L’Ape musicale

rivista di musica, arti, cultura

 

Noi e Vivaldi

  di Roberta Pedrotti

 

In occasione della pubblicazione di un nuovo CD dedicato ai concerti vivaldiani con l'Accademia Bizantina (leggi la recensione) e dei suoi prossimi impegni operistici in diversi teatri italiani, abbiamo rivolto a Ottavio Dantone qualche domanda sull'interpretazione e la ricezione del repertorio barocco ai giorni nostri.

Maestro Dantone, tutti conosciamo la celeberrima boutade di Stravinskij su Vivaldi che avrebbe scritto centinaia di volte lo stesso concerto. Un'uscita a effetto nel pieno stile del compositore russo, naturalmente. Lei come risponderebbe? Come contestualizzerebbe una tale affermazione in rapporto all'opera vivaldiana da un lato, alla personalità e al particolare interesse “neoclassico” di Stravinskij dall'altro?

All’epoca di Stravinskij le conoscenze sulla musica barocca, la prassi esecutiva e i codici retorici che ne favoriscono la lettura e la comprensione non permettevano di valutarne appieno la portata  comunicativa. La musica antica veniva letta così com’è senza tenere conto di ciò che non è scritto o nascosto, ovvero l’ottanta per cento del risultato musicale e semantico. Nel Settecento anche una apparentemente banale  linea melodica, un intervallo, un’armonia, la stessa struttura, potevano avere un significato tale da determinare gesti musicali e un'esecuzione di forte impatto emotivo.   

Dal punto di vista degli esecutori, nell'interpretazione di questi concerti gi schemi e gli stilemi utilizzati da Vivaldi fino a che punto costituiscono un utile punto di riferimento o, viceversa, una possibile trappola? Quali sono gli elementi che ritiene giusto mettere più in rilievo?

L’esecutore di musica antica deve tenere conto di tutti gli aspetti di cui accennavo poc’anzi. Gli schemi e gli stilemi utilizzati da Vivaldi fanno parte di un disegno prospettico che richiede oggi un’attenta analisi per cercare di compenetrarne il linguaggio, così lontano da noi, prima di poterlo trasmettere in maniera efficace all’ascoltatore.  Una volta comprese le mille sfaccettature e influenze culturali autoctone o addirittura esotiche che caratterizzavano la Venezia di quegli anni, questi concerti appaiono ancora di più come deliziose miniature che ci trasportano magicamente in quell’epoca raccontandoci storie meravigliose.

La riflessione sul rapporto tra arte e mercato fa parte della modernità: distinzione fra musica d'arte e di consumo da un lato, dall'altro esperienze come quelle figurative della PopArt. Queste nostre categorie sono riferibili anche all'epoca di Vivaldi o vengono messe in crisi in una prospettiva storica?

Assolutamente no. Non dimentichiamo che la musica a Venezia al tempo di Vivaldi era un notevole business. Il turismo musicale era assai fiorente e i viaggiatori pagavano per avere manoscritti di nuove musiche, oppure per recarsi ad ascoltare i concerti delle virtuose degli Ospedali veneziani. Le arti figurative facevano pure parte di una complessa « sinestesia » volta a produrre piacere e meraviglia.

Passando al repertorio teatrale e ai suoi prossimi impegni, nella stagione 2018-19 porterà due importanti titoli di Haendel in circuiti di teatri di tradizione in cui l'opera barocca non si vede di frequente: Rinaldo in Lombardia e Serse in Emilia Romagna, entrambi con cast di rilievo. Ci può dire qualcosa di queste nuove produzioni? Pensa che sia giunto finalmente il momento per l'opera barocca di entrare nei repertori stabili dei teatri senza esser considerata un evento eccezionale solo per una ristretta cerchia d'appassionati? 

A dire la verità è rimasta solo l’Italia a considerare l’Opera barocca come un evento eccezionale. I teatri, anche importanti, di tutta Europa programmano regolarmente questo repertorio a fianco di quello tradizionale. La cosa più curiosa è che tutte le volte che in passato abbiamo presentato in Italia Opere del sei o settecento, il pubblico ha risposto con entusiasmo, quasi a volersi riappropriare di un tesoro musicale che affonda le sue radici proprio nel nostro paese. Credo in ogni caso che anche in Italia si stia cominciando a capire l’importanza di questo repertorio anche da un punto di vista di comunicazione e consumo.

Me lo auguro davvero, soprattutto in questo momento si sente discutere sulle scelte del repertorio delle Fondazioni Liriche e sull'opportunità di ritornare a programmazioni concentrate su titoli nazional popolari per aumentare presenze e incassi, formula che non mi vede assolutamente concorde. 
Per concludere, ci vuole dare qualche anticipazione sui suoi prossimi progetti fra concerti, opere e incisioni discografiche?

Oltre ai già citati Rinaldo e Serse, avremo tournée in Europa,America e Cina, dove presenteremo programmi, sia vocali che strumentali, relativi alle nostre ultime incisioni di musica Sacra e profana, i Concerti per Archi e per Viola d’amore di Vivaldi, i Concerti Grossi opera 3 di Handel e le Sinfonie di Haydn. Sul fronte dell’Opera sono previsti tour e esecuzioni in scena o in forma di concerto del Giustino di Vivaldi, che abbiamo appena registrato per Naïve e poi del Bajazet che incideremo l’anno prossimo. Abbiamo anche una tournée con il Marc’Antonio e Cleopatra di Hasse, con tappe ad Amburgo, Colonia e Barcellona. Il nostro fitto calendario discografico prevede anche altri concerti per più strumenti, sempre di Vivaldi, oltre a opere di Figli di Bach, Concerti grossi di Handel e Torelli, un disco di musica del 600 e molto altro ancora.


Grazie e in bocca al lupo per tutti i suoi impegni!


 

 

 
 
 

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