAMITE
di Abi Morgan
con Bruno Tràmice, Ettore Nigro, Cecilia Lupoli
scene Mauro Rea
costumi Alessandra Gaudioso
disegno luci Ettore Nigro
regia Bruno Tràmice
produzione Fondazione Teatro di Napoli – Teatro Bellini
Abi Morgan, celebre autrice di teatro, cinema e televisione (di cui ricordiamo la sceneggiatura di The Iron Lady, Shame e The Hours) ci racconta di Anthony “il fulminato”, Lucien “il timido” e la giovane Madeleine, tre anime di un triangolo amoroso. Anthony e Lucien sono amici fin da bambini, il primo è stato colpito da un fulmine quando aveva solo 6 anni ed è convinto che se si indossano stivali di gomma per tutta la vita non si avvertirà mai il crepitio di energia elettrica nel cuore. Il secondo, invece, è chiuso nel suo mondo e non ha il coraggio di vivere davvero. Da giovanissimi, Anthony e Lucien si sono innamorati della stessa donna che, a distanza di anni, si è lanciata da un ponte proprio davanti ai loro occhi, segnando l’esistenza di entrambi. Ma può un fulmine colpire due volte?Evidentemente sì. Infatti molti anni dopo, in una calda estate trascorsa al lago, Anthony e Lucien incontrano Madeleine e se ne innamorano. Tentano entrambi di conquistarla ma sarà lei a scegliere e per i due amici nulla sarà più come prima: scopriranno con stupore che per vivere bisogna rischiare di morire e per amare bisogna rischiare di perdere. «Questo spettacolo – spiega Tràmice – parla a chi, per diverse circostanze, ha smesso di credere che la vita possa continuamente sorprendere, emozionare e trasformare piccoli accadimenti in veri miracoli».
dal 23 al 28 ottobre
IO MAI NIENTE CON NESSUNO AVEVO FATTO
drammaturgia Joele Anastasi
con Joele Anastasi, Enrico Sortino, Federica Carruba Toscano
scene e costumi Giulio Villaggio
disegno luci Joele Anastasi
video Davide Maria Marucci
regia Joele Anastasi
uno spettacolo di Vuccirìa Teatro
produzione Fondazione Teatro di Napoli - Teatro Bellini
Dopo l’originalissimo Immacolata Concezione, Vuccirìa Teatro torna al Teatro Bellini con una pièce sull’amore. Da una parte c’è Giovanni, ingenuo e puro, la cui innocenza supera tutte le barriere dell’ignoranza di chi vive in un piccolo paese. Dall’altra c’è Federica, la cugina che vuole partire per il “continente” e seguire i propri sogni di libertà. E infine c’è Giuseppe, un insegnante di danza di cui Giovanni si innamora. I due cugini, sullo sfondo della Sicilia brutale e arcigna degli anni ’80, crescono insieme e giocano come fratelli per cancellare la solitudine familiare a cui si sentono destinati, fino a quando lo spettro dell’HIV interviene brutalmente nelle loro vite. Una drammaturgia a tre voci, carica di sensualità e colore che colpisce anche grazie alla forza viva di un dialetto palermitano pungente e dolce e di una recitazione autentica e carnale. Vuccirìa Teatro ancora una volta ci propone un lavoro in cui suoni, voci e corpi ci rapiscono in storie di resistenza testarda e tenace dalla tenerezza disarmante raccontate, per usare le parole di Joele Anastasi, giovane autore, regista e interprete del testo, «un linguaggio autoriale frutto dell’incontro tra una drammaturgia originale e una ricerca attoriale attiva».
dal 30 ottobre al 4 novembre
CUORE DI CANE
di Michail Bulgakov
con Licia Lanera, Tommaso Qzerty Danisi
sound design Tommaso Qzerty Danisi
luci Vincent Longuemare
costumi Sara Cantarone
adattamento e regia Licia Lanera
produzione Compagnia Licia Lanera/TPE – Teatro Piemonte Europa
In Cuore di cane Bulgakov racconta le vicende di Filipp Filippovic, un ricco scienziato che trapianta organi animali nei propri pazienti per donare loro l’eterna giovinezza. Un giorno decide di realizzare un’operazione diversa: impianta nel corpo di un cane randagio ipofisi e testicoli umani, intervento che genera avventure rocambolesche e fa venire a galla tragiche verità. Licia Lanera affronta il lavoro su Cuore di Cane caratterizzandolo con una struttura musicale decisa, affidata al compositore di elettronica Tommaso Qzerty Danisi: una molteplicità di suoni e di voci scaraventano lo spettatore nell’atmosfera moscovita e restituiscono forza pirotecnica alla scrittura. Gli effetti sonori riprendono la bufera, le lamiere che sbattono, le matite che scrivono su pagine di diari, le trivelle e le seghe che aprono scatole craniche, i tacchi di scarpe che corrono e voci, voci, voci. Tutte affidate all’interpretazione di Licia Lanera che intraprende un percorso impervio negli abissi delle sue corde vocali, sperimentandone ogni possibilità: prima il cane, poi l’uomo, poi la donna. Cuore di cane è il primo capitolo della trilogia Guarda come nevica, con cui l’artista porta in scena tre drammaturgie russe con protagonista la neve, al fine di rappresentare i vizi della società odierna, così narcisistica che a furia di rappresentare se stessa esclusivamente da un punto di vista estetico, ha perso ogni legame profondo con la realtà.
dal 6 al 25 novembre
FERDINANDO
di Annibale Ruccello
con Gea Martire, Chiara Baffi, Fulvio Cauteruccio, Francesco Roccasecca
scenografia Luigi Ferrigno
costumi Carlo Poggioli
luci Nadia Baldi
regia Nadia Baldi
produzione Teatro Segreto srl
Ferdinando è considerato uno dei capolavori di Annibale Ruccello; scritto nel 1985, e vincitore di due premi IDI – miglior testo teatrale e miglior messinscena – racconta la storia, in un perfetto equilibrio tra comico e tragico, di Donna Clotilde – qui interpretata da una bravissima Gea Martire - baronessa borbonica che agli albori dell’Unità d’Italia si ritira in un’antica villa vesuviana insieme alla cugina Gesualda. Le giornate trascorrono in una routine anonima e noiosa, intervallate unicamente dalle visite del parroco Don Catellino, quando improvvisamente compare sulla scena il giovane e affascinante Ferdinando, scatenando un delicato intrigo passionale che coinvolgerà prima Donna Clotilde, poi Gesualda ed infine Don Catellino. «Ferdinando - spiega Nadia Baldi - contiene notevoli elementi espressivi per una realizzazione teatrale delle emozioni umane specchiandosi nella tagliente forza di una storia che attraverso il teatro ruoti intorno al disvelamento di una serie di segreti. Ferdinando si concentra su quello che è forse il più insondabile mistero: la mente umana».
dal 27 novembre al 2 dicembre
DESIDERA
drammaturgia e regia Simona Di Maio, Sebastiano Coticelli
con Giuseppe Brancaccio, Sebastiano Coticelli, Simona Di Maio, Amalia Ruocco, Dimitri Tetta
musiche originaliTommy Grieco
scene Damiano Sanna
disegno luci Paco Summonte
costumi Gina Oliva
produzione Il Teatro nel Baule
Simona Di Maio e Sebastiano Coticelli ispirandosi ai racconti di Antoine de Saint Exupéry ci parlano di un uomo anziano, interpretato da Giuseppe Brancaccio, che nutre l’impossibile sogno di diventare aviatore: il protagonista quanto più desidera volare, tanto più ripensa al passato. Seduto a un tavolo, l’anziano sfida il tempo, cercando di trovare un modo per tornare indietro e per recuperare il suo amore perduto. Il contrasto tra vita e morte, il senso di colpa ma soprattutto il desiderio - da de e sidera, cioè mancanza ma anche moto verso le stelle - sono temi evocati in uno spazio intimo attraverso gesti, immagini, emozioni e musica. Alternando passato e presente, la vita e le scelte del protagonista prendono vita attraverso i corpi e le voci di due coppie di giovani attori. Come spiegano i registi, «abbiamo indagato le relazioni tra personaggi e oggetti: come un oggetto fa riaffiorare alla memoria il ricordo, come le forme dei corpi, le relazioni tra i personaggi e i gesti ripetuti nello spazio svelano il tempo della memoria».
dal 4 al 9 dicembre
MADE IN CHINA postcards from Van Gogh
drammaturgia Simone Perinelli
con Claudia Marsicano, Simone Perinelli
musiche originali Massimiliano Setti
luci Marco Bagnai
regia Simone Perinelli
produzione Fondazione Teatro della Toscana
La compagnia romana Leviedelfool, fondata da Simone Perinelli, va in scena per la prima volta al Piccolo Bellini con il suo Made in China, una creazione originale che prende le mosse dalle opere di Vincent Van Gogh. «Il testo – spiega il regista – scorre attraverso suggestioni e richiami a quattro dipinti scelti: Autoritratto con orecchio bendato, La sedia vuota, La notte stellata, La camera di Vincent ad Arles». Attraverso antitesi e contrasti, si pone in essere un originale confronto tra Van Gogh e la Cina, che rappresentano, rispettivamente, l’unicità del genio artistico e la sua riproduzione in serie a fini commerciali «quell’universo kitsch ed effimero – sottolinea Perinelli – proprio dell’oggetto cinese a basso costo. […] Da una parte la solitudine, la follia, il caso. Dall’altra la ricerca di un metodo infallibile per ripetere il caso, riprodurre miracoli a richiesta, una catena di montaggio in grado di pianificare la spontaneità». In Made in China i riferimenti non solo sono alla produzione pittorica di Van Gogh, ma anche a quella epistolare: la corrispondenza con il fratello Theo, con la sorella Wilhelmina e con Emile Bernard. Il risultato è uno spettacolo originalissimo in cui la parola diventa immagine e il riferimento al “made in China” apre la strada ad una serie di osservazioni sulla società contemporanea.
dall’11 al 16 dicembre
AVEVO UN BEL PALLONE ROSSO
di Angela Demattè
con Andrea Castelli, Francesca Porrini
scene e costumi Paolo Di Benedetto
musiche Zeno Gabaglio
luci Pamela Cantatore
regia Carmelo Rifici
coproduzione LuganoInScena, TPE Teatro Piemonte Europa, CTB Centro Teatrale Bresciano
A otto anni dalla prima messinscena e dopo essere stato applaudito in Francia, Svizzera, Lussemburgo e Belgio per quattro stagioni consecutive (in un allestimento firmato da Michel Dydim che si è aggiudicato il prestigioso Premio Molière), Carmelo Rifici e Angela Demattè riallestiscono il loro Avevo un bel pallone rosso. Non è casuale che decidano di farlo nell’anno che segna il 50° anniversario delle contestazioni del ‘68. Margherita è una giovane ragazza cattolica nata in una cittadina del Trentino che, trasferitasi a Milano, diventa in pochi anni “Mara”, leader delle Brigate Rosse. Lo spettacolo, attraverso la messinscena delle conversazioni tra lei e suo padre, racconta la storia di Margherita e delinea il rapporto concreto e drammatico tra un padre e una figlia. La storia del nostro paese si mescola con la relazione intima tra i due: è qualcosa di freddo e struggente allo stesso tempo, che è proprio di una terra faticosa e di un’epoca burrascosa. Si intravede l’aberrazione del linguaggio ideologico, che provoca la frattura tra Margherita e suo padre e si scopre, infine, che è difficile dare colpe e ragioni. E, forse, non è questa la cosa interessante. Ciò che è interessante è il mistero che rimane all’interno di un affetto e di un distacco.
dal 26 dicembre al 6 gennaio
IL CIELO IN UNA STANZA
drammaturgia Emanuele Valenti, Armando Pirozzi
con Giuseppina Cervizzi, Christian Giroso, Sergio Longobardi, Valeria Pollice, Emanuele Valenti, Gianni Vastarella
voce registrata Peppe Papa
scene Tiziano Fario
costumi Daniela Salernitano
luci Giuseppe Di Lorenzo
collaborazione artistica Marina Dammacco
regia Emanuele Valenti
uno spettacolo di Punta Corsara
coproduzione Fondazione Teatro di Napoli – Teatro Bellini, 369gradi
Ilcieloinuna stanza èlacanzonedi un amore che abbatte le pareti di una stanza, il racconto di una storia comune, nata in un luogo intimo, privato, come la propria casa. Se però questa casa crolla, cosa resta del sogno romantico e della giovane coppia che l’ha sognato e cosa diventa quel luogo che il crollo ha portato via? Ne Il cielo in una stanza, presentato in prima assoluta nell’ambito del Napoli Teatro Festival Italia 2018, Punta Corsara prende le mosse da fonti diaristiche e fatti di cronaca per raccontare, in una sorta di rivisitazione allucinata della classica commedia Eduardiana, di una stanza vera, di un edificio napoletano costruito durante il boom immobiliare degli anni ‘50, in cui il cielo è entrato veramente a causa del crollo del soffitto. In questa stanza cheoraveramente“non ha più pareti”, incontriamo una comunità di personaggi che negli anni ’90 continua a vivere in questa architettura sbilenca, non riuscendo ad allontanarsi da quel che resta del palazzo. Li incontriamo nel momento in cui vogliono fare i conti con il proprio passato e trovare un modo, costi quel che costi, per archiviarlo eri cominciare a sognare un futuro, ammesso che questo sogno sia ancora possibile. Ma le posizioni paradossali che, come in una folle sarabanda, si trovano di volta in volta a sostenere o ripudiare, riflettono la confusione in cui turbina ogni loro ideale politico, etico, anche spirituale, e che ricorda molto da vicino il nostro disorientato presente.
dall’11 al 27 gennaio
CREDITORI
di August Strindberg
con Orlando Cinque, Arturo Muselli, Maria Pilar Pérez Aspa
scene Luigi Ferrigno
costumi Chiara Aversano
musiche e sound design Luisa Boffa, Luca de Gregorio
collaborazione artistica Annachiara Senatore
regia Orlando Cinque
coproduzione Fondazione Teatro di Napoli Teatro Bellini, Hangar-O’
Al Piccolo Bellini torna in un nuovo allestimento Creditori, il capolavoro dello svedese August Strindberg adattato, diretto e interpretato da Orlando Cinque. Al centro della storia il rapporto di Adolf con la moglie Tekla: il protagonista si confida con il suo nuovo amico Gustav descrivendo un amore intenso e carico di dubbi, incertezze e preoccupazioni che hanno minato la salute e la stabilità dell’uomo. Gustav, guadagnata la fiducia dell’amico, gli consiglia di mettere alla prova Tekla: osserva i due coniugi nella loro intimità, offre ad Adolf la possibilità di spiare la donna e di valutarne i comportamenti in sua assenza. In realtà, l’interesse che Gustav mostra di avere per le sorti del matrimonio di Adolf cela un profondo desiderio di vendetta personale. Amori coniugali, tradimenti e vendetta. Solo all’apparenza la storia di Creditori è quella di un tipico dramma borghese; lo spettacolo, in realtà, porta alla luce la vera natura del rapporto Uomo-Donna. «Creditori – spiega Orlando Cinque - è un testo che non dà conforto, che mostra la vita nella sua folle incoerenza, che rivela, con chiarezza matematica e disarmante scientificità, logiche e meccanismi del comportamento umano».
dal 5 al 10 febbraio
VOCAZIONE
di Danio Manfredini
con Danio Manfredini, Vincenzo Del Prete
progetto musicale Danio Manfredini, Cristina Pavarotti, Massimo Neri
luci Lucia Manghi, Luigi Biondi
regia Danio Manfredini
produzione La Corte Ospitale
Danio Manfredini, vincitore di quattro Premi Ubu, tra cui uno alla carriera nel 2013, torna al Piccolo Bellini per raccontare il suo viaggio nel teatro. Con la consueta forza scenica, Manfredini porta sul palco le paure e i desideri dell’attore, l’inquietudine e il timore di fallimento, tra voglia di evasione e “vocazione”. Uno spettacolo al tempo stesso comico e poetico che ci introduce all’interno di un linguaggio teatrale sorretto dalla potenza del personaggio. «Fosse anche, come si dice, che il teatro è destinato a sparire, sarebbe comunque un privilegio dare luce al tramonto», commenta il regista. In scena, la drammaturgia ci svela dubbi e assilli, simpatie e grandezza dei personaggi. Da attore a creatura umana, prende corpo la tragedia del “lavoro teatrale” sempre in bilico tra gloria e fatica. Senza effetti scenici strabilianti e musiche assordanti, il teatro diventa corpo e anima scenica, con Manfredini che non è solo un attore, è egli stesso teatro e poesia incarnata: scritte nel volto e nel corpo, le parole che recita e le storie che racconta si svelano con grande vitalità.
dal 12 al 17 febbraio
UN ESCHIMESE IN AMAZZONIA
ideazione, testi e regia Liv Ferracchiati
scrittura scenica di e con Greta Cappelletti, Laura Dondi, Liv Ferracchiati, Giacomo Marettelli Priorelli, Alice Raffaelli
costumi Laura Dondi
disegno luci Giacomo Marettelli
suono Giacomo Agnifili
coproduzioneTeatro Stabile dell’Umbria, Centro teatrale MaMiMò, Campo Teatrale, The Baby Walk
in collaborazione con Residenza Artistica Multidisciplinare presso Caos – Centro Arti Opificio Siri Terni
Dopo i successi di Peter Pan guarda sotto le gonne e Stabat Mater, la Trilogia sull'identità della compagnia The Baby Walk si conclude con Un Eschimese in Amazzonia, vincitore del Premio Scenario 2017. Sul palco, assistiamo a un confronto tra un transgender, ovvero l’Eschimese - interpretato da Liv Ferracchiati - e la società, rappresentata dal Coro di quattro voci. Il titolo prende spunto da una citazione dell’attivista per i diritti dei transessuali, Porpora Marcasciano e fa riferimento a quel particolare contesto socio-culturale che «compromette, ostacola, falsifica un percorso che potrebbe essere dei più sicuri e dei più tranquilli»:la presenza degli “eschimesi”nella societàchiede a tutti di rimettere in discussione le regole. Il Coro parla all’unisono, utilizzando una gestualità a tratti robotica, per rappresentare una società ottusa. Contro questi luoghi comuni si scaglia l’Eschimese, il quale si sforza di avere una visione autentica della propria vita, mentre in realtà è anch’essa fondata su pregiudizi. La Trilogia sull’identità giunge all’epilogo con una pièce in cui la parola, come spiega Liv Ferracchiati, «diventa metafora della fragilità di qualsiasi forma scegliamo per noi stessi».
dal 19 al 24 febbraio
FRAME
progetto e ideazione Alessandro Serra
con Francesco Cortese, Riccardo Lanzarone, Maria Rosaria Ponzetta, Emanuela Pisicchio, Giuseppe Semeraro
regia, scene, costumi e luci Alessandro Serra
realizzazione scene Mario Daniele
tecnici Mario Daniele, Alessandro Cardinale
coproduzione Cantieri Teatrali Koreja, Compagnia Teatropersona
Alessandro Serra, premiato con un Ubu nel 2017 come Miglior Spettacolo per il suo Macbettu, porta al Piccolo Bellini l’ultimo suo lavoro Frame ispirato all’universo pittorico di Edward Hopper. «Ogni sua opera è stata trattata come un piccolo frammento di racconto dal quale distillare figure, situazioni, parole. Una novella visiva, senza trama e senza finale, direbbe Čechov, una porta semiaperta per un istante su una casa sconosciuta e subito richiusa», commenta Alessandro Serra. Sul fondo del palco solo una cornice al di là della quale tutto sembra poter accadere oppure tutto potrebbe essere già accaduto. Tra confini scenici millimetrici, gli attori raccontano la stasi, la solitudine, l’ordinario di una realtà che guarda non ai grandi simboli dell’America d’inizio Novecento ma ai paesaggi anonimi di un caffè o di una veranda sull’oceano. Lo spettacolo prende forma anche grazie al contributo evocativo di suoni che vibrano, stridono e rimbombano in una dimensione scenica abitata. La pièce è un affondo all’interno dell’universo immaginifico del pittore americano, da cui nascono immagini potentissime che rappresentano quell’“esperienza interiore” che secondo Serra è la qualità prima del lavoro del pittore americano.
dal 27 febbraio al 1 marzo
LOOK LIKE
drammaturgia Francesco Ferrara
con Chiara Celotto, Simone Mazzella, Rosita Chiodero, Manuel Severino, Salvatore Cutrì
regia Salvatore Cutrì
produzione Fondazione Teatro di Napoli – Teatro Bellini
Look Like è uno spettacolo scritto diretto e interpretato dagli allievi della Bellini Teatro Factory che hanno scelto di trattare con un tono amaro ma al tempo stesso ironico l’ossessione di apparire che caratterizza la società contemporanea. Francesco Ferrara, allievo drammaturgo, scrive la storia di Chiara, una ragazza che non si accontenta di essere bella, ma che aspira ad essere ancora più bella, perché solo la perfezione estetica può condurla al successo. Chiara decide di rivolgersi ad Arturo Marras, il chirurgo estetico delle showgirl. Per prima cosa, un consulto. Poi dubbi, paure, ma anche illusioni. Infine la decisione e quindi l'intervento. Ma dopo? Dopo cosa ne resta di Chiara e dei suoi diciotto anni? Salvatore Cutrì, allievo regista, ha creato dei personaggi che vivono una vita sempre in posa, con le labbra apparecchiate per un ininterrotto selfie. Una metafora che sottolinea, come spiega il regista , come tutti noi ci troviamo «anche inconsapevolmente, all'interno di una perenne cornice virtuale e gettati, anche involontariamente, in una continua esibizione alla quale sembra impossibile sottrarci».
dal 5 al 10 marzo
SE NON SPORCA IL MIO PAVIMENTO un melò
drammaturgia Giuliano Scarpinato, Gioia Salvatori
con Michele Degirolamo, Francesca Turrini, Ciro Masella
in video Beatrice Schiros
scene Diana Ciufo
luci Danilo Facco
progetto video Daniele Salaris
costumi Giovanna Stinga
regia Giuliano Scarpinato
produzione Wanderlust Teatro, CSS Teatro stabile di innovazione del FVG
in collaborazione con Teatro di Rifredi, Corsia OF – Centro di Creazione Contemporanea, Industria Scenica, Angelo Mai Altrove Occupato
Presentato al Romaeuropa Festival 2017, Se non sporca il mio pavimentodi Giuliano Scarpinato e Gioia Salvatori è un originale melò di provincia dal respiro cupo, un noir a base di menzogne, pericolose fughe dalla realtà e passioni incontentabili. Lo spettacolo è ispirato a una recente vicenda di cronaca italiana, il delitto Rosboch: «Una vicenda – spiega Giuliano Scarpinato - che mi ha impressionato, oltre che per l’intreccio, per la forza archetipica dei suoi personaggi. Mi sembrò subito, quando la prima volta ne lessi, che in quella provincia piemontese fatta di supermarket, tubi catodici e fughe nei social, si fosse incarnato bizzarramente, attraverso Gloria Rosboch e il suo giovane seduttore Gabriele Defilippi, il mito di Eco e Narciso». L'opera di Scarpinato è una profonda indagine sulla contemporaneità, costruita mediante la rappresentazione dolorosa e struggente di un insieme di individui – Gioia, insegnante di sostegno in un istituto magistrale, Alessio, studente diciassettenne che ha 12 profili su Facebook e Cosimo, il parrucchiere cinquantenne proprietario di un centro estetico – impegnati nell’ostinata ricerca di un’improbabile felicità e dell’utopistico riconoscimento di sé.
dal 12 al 17 marzo
LA RONDINE (LA CANZONE DI MARTA)
di Guillem Clua
traduzione Martina Vannucci
adattamento Pino Tierno
con Lucia Sardo, Luigi Tabita
musiche Massimiliano Pace
costumi Riccardo Cappello
luci Salvo Orlando
regia Francesco Randazzo
coproduzione Associazione Teatro Biondo Stabile di Palermo, Teatro Stabile di Catania
La rondine(La canzone di Marta) è ilprimo allestimento in lingua italiana del testo del drammaturgo catalano Guillem Clua, autore tra i più innovativi della scena internazionale. La pièce teatrale prende spunto dall’attentato avvenuto nel giugno del 2016 nel bar Pulse di Orlando, Florida, dove morirono 49 omosessuali. Marta è la maestra di canto e Matteo è un allievo che desidera migliorare la propria tecnica vocale. Durante la lezione, i due protagonisti svelano il loro passato riflettendo sulle loro identità e sulla fragilità dell’amore, al punto da unirsi in un solo canto alla vita. Oltre alla strage di Orlando, nel dramma risuonano anche le tragedie del Bataclàn di Parigi, del lungomare di Nizza, della Rambla di Barcellona. «Questa storia – spiega il regista Francesco Randazzo – ci dice quanto sia importante l’accettazione dell’altro nella sua verità, e che questa è l’essenza pura dell’amore. In questi tempi che vedono, accanto a progressi sempre più diffusi di riconoscimento di diritti civili finalmente raggiunti, rigurgiti di oscurantismo e violente negazioni, è molto importante mettere in scena storie come quella raccontata da Clua (…) e, attraverso le emozioni, trovare le ragioni per renderci migliori».
dal 19 al 24 marzo
IL NULLAFACENTE
diMichele Santeramo
con Vittorio Continelli, Silvia Pasello, Francesco Puleo, Michele Santeramo, Tazio Torrini
musiche Ares Tavolazzi
luci Valeria Foti, Stefano Franzoni
regia Roberto Bacci
produzione Fondazione Teatro della Toscana
Michele Santeramo, uno dei drammaturghi più interessanti dell’ultima generazione, intraprende un’originale riflessione sul senso di impotenza e di fragilità dell’individuo nei confronti delle difficili prove della vita. Santeramo è anche in scena, nei panni del protagonista: un uomo che reagisce alla grave malattia della moglie scegliendo, d’accordo con lei, di non reagire; scelta che appare paradossale, al di fuori dell’esistere secondo le esigenze del “mondo” così come lo pratichiamo. Purtroppo, intorno a loro due, c’è il mondo che si muove, con la sua morale, la sua etica, le sue regole. Intorno a loro il Fratello, il Medico, il Proprietario, sono a diverso titolo rappresentanti di quel mondo dal quale il Nullafacente vorrebbe star fuori, dal quale cerca di rimanere fuori, ma questa scelta diventa una forma di ribellione. Alla base di questa pièce c’è l’esigenza di «riflettere - scrive Santeramo - su cosa sia giusto fare per stare bene. Ma il Nullafacente, un giorno, ha voluto correggermi e mi ha detto: caro mio - siamo ormai in confidenza -, tu sbagli domanda; quella giusta sarebbe: cosa, ogni giorno NON devo fare, per stare bene?».
dal 26 al 31 marzo
RITRATTO DI DONNA ARABA CHE GUARDA IL MARE
di Davide Carnevali
con Alice Conti, Michele Di Giacomo, Giacomo Ferraù, Giulia Viana, Noemi Bresciani
scene e costumi Maria Paola Di Francesco
suono Gianluca Agostini
luci Marco D'Andrea
regia Claudio Autelli
coproduzione LAB121,Riccione Teatro con il sostegno di Next/laboratorio delle idee per la produzione e la distribuzione dello spettacolo dal vivo
in collaborazione con Teatro San Teodoro Cantù
Un turista europeo, in una città senza nome del Nordafrica, incontra una giovane donna al tramonto davanti al mare. Il confronto tra i due darà vita ad una riflessione sui valori di culture differenti, sulla condizione della donna e sul potere dell’uomo. La drammaturgia, fortemente allegorica, pone l’accento sulla difficoltà di comunicazione tra i protagonisti: nessuno, infatti, sembra in grado di spostarsi dalle proprie convinzioni ed accogliere diverse visioni del mondo. La narrazione si snoda tra dialoghi e didascalie e coinvolge lo spettatore attraverso un plastico in scala che, ripreso da una telecamera, offre a chi guarda l’illusione di entrare nella scena. L’ambiguità della storia tra l’uomo e la donna, tra lo straniero e il popolo, rimbomba nello spazio scenico fino al punto in cui la città diventa il quinto personaggio della pièce, che contiene tutti gli altri. Il testo di Davide Carnevali ha vinto il 52° Premio Riccione per il teatro.
dal 9 al 14 aprile
SETTIMO CIELO
di Caryl Churchill
traduzione Riccardo Duranti
con Marco Cavalcoli, Sylvia De Fanti, Tania Garribba, Aurora Peres, Alessandro Riceci, Marco Spiga
scene Giorgina Pi
costumi Gianluca Falaschi
musica e ambiente sonoro Collettivo Angelo Mai
luci Andrea Gallo
tecnico del suono Lorenzo Danesin
uno spettacolo di Bluemotion
regia Giorgina Pi
produzione Teatro di Roma, Angelo Mai/Bluemotion
Settimo Cieloè il capolavoro datato 1979 della scrittrice inglese CarylChurchill, unadellepiùimportantipennedelteatromondiale molto poco rappresentata in Italia; infatti, questo del collettivo artistico romano Bluemotion è il primo allestimento italiano dell’avanguardistico testo. Nella pièce si assiste ad una contrazione del tempo a causa della quale i protagonisti, una famiglia inglese, vivono prima in epoca vittoriana nell’Africa coloniale e poi nel 1979, agli albori del governo di Margaret Tatcher, nella Londra tra swing e punk della rivoluzione sessuale, il tutto in soli 25 anni! Vedremo i personaggi mentre cercano di costruire e definire la propria identità nel tentativo di superare i ruoli sociali che sono stati loro attribuiti, come l’immagine della famiglia eterosessuale o di un rapporto schiavo-colonizzatore. «Questo testo – scrive la regista – è costruito su una vertigine: sociale, artistica, intima, storica di cui resta oggi intatto lo slancio, la necessità di percorrere una battaglia anche camminando sul suo crinale. […] Settimo Cielo è un’opera di decolonizzazione che passa attraverso il teatro come strumento di rivolta».
dal 2 al 5 maggio
IL CONTRARIO DI UNO
da Erri De Luca
adattamento e regia Nicola Laieta
con i giovani del Laboratorio Territoriale delle Arti, i peer educator dell’Associazione Maestri di Strada ONLUS, Associazione Trerrote
produzione Associazione Maestri di Strada ONLUS, Associazione Trerrote
in collaborazione con Centro Giovanile Asterix
Prosegue la collaborazione con Maestri di Strada, per cui Nicola Laieta torna al Piccolo Bellini dirigendo i giovani allievi del Laboratorio Territoriale delle Arti ne Il contrario di uno. L’idea della drammaturgia nasce in seguito ad un’escursione sul Vesuvio in cui i giovani di Maestri di Strada si sono confrontati con Erri De Luca sulla bellezza che nasce dalle catastrofi. «Inizialmente – spiega Laieta – lo spunto è partito da Morso di luna nuova, il racconto della città durante il suo anno forse più catastrofico, il ’43, che ha prodotto uno dei suoi frutti più belli: la propria liberazione. […] La ricerca, poi si è allargata, alla poetica di Erri De Luca, facendo riferimento a più di un romanzo e/o racconto. La mia idea è quella prima di tutto di omaggiare un autore e poeta, ormai noto in tutta Europa. Tutto questo senza dimenticare il senso del mio lavoro teatrale con i giovani, ovvero crescere, creare insieme, accompagnarli a scoprire e integrare le infinite possibilità racchiuse nel processo creativo e nella loro adolescenza».
dal 7 al 12 maggio
TRAINSPOTTING
da Irvine Welsh
uno spettacolo di Sandro Mabellini
drammaturgia scenica e interpretazione Marco S. Bellocchio, Valentina Cardinali, Michele Di Giacomo, Riccardo Festa
elementi scenici e costumi Chiara Amaltea Ciarelli
coproduzione Viola Produzioni S.r.l., Accademia degli Artefatti 2018_20
Del romanzo di Irvine Welsh, diventato un cult generazionale grazie alla trasposizione cinematografica di Danny Boyle, esiste una riduzione teatrale firmata da Harry Gibson e un adattamentodell’autore di origine libanese Wajdi Mouawad: questo testo, oggi rivive nel lucido allestimento di Sandro Mabellini. Anche nella sua versione, i quattro protagonisti, sconfitti e rassegnati alla mancanza di senso dell’epoca contemporanea, si negano alla vita, reagendo al proprio malessere attraverso i furti, l’alcool e la droga. Trainspotting è dunque un viaggio allucinogeno, un trip adrenalinico e alienante nel nichilismo dilagante degli ultimi decenni. La messa in scena dell’atteggiamento decadente e amorale dei quattro personaggi diventa uno spunto di riflessione nell’analisi delle dinamiche sociali e individuali della nostra epoca.