L’Ape musicale

rivista di musica, arti, cultura

 

Divertirsi a Siviglia

 di Andrea R. G. Pedrotti

Juan Diego Florez torna a interpretare il Conte d'Almaviva a Vienna per una ripresa dell'opera rossiniana all'insegna del divertimento. Diretti dall'ottimo Evelino Pidò, completano il cast la Rosina di Margarita Gritskova, l'applauditissimo Bartolo di Paolo Rumetz, il Figaro un po' opaco di Rafael Fingerlos e l'efficace Basilio di Sorin Coliban.

VIENNA, 21 maggio 2019 - Torna, come quasi ogni anno, alla Wiener Staatsoper Il barbiere di Siviglia, nel collaudato allestimento del 1966, in un'atmosfera di lieta allegria e divertimento.

La storica produzione di Günther Rennert presenta una via di Siviglia e, di fronte a essa, la dimora di Bartolo, costruita come una casa di bambole. La via può essere ambiente sia esterno sia interno, secondo le esigenze e il variare degli altri ambienti posti ai piani superiori. Riguardo i movimenti, non è dato sapere quanto sia rimasto effettivamente dell'originale del 1966, tuttavia ci si discosta assai poco dalla tradizione, con qualche trovata simpatica come l'idea di far letteralmente saccheggiare la casa di Bartolo di ori e suppellettili preziose da parte della guarnigione che, in teoria, avrebbe dovuto fare irruzione per riportare alla calma gli schiamazzi che giungevano fin per strada.

Dopo diversi anni Juan Diego Flórez torna in questa stagione viennese a interpretare il Conte d'Almaviva. Musicalmente il tenore peruviano si amministra con grande impegno e intelligenza artistica, conscio di non possedere più lo squillo e la tenuta di fiato che ha caratterizzato i suoi anni d'oro. Il registro centrale e l'elasticità della corda, tuttavia, restano assai simili a quelli che abbiamo imparato a conoscere nei suoi primi anni di carriera. Flórez, per questo, affronta la parte con gran mestiere e sfruttando interamente lo spazio concesso dal compositore alle cadenze, in modo da non dover forzare troppo il canto. Questo atteggiamento gli consente di mantenere freschezza sino al Rondò finale (eseguito senza coro, perché non previsto dallo spettacolo originario), reso con precisione nella coloratura e fraseggio curato. Scenicamente inanella una gag dietro l'altra apparendo fin ridondante quando si accorge che lo scherzo cagiona ilarità, come nella serenata (con variazioni alla chitarra interminabili) o nella scena di Don Alonso, quando gioca di continuo a femminilizzarsi tramite la lunga parrucca bionda. Tutto questo funziona e funziona bene in una serata in cui il solo fine era quello di divertirsi e far divertire il pubblico.

Paolo Rumetz è, come sempre, assai apprezzato dal pubblico locale nei panni di Bartolo, tanto da eguagliare Flórez negli applausi finali. La voce è scura e il sillabato sicuro, l'interpretazione e la recitazione molto curate. Ciò che è palese - e provato dal fatto che il cantante italiano si era ritrovato a dover cantare il III atto di Rigoletto pochi giorni fa per una sostituzione dell'ultimo minuto - è una vocalità smaccatamente baritonale in un ruolo che risulterebbe piuttosto grave per la tessitura naturale di Rumetz, il quale riesce a ben figurare in una parte non esattamente congeniale ai mezzi di un baritono lirico grazie alla saggia gestione dello strumento, garantendosi, così, l'ampio e meritato consenso di cui abbiamo detto.

Margarita Gritskova appare aver risolto molte delle asperità d'emissione che caratterizzavano il suo conto fino a non molto tempo fa. Talvolta tende ancora ad aspirare le agilità e a una scarsa omogeneità nei registri, ma i progressi sono indubbi. Interpretativamente è una Rosina attenta più a esprimere gli stati d'animo complessivi, piuttosto che all'accentazione della parola. In generale risulta brillante e civettuola come si confà al personaggio, tuttavia con una recitazione che parrebbe una via di mezzo fra gli atteggiamenti di Francesca Bertini e le pellicole del defunto Aristide Massaccesi.

Sorin Coliban è un Basilio attento e efficace nel registro centro-grave, ma meno sicuro nella salita in acuto. In ogni caso la buona resa scenica compensa alcune pecche nella stabilità del suono, spesso poco centrato.

Note dolenti dal Figaro di Rafael Fingerlos, al quale va riconosciuto grande impegno nella recitazione e nell'attenzione alla dizione italiana. Purtroppo le difficoltà giungono palesi nella gestione dei fiati e in un peso vocale insufficiente per la parte. Nella cavatina è sovente costretto a forzare l'emissione, perdendo in più d'un'occasione (anche platealmente) l'appoggio.

Completavano il cast Igor Onishchenko (Fiorello), Dominik Rieger (Ambrogio), Lydia Rathkolb (Berta), Alejandro Pizarro-Enriquez (un ufficiale).

Ottimo, come sempre quando si parla di bel canto, Evelino Pidò dal podio. Lo stile rossiniano conferito all'orchestra è ottimale e la cura tecnica non dà spazio a critiche eventuali. Viene sempre da pensare quali possano essere i motivi per i quali uno specialista di tale livello non sia ospite abituale dei Festival dedicati al Bel canto, ma continui a esercitare la sua arte solo nei diversi teatri del mondo, all'interno di stagioni generali. Magnifica, in particolar modo, l'esecuzione del crescendo, nell'ouverture e in ogni passaggio nel quale la partitura rossiniana lo richiedesse.

Molto bene, al pari del concertatore, l'orchestra della Wiener Staastoper e il coro diretto, nell'occasione da Martin Schebesta.

La serata si conclude in festa e con grandi applausi, specialmente per Flórez, Rumetz e Pidò.


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