L’Ape musicale

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AGNESE

di Ferdinando Paer

Tra i suoi ammiratori ci furono Chopin e Berlioz, ma è ancora un “oggetto” misterioso quello che il Teatro Regio propone in prima rappresentazione in epoca moderna: è Agnese di Ferdinando Paer, un dramma semiserio su libretto di Luigi Buonavoglia che debuttò a Parma nel 1809.

Per il testo, Buonavoglia si ispirò alla commedia Agnese di Fizt-Henry di Filippo Casari (che aveva debuttato a Genova nel 1802) e che era a sua volta tratta dal romanzo The Father and Daughter di Amelia Opie (1801). Nell’estate del 1809 Paer era a Parma (la città dove era nato nel 1771) in visita a sua madre, e il conte Fabio Scotti gli commissionò un’opera per inaugurare il teatro privato nella sua villa a Ponte Dattaro, fuori Parma. Paer aveva pensato di interpretare lui stesso il ruolo di Uberto in occasione della prima al teatro di Villa Scotti il 3 ottobre 1809, ma poiché venne richiamato a Parigi dove era direttore e compositore alla corte imperiale di Napoleone, dovette rinunciare: il debutto ottenne un grande successo. Nel 1814, alla presenza di Paer, Agnese fu rappresentata alla Scala ottenendo un trionfo, tanto che venne replicata per cinquanta sere. Iniziò poi a essere eseguita in tutto il mondo, da Londra (1817) a Parigi (1819), da Varsavia (1830, in sala c’era Chopin che ne rimase affascinato) a Mosca, da San Pietroburgo a Santiago del Cile e Città del Messico. Fu lo stesso Paer, direttore musicale del Théâtre Italien di Parigi, a curare il debutto francese dell’opera nel suo teatro il 24 luglio 1819, con un cast di grandi star come Joséphine Fodor-Mainvielle nel ruolo di Agnese (per lei il compositore scrisse la nuova aria «Da te solo, o ciel clemente»), Marco Bordogni (Ernesto) e Felice Pellegrini (Uberto). L’opera venne ancora riproposta nella stagione 1820-21 e nel settembre 1824: il ruolo di Agnese venne affidato a Giuditta Pasta (per lei Paer aggiunse il duetto «L’amato padre mio»).

Diego Fasolis, che la dirige al Regio, racconta: «Ho scoperto Agnese qualche anno fa grazie a Giuliano Castellani, un musicologo ticinese che ha lavorato su quest’opera e che ci ha fornito i materiali e le diverse versioni. È un’opera semiseria, uno stile che poi non si è più utilizzato molto: da una parte c’è grande emozione, grande commozione, e dall’altra grande divertimento, nel senso della vera opera italiana che frequenta tutti gli affetti. È una vetta in questo repertorio: è una partitura molto interessante, con un impegno del coro notevole, un’orchestrazione ricca, con un bel numero di personaggi, alcuni con arie molto difficili e virtuosistiche. È giusto che questo compositore torni in un cartellone importante».

ATTO I

Nel bosco, mentre infuria una tempesta, Agnese fugge da Ernesto, l’uomo infedele dalla cui unione è nata una figlia. Nel suo cammino, la donna incontra un uomo in catene: è Uberto, suo padre, impazzito per aver creduto morta la figlia (che in realtà era fuggita con l’amante Ernesto). L’uomo non la riconosce e viene catturato dagli inservienti del manicomio, che lo riportano in ospedale. Agnese, distrutta dal dolore, vuole chiedere aiuto a Don Pasquale, l’intendente del manicomio. Carlotta, figlia di Don Pasquale, e la sua domestica Vespina chiedono a Don Pasquale di ricevere Agnese. L’uomo condanna il comportamento avuto nel passato dalla donna, ma poi accetta di incontrarla. Agnese gli chiede di poter incontrare il padre. Nella sua cella Uberto, in preda alla follia, sta disegnando sepolcri sulla parete; entrano Agnese, Don Pasquale, il dottore Don Girolamo e il custode: Uberto canta una canzoncina che spesso udiva dalla figlia e, quando anche Agnese inizia a intonarla, sembra che l’uomo abbia recuperato la ragione. Ma senza motivo Uberto aggredisce Don Pasquale, allontanando così le speranze di guarigione.

ATTO II

Don Girolamo ha escogitato un piano per far rinsavire Uberto. Viene fatto ricostruire intorno a lui l’ambiente di casa; Vespina gli serve il caffè, dicendogli che è stato preparato da Agnese e facendogli intendere che sua figlia non sia mai partita. L’uomo è confuso: sta sognando o è tutto vero? Agnese intanto prega Dio perché faccia guarire il padre. Ernesto, pentito, la raggiunge e le chiede perdono. Uberto aggredisce nuovamente Don Pasquale, ma rinsavisce quando sente Agnese cantare, accompagnandosi all’arpa, la sua canzone: riconosce sua figlia e perdona Ernesto, il quale giura amore eterno ad Agnese. Tutti festeggiano.


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