L’Ape musicale

rivista di musica, arti, cultura

 

Alfano e Berio per Puccini

Al Teatro Verdi di Montecatini Terme, il 9 dicembre prossimo alle ore 21, verrà eseguita una ampia selezione dell'opera Turandot di Giacomo Puccini in forma di concerto con l'esecuzione, dopo la scena della morte di Liù (ultima parte dell'opera completata dal compositore toscano prima della scomparsa), del Finale Berio e del Finale Alfano originale.

Direttore artistico dell’evento organizzato dal Comune di Montecatini Terme in collaborazione con la Fondazione Festival Pucciniano è il critico Fabrizio Moschini, caporedattore della rivista OperaClick. Nelll'aria del primo atto (“Non piangere Liù”) il ruolo di Calaf è sostenuto dal tenore Paolo Lardizzone. L'aria di Turandot “In questa reggia” sarà eseguita dal soprano Valentina Boi. Nella successiva scena degli enigmi, fino alla fine del secondo atto Turandot è il soprano Rebeka Lokar e Calaf il tenore Renzo Zulian. L'aria “Nessun dorma” è eseguita da Paolo Lardizzone. Nella scena della morte di Liù e nel "Finale Berio" immediatamente successivo Turandot è Rebeka Lokar e Calaf è Renzo Zulian. Nel "Finale Alfano" Turandot è Valentina Boi e Calaf è Paolo Lardizzone. La parte di Liù è sostenuta dal soprano Elisa Balbo, quella di Timur dal basso Paolo Pecchioli. Il baritono Nicolò Ayroldi sostiene i ruoli di Ping e del Mandarino. Il tenore Francesco Marchetti sostiene i ruoli di Pong e dell'Imperatore Altoum.

Il maestro Pietro Mazzetti dirige l'Orchestra del Festival Puccini. Il maestro Roberto Ardigò dirige il Coro del Festival Puccini.

Note di sala

I FINALI DI TURANDOT

di Fabrizio Moschini

Perché una selezione, seppure ampia, di Turandot con un finale doppio, se non addirittura triplo? La proposta musicale di questo concerto dedicato al capolavoro estremo di Puccini può sconcertare o intrigare. In realtà l'intento è unicamente quello di celebrare il centenario della scomparsa di Puccini approfondendo il prezioso lascito del compositore toscano, l'incompiuta Turandot, confrontando direttamente il primo completamento della partitura per mano di Franco Alfano con l'unico, tra altri finali composti in epoca successiva, a riuscire ad entrare in repertorio, quello a firma di Luciano Berio.

Entrambi i compositori si basarono sui trentasei fogli di appunti, contenenti trenta frammenti della musica che avrebbe dovuto seguire la morte di Liù. Appunti che Puccini portò con sé a Bruxelles in occasione del ricovero all’Institut du Radium per un vano tentativo di cura del tumore alla gola che lo affliggeva e che lo avrebbe condotto alla morte il 29 novembre 1924.

Franco Alfano, di 17 anni più giovane di Puccini, compose su incarico di Casa Ricordi un finale maestoso, caratterizzato da una ricchezza orchestrale e corale che accompagna lo scontro finale tra i personaggi di Turandot e Calaf in un crescendo che porta verso il bacio e il cedere all'amore da parte della protagonista. Le ultime battute riprendono su toni trionfanti il tema di “Nessun dorma”, con i solisti e le masse corali e orchestrali che si spingono fino a un parossistico fortissimo.

Il 25 aprile 1926, nella prima esecuzione assoluta di Turandot al Teatro alla Scala, il maestro Toscanini terminò la recita con la morte di Liù e solo nelle repliche fu eseguito il finale di Alfano. Immediatamente dopo, le critiche dello stesso Toscanini rivolte ad Alfano per la prolissità del suo finale portarono il musicista a rivedere e tagliare molte battute della propria composizione, dando così vita alla conclusione dell'opera che, più o meno integralmente, si è eseguita da allora nella maggioranza delle esecuzioni, diventando un tutt'uno con la musica interamente composta da Puccini nell'immaginario dei frequentatori dei teatri.

Luciano Berio nel 2001 sorprese il mondo musicale con la proposta di un nuovo finale, il cui stile sinfonico, marcatamente diverso da quello di Puccini, si nota in particolare nell'orchestrazione di gusto moderno e nella scelta di terminare l'azione in uno sfumato uscire di scena dei due protagonisti, “uno struggente spegnersi della musica su Turandot e Calaf lasciati soli in scena, diventati semplici esseri umani in preda ai loro sentimenti” come scrissi nella recensione di una recita a Torre del Lago del 2021. Nell'occasione citai le illuminanti parole di Berio, il quale parlò del suo finale come di “una conclusione più sospesa e reticente, come si addice ad una visione orientale delle cose”.

Il finale di Berio non può liquidarsi semplicemente come “meno pucciniano”, poiché risolve in modo originale il nodo drammaturgico di un “lieto fine” nato sul sangue dei tanti principi fatti decapitare da Turandot e di quello innocente della schiava Liù. Anche con Berio, ovviamente, i due protagonisti finiscono per amarsi, così come prescritto dal libretto, ma uniscono le loro vite in un'atmosfera di sospesa inquietudine, come incerti sul destino che li attende e forse angosciati dalle vicende che hanno preceduto il loro innamoramento.

Nella serata che proponiamo, quindi, accanto alle pagine più note dell'opera (tra le quali l'aria di Liù “Signore ascolta” seguita dal maestoso Finale del primo atto,  l'aria “In questa reggia" di Turandot, la scena degli enigmi tra la protagonista e il tenore e ovviamente la popolare “Nessun dorma”), sarà eseguita la scena della morte di Liù e del lamento di Timur  del coro sul corpo della schiava, ultimo brano interamente composto da Puccini. Quello che viene impropriamente chiamato il “Finale Puccini”, che caratterizzò la prima assoluta dell'opera e ancora oggi viene talvolta proposto in alcune produzioni, sarà seguito dal Finale di Luciano Berio e poi dal Finale originale e integrale di Franco Alfano.

Si tratta, a memoria, della prima esecuzione mondiale di più finali di Turandot in una stessa serata e darà modo di ascoltare le molte somiglianze delle linee vocali dei due completamenti. Segno, questo, di una certa chiarezza delle pagine di appunti di Puccini sulle melodie da far eseguire a soprano e tenore, sviluppate poi da Alfano e Berio in modo diametralmente opposto negli stili e nelle orchestrazioni.

L'esecuzione di due finali ha comportato la necessità di disporre di due coppie di interpreti dei ruoli di Turandot e di Calaf, che si divideranno così le altre pagine dell'opera, in un inedito “raddoppiamento” che potrà apparire sconcertante o intrigante, proprio come un'opera eseguita con due (o tre) finali.


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