Miseria e nobiltà
Marco Tutino
(prima esecuzione assoluta – Commissione Teatro Carlo Felice)
Febbraio 2018 - 23 (20.30 A), 25 (15.30 C), 27 (15.30 G)
Marzo 2018 - 1 (20.30 B)
Direttore d’Orchestra Francesco Cilluffo
Regia Rosetta Cucchi
Scene Tiziano Santi
Costumi Gianluca Falaschi
Personaggi e interpreti principali
Bettina Valentina Mastrangelo
Peppiniello Francesca Sartorato
Gemma Laura Verrecchia
Eugenio Alessandro Scotto Di Luzio
Contadino/Cameriere Nicola Pamio
Felice Sciosciammocca Alessandro Luongo
Don Gaetano Alfonso Antoniozzi
Ottavio Andrea Concetti
Nuovo Allestimento in coproduzione
Fondazione Teatro Carlo Felice – Teatro Verdi di Salerno
Sì, ho fame, lo ammetto,
ho fame come un lupo,
e l’idea di una cena non mi spiace,
fosse anche solo per un po’ di pane.
Ma più di questa fame,
più forte del bisogno c’è il rispetto:
Chi rispetta sé stesso,
chi crede in un’idea, non è più lupo.
Felice, Atto I
L’opera comica è un genere poco frequentato dai compositori contemporanei. La sfida di Marco Tutino, con Miseria e nobiltà, opera in prima esecuzione assoluta commissionata dal Teatro Carlo Felice, è riallacciarsi a questa tradizione, tutta italiana, adeguandola ai tempi. La scelta del soggetto è caduta su un classico della comicità napoletana (Napoli, dove l’opera buffa è nata), la commedia di Eduardo Scarpetta Miseria e nobiltà(1887), portata al cinema, con grande successo, da Mario Mattioli nel 1954, protagonisti Totò e Sophia Loren. Chi ama la commedia originale e la pellicola ne ritroverà gli equivoci e il clima da farsa, ma anche qualcosa di diverso: meno personaggi-maschere, più psicologia e un contesto politico e culturale più definito (l’azione è stata spostata nel 1946, nei giorni del referendum tra monarchia e repubblica). Perché, come osserva giustamente Tutino, anche il nostro gusto comico è cambiato: «Il nostro sguardo è ormai irrimediabilmente influenzato e corrotto dalla varietà dei generi di spettacolo leggero che da più di cento anni hanno cambiato profondamente le nostre esigenze e aspettative: chi ha conosciuto Falstaff, l’operetta, il musical, Nino Rota, Totò, Mel Brooks, e così via fino a Maurizio Crozza, nonsi accontenterà più dei meccanismi teatrali e del linguaggio di Rossini e Donizetti, seppure sublimi e unici. La comicità e la leggerezza oggi saranno inevitabilmente sempre venate di turbamenti e ombre, e disposte a negare se stesse in ogni momento.»