L’Ape musicale

rivista di musica, arti, cultura

 

Spiccare il volo fra le avversità

di Luigi Raso

Benché la situazione imponga sacrifici e tagli anche alla partitura (fra cui la pesante rinuncia al coro), La rondine spicca il volo al Teatro di San Carlo grazie alla concertazione di Juraj Valčuha e alle prove di Ailyn Pérez, Ruth Iniesta, Marco Ciaponi, Gezim Myshketa e un buon parterre di comprimari. Più in ombra il Ruggero di Michael Fabiano.

NAPOLI, 16 ottobre 2020 - Le avversità a spiccare il volo risiedono probabilmente nel corredo genetico di La rondine: dopo la genesi tormentata, questa commedia lirica ha dovuto attendere - a causa dell’infuriare della Grande Guerra - il 1917 per andare in scena al Grand Théâtre de Monte Carlo, a un anno dal termine della composizione. Inspiegabilmente fortuna e popolarità non hanno immediatamente arriso a un lavoro che pur rappresenta un unicum di originalità e squisitezza nella fattura della produzione del compositore lucchese.

Anche questa ripresa, inizialmente programmata per lo scorso mese di luglio e in forma scenica, viene posticipata a oggi e proposta in forma di concerto, a causa della pandemia. A mancare, però, non è solo l’elemento scenico, bensì anche quello corale, i cui interventi sono stati tutti sacrificati per scongiurare assembramenti in scena. Dal punto di vista musicale, una scelta esecrabile; giustificabile soltanto in nome della sacrosanta tutela della salute delle maestranze del teatro. Ovviamente a farne le spese non è tanto la già elementare drammaturgia dell’opera, ma il colore, la spensierata atmosfera di festa dell’Atto II. Si parva licet componere magnis, è come prosciugare da cori e marcetta l’affollatissimo Quadro II de La bohème: semplicemente inimmaginabile. Andando avanti, nell’Atto III, ci si sorprende per un altro taglio (per il quale non sono invocabili le norme antiassembramento!): a esserne colpita è la turbinosa quanto necessaria prima parte del duetto tra Lisette e Prunier ("Avanti, vile! Vieni! Fa’ presto!"), in mancanza del quale non si comprende la ragione del ritorno di Lisette da Magda.

Al netto di queste “sottrazioni” musicali, risulta un’esecuzione pregevolissima della raffinata partitura pucciniana: merito, in primo luogo, della direzione, come sempre attenta e ispirata, di Juraj Valčuha. Coadiuvato dall’Orchestra del San Carlo in una delle sue abituali serate di grazia, Valčuha concerta La rondine con sicurezza e fantasia: dall’orchestra, equilibrata in tutte le sezioni, cava suoni amalgamati, dai colori cangianti, evanescenti; sempre attento alle esigenze del canto, il suo gesto misurato comunica la sensazione di accarezzare orchestra e cantanti. Una lettura, quella di La rondine, che appare come cosparsa da una sottile patina sonora di rassicurante nostalgia: il rimpianto che Magda ha della propria gioventù risulta continuamente suggerito e addolcito dalla raffinata ed eterea orchestra di Valčuha. Il ricorso al rubato contribuisce ad acuire quell’evocazione melanconica del valzer che aleggia nella partitura: l’osmosi tra l’arte di Puccini e quella della civiltà musicale europea a lui contemporanea ne esce ancor più evidente.

Di pregio anche la compagnia di canto, che ha nella Magda di Ailyn Pérez la propria punta di diamante. Timbro vocale e figura seducenti e perfetta tecnica di canto consentono alla Pérez di smorzare e rinforzare perfettamente acuti sempre in avanti e ben proiettati. Ha quindi gioco facile nel delineare una Magda cantata benissimo e interpretata con nobile partecipazione, immersa nel ricordo del tempo passato, ma ferita, carnale e votata al sacrificio, come tutte le donne di Puccini, nel finale.

Ci si aspettava di più dal Ruggero di Michael Fabiano: pur dotato di bel timbro alquanto brunito, la linea di canto denota acuti sforzati, qualche nota eccessivamente aperta. Appare un po’ incolore nell’interpretazione, troppo attento a non distogliere lo sguardo dallo spartito, probabilmente non ancora metabolizzato a sufficienza. Nel finale Fabiano trova accenti veementi e uno slancio interpretativo più aderente allo sviluppo del dramma. Pur avendo subito un taglio alla sua parte, Ruth Iniesta è una Lisette ben cantata, simpatica e peperina come il personaggio impone. Marco Ciaponi è un Prunier dalla voce fresca, ben emessa e timbrata, elegante nella linea di canto, molto appropriato nel disegnare un poeta dagli insopportabili atteggiamenti snobistici. Baritono dall’emissione ben calibrata e morbida e in possesso di mezzi vocali corposi, Gezim Myshketa è un Rambaldo signorile, dall’atteggiamento altero e distaccato. Ben cantate e adeguatamente inserite nella funzionalità generale dell’opera le parti secondarie, a cominciare dal Périchaud di Paolo Orecchia, per poi proseguire con il Gobin di Orlando Polidoro e il Crebillon di Laurence Meikle; perfette nelle parti delle “comari” di Madga è il terzetto delle amiche Yvette, Bianca e Suzy, interpretate, rispettivamente, da Miriam Artiaco, Sara Rossini e Tonia Langella.

Al termine, prolungati applausi per tutti, con punte di maggior entusiasmo e calore per Ailyn Pérez, al suo debutto sancarliano, e per il sempre apprezzato Juraj Valčuha. Da Madga a Violetta il passo a ritroso è breve: la riorganizzata stagione del San Carlo prevede, il 24 e il 25 ottobre, La traviata, anch’essa proposta in forma di concerto.


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